Siria, prosegue la repressione: altri 30 morti
Arrivati i primi sei osservatori per controllare il cessate il fuoco.
Controllare il cessate il fuoco (violato) prima di tutto. Questo il compito dei sei osservatori Onu disarmati, operativi da lunedì 16 aprile a Damasco e ai quali si sono aggiunti altri 24 militari delle Nazioni Unite: da giovedì 12 a lunedì 16 gli attivisti anti-regime hanno documentato l'uccisione di almeno 128 persone mentre il governo siriano ha denunciato l'escalation di violenza da parte dei terroristi. «Ci dobbiamo organizzare per esser pronti alla nostra missione il prima possibile», ha dichiarato il colonnello marocchino Ahmad Himmish.
IL BILANCIO: 11 MILA MORTI. La risoluzione 2042 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite - la prima votata da quando è scoppiata la rivolta in Siria repressa nel sangue con un bilancio di oltre 11 mila morti - ha stabilito che fino a giugno la missione degli osservatori non supererà le 250 unità.
Il governo di Damasco ha già fatto sapere che «per ragioni di sicurezza» e per «assicurare l'incolumità» dei militari Onu i movimenti degli osservatori dovranno esser concordati in anticipo.
Gli oppositori: «Il regime vuole controllare i movimenti»
Oppositori e attivisti hanno denunciato il fatto che il regime, «quando parla di coordinamento dei movimenti intende controllo dei movimenti». «Come possono assicurare l'incolumità degli osservatori se non sono in grado di assicurare l'incolumità dei manifestanti pacifici?», si è chiesto Ahmad Ramadan, membro del Consiglio nazionale siriano, principale piattaforma di oppositori all'estero con rappresentanti in patria.
Interpellato dal quotidiano panarabo Asharq al Awsat, Ramadan ha aggiunto: «Sulla scorta dell'esperienza maturata durante la missione degli osservatori della Lega Araba (lo scorso gennaio), il regime ha dato vita a una sezione speciale dei servizi di sicurezza incaricata di controllare l'operato degli osservatori e di sviarne il lavoro».
DAMASCO: «NON ABBIAMO NULLA DA NASCONDERE». L'agenzia ufficiale Sana ha risposto affermando che la Siria ha approvato questa missione «perché non ha nulla da nascondere e perché spera che gli osservatori trasmetteranno l'immagine reale di quel che succede sul terreno».
Intanto, sulla neonata missione Onu pesa la questione relativa al ruolo del generale norvegese Robert Mood, all'inizio di aprile incaricato dall'inviato speciale Kofi Annan di compiere una valutazione in vista dell'invio della missione. Giovedì 12 scorso, 48 ore prima della votazione al Consiglio di sicurezza, Mood aveva consegnato il suo rapporto ad Annan, frutto di un viaggio a Damasco dal 5 al 10 aprile, e aveva quindi fatto ritorno a Oslo. Da Ginevra hanno assicurato che Mood «è tornato in Norvegia a missione conclusa».
L'ACCUSA A MOOD. L'ambasciatore russo all'Onu Vitaly Ciurkin (Mosca non voleva l'invio degli osservatori) ha però accusato il generale norvegese di «protagonismo» e la tivù panaraba al Arabiya ha parlato di «dimissioni di Mood», senza precisarne la ragione.
Dall'ufficio di Annan hanno assicurato comunque il comandante della missione di osservatori sarà indicato dal segretario generale dell'Onu Ban ki-moon «a tempo debito».
ALTRO SANGUE: 30 MORTI. I Comitati di coordinamento locali degli attivisti hanno riferito dell'uccisione di 30 persone, tra cui due minori, due donne e due disertori, dalle forze governative in varie località del Paese. Nella regione di Idlib si è registrato il bilancio più sanguinoso, con dieci uccisi.
In mattinata erano proseguiti intensi i bombardamenti dell'artiglieria governativa su Homs, soprattutto sui quartieri di Khaldiye e Bayada, mentre nella regione di Hama e in quella di Daraa si erano verificate incursioni dell'esercito con arresti indiscriminati. Violazioni in parte denunciate a Ginevra dalla Commissione d'inchiesta attivata dal Consiglio per i diritti umani dell'Onu.
