Venuta a Roma per studiare gli esorcismi e realizzare un documentario in materia, Isabella incontra due giovani preti che praticano esorcismi con l'aiuto di strumenti tecnico-medici. Con loro assiste al primo esorcismo della sua vita e ne rimane inquietata. Palesando il vero intento della sua visita si reca allora a trovare la madre, tenuta in un ospedale psichiatrico cattolico perchè vent'anni prima ha ucciso tre persone, proprio mentre le praticavano un esorcismo. La trova piena di tagli che si è provocata da sola e, durante un tentativo di esorcismo nella stanza ospedaliera, la donna rivela la sua effettiva possessione, nonchè l'intenzione del demonio che l'abita di trovare un nuovo corpo.
Dovendo affrontare l'exorcism-movie ed essendo intenzionato a farlo con il taglio del finto documentario (quello che finge di mostrare del vero footage ritrovato), William Brent Bell decide di sporcasi le mani fino in fondo e sceglie Roma come location del suo film. Le strade romane e vaticane, scantinati, palazzoni e lunghi corridoi, fanno così da contrappunto ai più canonici luoghi dell'orrore nei film di possessione, ovvero stanze d'ospedale e camere da letto.
In questo scarto viene rivelato esplicitamente quel sottile slittamento che il genere ha subito negli ultimi anni. Si tratta del passaggio da film che indagano il rapporto tra maligno e umano, i confini della materialità e la volontà di ognuno di “guardare” per affrontare il male come lo intende la nostra tradizione (non a caso il diavolo da L'esorcista in poi passa da persona a persona attraverso lo sguardo) a film sui misteri vaticani. La gerarchia, il silenzio e la proverbiale distanza che distingue la Chiesa cattolica, specie nel rapporto con gli esorcismi, diventa il cuore di L'altra faccia del diavolo, una parte che il regista dipinge come ben più misteriosa e inquietante anche rispetto al consueto repertorio di umani deformati dalla possessione.
L'altra faccia del diavolo però non crede nemmeno per un minuto alla possibilità degli esorcismi e li tratta come qualsiasi altro campionario di luoghi comuni horror. Manca totalmente di adesione alla materia trattata e quindi di vera paura. Pur trovando momenti interessanti (come il primo esorcismo di una donna raggomitolata che si “srotola”, con il relativo rumore d'ossa che si assestano), il film di William Brent Bell rimane così tutto intenzione e poco realizzazione. La location romana è infatti poco sfruttata, l'idea di porre la paura più nelle stanze vaticane che negli scantinati posseduti è solo un accenno e anche la dinamica a tre tra i protagonisti è una dialettica all'acqua di rose.
Pur azzeccando un'idea di paura e di “disturbo” interessanti il film manca l'obiettivo di darle sostanza, immagini e concretezza. Il risultato sono lunghe fasi di noia e prevedibilità, se non momenti di vero ridicolo.
In questo scarto viene rivelato esplicitamente quel sottile slittamento che il genere ha subito negli ultimi anni. Si tratta del passaggio da film che indagano il rapporto tra maligno e umano, i confini della materialità e la volontà di ognuno di “guardare” per affrontare il male come lo intende la nostra tradizione (non a caso il diavolo da L'esorcista in poi passa da persona a persona attraverso lo sguardo) a film sui misteri vaticani. La gerarchia, il silenzio e la proverbiale distanza che distingue la Chiesa cattolica, specie nel rapporto con gli esorcismi, diventa il cuore di L'altra faccia del diavolo, una parte che il regista dipinge come ben più misteriosa e inquietante anche rispetto al consueto repertorio di umani deformati dalla possessione.
L'altra faccia del diavolo però non crede nemmeno per un minuto alla possibilità degli esorcismi e li tratta come qualsiasi altro campionario di luoghi comuni horror. Manca totalmente di adesione alla materia trattata e quindi di vera paura. Pur trovando momenti interessanti (come il primo esorcismo di una donna raggomitolata che si “srotola”, con il relativo rumore d'ossa che si assestano), il film di William Brent Bell rimane così tutto intenzione e poco realizzazione. La location romana è infatti poco sfruttata, l'idea di porre la paura più nelle stanze vaticane che negli scantinati posseduti è solo un accenno e anche la dinamica a tre tra i protagonisti è una dialettica all'acqua di rose.
Pur azzeccando un'idea di paura e di “disturbo” interessanti il film manca l'obiettivo di darle sostanza, immagini e concretezza. Il risultato sono lunghe fasi di noia e prevedibilità, se non momenti di vero ridicolo.