Roma avrà l'acquario più grande d'Europa
Roma - Chi lo avrebbe detto che il laghetto dell’Eur avrebbe ospitato negli abissi del Mediterraneo. Eppure è quello che avverrà fra pochi mesi. L’acquario di Roma è ancora un cantiere, sarà pronto, si spera, per l’estate del 2012, magari già da giugno. Cinquemila pesci, 30 vasche, cinema, ristoranti, negozi. I lavori procedono, l’ambiente che ospiterà l’enorme vasca oceanica aspetta solo i pesci. Il tunnel più lungo d’Europa sopra al quale passeranno razze e squali del Mediterraneo è pronto per essere montato. C’è anche il pavimento galleggiante e la scala a chiocciola.
L’acquario che Roma aspetta da dieci anni, (e da sempre) è una vasta area (14 mila metri quadri) sotto al laghetto, le cui acque sono state spostate provvisoriamente con una diga per consentire i lavori. Scendendo nella grande cava al confluire della via Cristoforo Colombo con viale America serve un po’ di fantasia per immaginarsi il più grande acquario d’Europa. L’ingresso è pronto, una scala a chiocciola che parte dal giardino giapponese che fu («e che tornerà meglio di prima» assicura l’architetto Luigi Mini, responsabile del cantiere) e porta direttamente nei fondali del Mediterraneo.
Sotto il lago sorgerà un centro diviso in due grandi parti: la zona dei pesci vivi, gestita dagli inglesi della Sea Life e quella destinata alla ricerca scientifica, in mano agli italiani della Mare Nostrum: pesci robot, schermi con filmati in 3D, simulazioni con (veri) sub che recuperano reperti archeologici nei fondali. Tutti i pesci proverranno da altri acquari.
Un progetto faraonico, quasi il doppio in quanto a superficie di quello di Genova, costato 80 milioni, tutti provenienti da privati. «Non sarà una prigione di pesci -, spiega Domenico Ricciardi, presidente del consorzio Mare Nostrum – ma un’expo permanente, per divulgare la ricerca con effetti spettacolari».
In ogni caso, l’aspettativa è grande, già ventimila bimbi delle scuole romane hanno realizzato un disegno dedicato al progetto. Faranno parte del milione e mezzo di visitatori atteso ogni anno: «Roma può raddoppiare il numero di turisti», dice senza prudenza Ricciardi, «i tour operator ci dicono che è questa l’opera decisiva per il turismo». Per il momento è stato inaugurato il parcheggio delle auto, gestito dagli spagnoli dell’Apcoa. Ora andranno parcheggiati anche gli squali.
I pesci robot saranno la grande attrattiva dell’acquario di Roma, ingegneri e biologi sono al lavoro da quattro anni. Grazie a queste sofisticatissime macchine per la prima volta si potranno ammirare i pesci che vivono negli abissi. E non si tema per l’aspetto: a far sembrare i marchingegni dei veri animali ci hanno pensato gli allievi di Carlo Ramboldi, il creatore di Et. Se i robot interagiranno con i pesci ancora non si sa. In una prima fase forse no. C’è una fase d’adattamento da rispettare: «Anche l’acquario di casa non si crea in due ore, figuriamoci questi», spiega l’architetto Luigi Mini, responsabile del cantiere.
I pesci robot, realizzati dal Campus Bio Medico di Roma, sono dotati anche una di una vescica natatoria artificiale per controllare e modificare la galleggiabilità e sono in grado di spostare il baricentro e immergersi più in profondità per riavvicinarsi alla superficie. Questo tipo di macchine sono decisive per il controllo del livello di inquinamento dei fondali. Un’operazione già messa in pratica con successo a Londra, nel Tamigi.
L’acquario che Roma aspetta da dieci anni, (e da sempre) è una vasta area (14 mila metri quadri) sotto al laghetto, le cui acque sono state spostate provvisoriamente con una diga per consentire i lavori. Scendendo nella grande cava al confluire della via Cristoforo Colombo con viale America serve un po’ di fantasia per immaginarsi il più grande acquario d’Europa. L’ingresso è pronto, una scala a chiocciola che parte dal giardino giapponese che fu («e che tornerà meglio di prima» assicura l’architetto Luigi Mini, responsabile del cantiere) e porta direttamente nei fondali del Mediterraneo.
Sotto il lago sorgerà un centro diviso in due grandi parti: la zona dei pesci vivi, gestita dagli inglesi della Sea Life e quella destinata alla ricerca scientifica, in mano agli italiani della Mare Nostrum: pesci robot, schermi con filmati in 3D, simulazioni con (veri) sub che recuperano reperti archeologici nei fondali. Tutti i pesci proverranno da altri acquari.
Un progetto faraonico, quasi il doppio in quanto a superficie di quello di Genova, costato 80 milioni, tutti provenienti da privati. «Non sarà una prigione di pesci -, spiega Domenico Ricciardi, presidente del consorzio Mare Nostrum – ma un’expo permanente, per divulgare la ricerca con effetti spettacolari».
In ogni caso, l’aspettativa è grande, già ventimila bimbi delle scuole romane hanno realizzato un disegno dedicato al progetto. Faranno parte del milione e mezzo di visitatori atteso ogni anno: «Roma può raddoppiare il numero di turisti», dice senza prudenza Ricciardi, «i tour operator ci dicono che è questa l’opera decisiva per il turismo». Per il momento è stato inaugurato il parcheggio delle auto, gestito dagli spagnoli dell’Apcoa. Ora andranno parcheggiati anche gli squali.
I pesci robot saranno la grande attrattiva dell’acquario di Roma, ingegneri e biologi sono al lavoro da quattro anni. Grazie a queste sofisticatissime macchine per la prima volta si potranno ammirare i pesci che vivono negli abissi. E non si tema per l’aspetto: a far sembrare i marchingegni dei veri animali ci hanno pensato gli allievi di Carlo Ramboldi, il creatore di Et. Se i robot interagiranno con i pesci ancora non si sa. In una prima fase forse no. C’è una fase d’adattamento da rispettare: «Anche l’acquario di casa non si crea in due ore, figuriamoci questi», spiega l’architetto Luigi Mini, responsabile del cantiere.
I pesci robot, realizzati dal Campus Bio Medico di Roma, sono dotati anche una di una vescica natatoria artificiale per controllare e modificare la galleggiabilità e sono in grado di spostare il baricentro e immergersi più in profondità per riavvicinarsi alla superficie. Questo tipo di macchine sono decisive per il controllo del livello di inquinamento dei fondali. Un’operazione già messa in pratica con successo a Londra, nel Tamigi.