Omicidio Enna, Lo Presti chiamò subito la polizia
Dopo il delitto, il fidanzato-assassino voleva autodenunciarsi.
Francesco Lo Presti aveva appena strangolato Vanessa Scialfa nell'abitazione a Enna, dove abitava la coppia, quando chiamò il suo padrino di battesimo, che lavora come agente alla Squadra Mobile.
Mentre il corpo della fidanzata era ancora lì sul letto, mosso da un sentimento di pentimento, pensò di consegnarsi alla polizia.
A raccontarlo è stato lo stesso omicida nel corso della sua confessione al sostituto procuratore Augusto Rio.
NON SI AUTODENUNCIÒ. Francesco però decise di chiudere il telefono prima di autodenunciarsi.
È questo l'anello di congiunzione tra le indagini dei carabinieri, ai quali il padre della vittima, Giovanni Scialfa, aveva presentato la denuncia di scomparsa e quelle della polizia che, invece, ha ritrovato il corpo della ragazza.
L'OMICIDA VICINO AL TRIBUNALE. Dopo quella strana telefonata gli investigatori della squadra mobile si misero sulle tracce di Lo Presti, che rintracciarono nei pressi del tribunale in stato confusionale. Lo fermarono e lo costrinsero a confessare con un escamotage.
Gli dissero che Vanessa era tornata a casa, ma lui replicò: «Non è possibile».
Poi, dopo essere crollato, li accompagnò sul luogo dove aveva abbandonato il corpo della fidanzata.
I DUE FIDANZATI TESTIMONI IN UN PROCESSO. Intanto è emerso che le vite di Vanessa e Francesco si erano già incrociate qualche anno fa e sempre a causa di una tragedia.
Entrambi, infatti, frequentavano la cerchia di amici di Miriam Giannotta, 16 anni, la giovane morta suicida al termine di una notte in discoteca con alcool e droga. I due erano stati chiamati a testimoniare nel processo che si celebrò contro due giovani accusati di avere venduto droga alla minorenne
Dopo il delitto, il fidanzato-assassino voleva autodenunciarsi.
Francesco Lo Presti aveva appena strangolato Vanessa Scialfa nell'abitazione a Enna, dove abitava la coppia, quando chiamò il suo padrino di battesimo, che lavora come agente alla Squadra Mobile.
Mentre il corpo della fidanzata era ancora lì sul letto, mosso da un sentimento di pentimento, pensò di consegnarsi alla polizia.
A raccontarlo è stato lo stesso omicida nel corso della sua confessione al sostituto procuratore Augusto Rio.
NON SI AUTODENUNCIÒ. Francesco però decise di chiudere il telefono prima di autodenunciarsi.
È questo l'anello di congiunzione tra le indagini dei carabinieri, ai quali il padre della vittima, Giovanni Scialfa, aveva presentato la denuncia di scomparsa e quelle della polizia che, invece, ha ritrovato il corpo della ragazza.
L'OMICIDA VICINO AL TRIBUNALE. Dopo quella strana telefonata gli investigatori della squadra mobile si misero sulle tracce di Lo Presti, che rintracciarono nei pressi del tribunale in stato confusionale. Lo fermarono e lo costrinsero a confessare con un escamotage.
Gli dissero che Vanessa era tornata a casa, ma lui replicò: «Non è possibile».
Poi, dopo essere crollato, li accompagnò sul luogo dove aveva abbandonato il corpo della fidanzata.
I DUE FIDANZATI TESTIMONI IN UN PROCESSO. Intanto è emerso che le vite di Vanessa e Francesco si erano già incrociate qualche anno fa e sempre a causa di una tragedia.
Entrambi, infatti, frequentavano la cerchia di amici di Miriam Giannotta, 16 anni, la giovane morta suicida al termine di una notte in discoteca con alcool e droga. I due erano stati chiamati a testimoniare nel processo che si celebrò contro due giovani accusati di avere venduto droga alla minorenne