Arrivati i primi sei osservatori per controllare il cessate il fuoco.
Controllare il cessate il fuoco (violato) prima di tutto. Questo il compito dei sei osservatori Onu disarmati, operativi da lunedì 16 aprile a Damasco e ai quali si sono aggiunti altri 24 militari delle Nazioni Unite: da giovedì 12 a lunedì 16 gli attivisti anti-regime hanno documentato l'uccisione di almeno 128 persone mentre il governo siriano ha denunciato l'escalation di violenza da parte dei terroristi. «Ci dobbiamo organizzare per esser pronti alla nostra missione il prima possibile», ha dichiarato il colonnello marocchino Ahmad Himmish.
IL BILANCIO: 11 MILA MORTI. La risoluzione 2042 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite - la prima votata da quando è scoppiata la rivolta in Siria repressa nel sangue con un bilancio di oltre 11 mila morti - ha stabilito che fino a giugno la missione degli osservatori non supererà le 250 unità.
Il governo di Damasco ha già fatto sapere che «per ragioni di sicurezza» e per «assicurare l'incolumità» dei militari Onu i movimenti degli osservatori dovranno esser concordati in anticipo.
Gli oppositori: «Il regime vuole controllare i movimenti»
Oppositori e attivisti hanno denunciato il fatto che il regime, «quando parla di coordinamento dei movimenti intende controllo dei movimenti». «Come possono assicurare l'incolumità degli osservatori se non sono in grado di assicurare l'incolumità dei manifestanti pacifici?», si è chiesto Ahmad Ramadan, membro del Consiglio nazionale siriano, principale piattaforma di oppositori all'estero con rappresentanti in patria.
Interpellato dal quotidiano panarabo Asharq al Awsat, Ramadan ha aggiunto: «Sulla scorta dell'esperienza maturata durante la missione degli osservatori della Lega Araba (lo scorso gennaio), il regime ha dato vita a una sezione speciale dei servizi di sicurezza incaricata di controllare l'operato degli osservatori e di sviarne il lavoro».
DAMASCO: «NON ABBIAMO NULLA DA NASCONDERE». L'agenzia ufficiale Sana ha risposto affermando che la Siria ha approvato questa missione «perché non ha nulla da nascondere e perché spera che gli osservatori trasmetteranno l'immagine reale di quel che succede sul terreno».
Intanto, sulla neonata missione Onu pesa la questione relativa al ruolo del generale norvegese Robert Mood, all'inizio di aprile incaricato dall'inviato speciale Kofi Annan di compiere una valutazione in vista dell'invio della missione. Giovedì 12 scorso, 48 ore prima della votazione al Consiglio di sicurezza, Mood aveva consegnato il suo rapporto ad Annan, frutto di un viaggio a Damasco dal 5 al 10 aprile, e aveva quindi fatto ritorno a Oslo. Da Ginevra hanno assicurato che Mood «è tornato in Norvegia a missione conclusa».
L'ACCUSA A MOOD. L'ambasciatore russo all'Onu Vitaly Ciurkin (Mosca non voleva l'invio degli osservatori) ha però accusato il generale norvegese di «protagonismo» e la tivù panaraba al Arabiya ha parlato di «dimissioni di Mood», senza precisarne la ragione.
Dall'ufficio di Annan hanno assicurato comunque il comandante della missione di osservatori sarà indicato dal segretario generale dell'Onu Ban ki-moon «a tempo debito».
ALTRO SANGUE: 30 MORTI. I Comitati di coordinamento locali degli attivisti hanno riferito dell'uccisione di 30 persone, tra cui due minori, due donne e due disertori, dalle forze governative in varie località del Paese. Nella regione di Idlib si è registrato il bilancio più sanguinoso, con dieci uccisi.
In mattinata erano proseguiti intensi i bombardamenti dell'artiglieria governativa su Homs, soprattutto sui quartieri di Khaldiye e Bayada, mentre nella regione di Hama e in quella di Daraa si erano verificate incursioni dell'esercito con arresti indiscriminati. Violazioni in parte denunciate a Ginevra dalla Commissione d'inchiesta attivata dal Consiglio per i diritti umani dell'Onu.