Ma dove finiscono i soldi recuperati con la lotta all’evasione?
Chi evade mette le mani in tasca agli italiani. L’intento del premier Monti è chiaramente provocatorio verso chi lo ha preceduto, ma ciò non basta a giustificare una frase che, al momento, nemmeno lui e il suo Governo possono ancora permettersi. Prima, infatti, devono assumere davanti agli italiani impegni solenni e circostanziati sulla destinazione dei proventi derivanti dalla lotta all’evasione a riduzione delle imposte per chi già le paga. Nel 2009 l’Agenzia delle entrate ha recuperato dagli evasori circa 9 miliardi di euro, saliti a 10 miliardi nel 2010; il 2011 dovrebbe chiudersi a 11 miliardi e per l’anno in corso già se ne auspicano almeno 12.
Quante di queste risorse sono state rimesse nelle tasche degli italiani da cui, secondo il premier Monti, gli evasori le avrebbero prelevate? Zero spaccato. Al netto di dipendenti pubblici e pensionati Inps, per i quali è indubbio che ogni euro in più che entra nel bilancio dello Stato è un vantaggio a prescindere, in termini di stabilità finanziaria della loro più che legittima aspettativa di continuare a percepire stipendi e pensioni, per una parte maggioritaria del resto degli italiani questa lotta tra Stato ed evasori viene percepita come qualcosa che li riguarda fino a un certo punto. Intendiamoci: vorrebbero che li riguardasse.
Vorrebbero tantissimo sentirsi defraudati e indignarsi fin nel midollo contro gli evasori, vorrebbero scendere in piazza ad applaudire i blitz dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di Finanza senza avere retro-pensieri, ma lo Stato fa di tutto per demotivarli: non investe le somme recuperate dall’evasione in riduzioni di imposte; non rimuove i privilegi della politica e degli alti papaveri della pubblica amministrazione e del parastato con una determinazione e una efficacia pari a quella che mette negli accertamenti fiscali esecutivi affidati ad Equitalia anche in pendenza di ricorso; non persegue adeguatamente la corruzione e gli sprechi delle risorse che vengono generate dai cittadini con il pagamento delle imposte.
Ed ecco allora che l’indignazione di questa ampia maggioranza di italiani diventa un triste sentimento “contro”, anziché un positivo sentimento “pro”. Contro gli evasori, quando lo Stato è esageratamente imbelle nel contrastarli e si sentono letteralmente presi in giro dall’arroganza di chi non divide, come loro, il sudore della propria fronte con il “socio fisco”. Contro lo Stato, quando persegue gli evasori con una determinazione nemmeno comparabile a quella con cui agisce sul lato della spesa e della corruzione e si sentono letteralmente presi in giro dall’arroganza di chi vuole fargli la morale dall’interno di un apparato pubblico il cui costo complessivo sta strangolando il Paese. Questa grande massa di italiani aspetta da una vita di poter diventare una “tifoseria pro” e smettere di essere una “tifoseria contro”.
Per poter realizzare questo sogno, però, ha bisogno di fatti concreti che le dimostrino che, finalmente, è scesa in campo una squadra che, a sua volta, gioca per loro e non semplicemente contro chi evade. Una squadra che non dice soltanto frasi come “pagare tutti per pagare meno” o, appunto, “chi evade mette le mani in tasca agli italiani”. Una squadra che fa seguire alle parole anche qualche fatto concreto.
Magari è la volta buona, incrociamo le dita. Nell’attesa, un po’ di sana diffidenza e stimolante critica può aiutare assai più di entusiastiche adesioni sulla parola.
Quante di queste risorse sono state rimesse nelle tasche degli italiani da cui, secondo il premier Monti, gli evasori le avrebbero prelevate? Zero spaccato. Al netto di dipendenti pubblici e pensionati Inps, per i quali è indubbio che ogni euro in più che entra nel bilancio dello Stato è un vantaggio a prescindere, in termini di stabilità finanziaria della loro più che legittima aspettativa di continuare a percepire stipendi e pensioni, per una parte maggioritaria del resto degli italiani questa lotta tra Stato ed evasori viene percepita come qualcosa che li riguarda fino a un certo punto. Intendiamoci: vorrebbero che li riguardasse.
Vorrebbero tantissimo sentirsi defraudati e indignarsi fin nel midollo contro gli evasori, vorrebbero scendere in piazza ad applaudire i blitz dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di Finanza senza avere retro-pensieri, ma lo Stato fa di tutto per demotivarli: non investe le somme recuperate dall’evasione in riduzioni di imposte; non rimuove i privilegi della politica e degli alti papaveri della pubblica amministrazione e del parastato con una determinazione e una efficacia pari a quella che mette negli accertamenti fiscali esecutivi affidati ad Equitalia anche in pendenza di ricorso; non persegue adeguatamente la corruzione e gli sprechi delle risorse che vengono generate dai cittadini con il pagamento delle imposte.
Ed ecco allora che l’indignazione di questa ampia maggioranza di italiani diventa un triste sentimento “contro”, anziché un positivo sentimento “pro”. Contro gli evasori, quando lo Stato è esageratamente imbelle nel contrastarli e si sentono letteralmente presi in giro dall’arroganza di chi non divide, come loro, il sudore della propria fronte con il “socio fisco”. Contro lo Stato, quando persegue gli evasori con una determinazione nemmeno comparabile a quella con cui agisce sul lato della spesa e della corruzione e si sentono letteralmente presi in giro dall’arroganza di chi vuole fargli la morale dall’interno di un apparato pubblico il cui costo complessivo sta strangolando il Paese. Questa grande massa di italiani aspetta da una vita di poter diventare una “tifoseria pro” e smettere di essere una “tifoseria contro”.
Per poter realizzare questo sogno, però, ha bisogno di fatti concreti che le dimostrino che, finalmente, è scesa in campo una squadra che, a sua volta, gioca per loro e non semplicemente contro chi evade. Una squadra che non dice soltanto frasi come “pagare tutti per pagare meno” o, appunto, “chi evade mette le mani in tasca agli italiani”. Una squadra che fa seguire alle parole anche qualche fatto concreto.
Magari è la volta buona, incrociamo le dita. Nell’attesa, un po’ di sana diffidenza e stimolante critica può aiutare assai più di entusiastiche adesioni sulla parola.