Uomo vende suo figlio di 6 anni su FB
Arabia Saudita - Un uomo saudita, Saud Bin Naser al-Shihri, ha messo in vendita suo figlio di sei anni su 'Facebook'. Secondo quanto scrive il quotidiano saudita 'al-Sharq', l'uomo ha scritto sul suo profilo presente nel social network di «aver deciso di vendere mio figlio per dare una vita dignitosa a sua madre e alle sue sorelle in cambio di questa vita di povertà e desolazione nella quale viviamo attualmente». Sostiene di essere finito in uno stato di indigenza a causa di un decreto del tribunale che lo ha costretto a chiudere l'azienda di servizi per gli avvocati nella quale lavorava da tempo e per questo si è ritrovato disoccupato con la necessità di chiedere il cibo agli amici per vivere. «Mi sono anche recato al collocamento per chiedere un aiuto per trovare un altro lavoro, alla luce del recente decreto del re Abdullah – ha scritto – ma mi hanno detto che ho superato l'età stabilita dalla legge e che potevano aiutare solo chi aveva meno di 35 anni». Il giornale saudita sottolinea il paradosso per cui casi di povertà come questo si possano trovare anche in un paese esportatore di petrolio come quello saudita che è il più ricco del mondo. «Secondo il Consiglio consultivo del re – si legge – il 22% degli abitanti del regno hanno raggiunto il livello di povertà nonostante da tre anni il governo sostenga che ci sia una strategia globale per la lotta alla povertà nel paese».
Secondo il ministero degli Affari sociali, sono tre milioni le persone in Arabia Saudita che hanno raggiunto il livello di povertà, 600 mila delle quali ricevono un sussidio dai servizi sociali. Per portare alla luce questa situazione un giornalista saudita, Turad al-Asmari, ha realizzato di recente un documentario dal titolo: «il mio stipendio è mille Riyal» che offre un quadro chiaro del fenomeno della povertà in Arabia Saudita. Il documentario parte da una storia vera di un giovane che si chiama Ahmed e che lavora come agente della sicurezza privata in un centro commerciale a Geddah e guadagna 1200 Riyal al mese (320 dollari). Con quei soldi deve aiutare la sua famiglia che è composta da 7 persone e per questo lavora 12 ore al giorno. Nel reportage si criticano le condizioni di vita dei giovani sauditi e si denuncia il fatto che un impiegato pubblico non guadagni più di 1500 Riyal al mese, in un paese dove entrano ogni anno 1500 miliardi di Riyal. Su questo tema è intervenuta di recente anche la principessa Basma Bint Saud Bin Abdelaziz Al Saud, che ha duramente criticato i funzionari del governo di Riad accusandoli di non eseguire nel modo giusto gli ordini del re Abdullah. Ha denunciato anche la presenza nel paese di villaggi dove non arriva l'acqua e l'elettricità e dove la gente vive in stato di povertà, «dove la ricchezza del paese è divisa solo tra il 5% della popolazione, mentre secondo le statistiche ufficiali il 70% delle persone non ha una casa di proprietà».
Secondo il ministero degli Affari sociali, sono tre milioni le persone in Arabia Saudita che hanno raggiunto il livello di povertà, 600 mila delle quali ricevono un sussidio dai servizi sociali. Per portare alla luce questa situazione un giornalista saudita, Turad al-Asmari, ha realizzato di recente un documentario dal titolo: «il mio stipendio è mille Riyal» che offre un quadro chiaro del fenomeno della povertà in Arabia Saudita. Il documentario parte da una storia vera di un giovane che si chiama Ahmed e che lavora come agente della sicurezza privata in un centro commerciale a Geddah e guadagna 1200 Riyal al mese (320 dollari). Con quei soldi deve aiutare la sua famiglia che è composta da 7 persone e per questo lavora 12 ore al giorno. Nel reportage si criticano le condizioni di vita dei giovani sauditi e si denuncia il fatto che un impiegato pubblico non guadagni più di 1500 Riyal al mese, in un paese dove entrano ogni anno 1500 miliardi di Riyal. Su questo tema è intervenuta di recente anche la principessa Basma Bint Saud Bin Abdelaziz Al Saud, che ha duramente criticato i funzionari del governo di Riad accusandoli di non eseguire nel modo giusto gli ordini del re Abdullah. Ha denunciato anche la presenza nel paese di villaggi dove non arriva l'acqua e l'elettricità e dove la gente vive in stato di povertà, «dove la ricchezza del paese è divisa solo tra il 5% della popolazione, mentre secondo le statistiche ufficiali il 70% delle persone non ha una casa di proprietà».