Gli extraterrestri, se esistono, potrebbero essere piuttosto simili a meduse giganti, grandi quanto un campo da calcio. Il loro DNA poi, invece che basato in predominanza sul carbonio, così come avviene sulla Terra per ogni essere vivente, potrebbe utilizzare il silicio. L'esercizio è puramente teorico e a proporlo è lo scienziato britannico Maggie Aderin-Pocock, esperta di satelliti e consulente del governo. Il tentativo cerca di immaginare come possano essersi evolute forme di vita su pianeti diversi dal nostro, come ad esempio Titano, la luna che orbita intorno a Saturno. Ecco allora che le super-meduse vagherebbero tra nubi di metano per filtrare i nutrimenti oppure sarebbero in grado di trasformare la luce del sole in energia attraverso la loro pelle – una sorta di fotosintesi clorofilliana dell'altro mondo. La comunicazione avverrebbe poi grazie a impulsi luminosi. «La nostra immaginazione – ha detto all'Independent – è ovviamente limitata da quello che vediamo intorno a noi, dalla nostra percezione di vita legata al carbonio e all'acqua. Ma alcuni ricercatori stanno conducendo studi molto interessanti, come ad esempio l'idea che gli esseri viventi di mondi diversi e lontani dal nostro possano aver utilizzato il silicio come mattoni base per la loro evoluzione. Ma mia visione degli alieni è dunque deumanizzata, molto diversa da quella immaginata dal cinema». Sulla base poi delle ultime scoperte Aderin-Pocock crede che nella nostra galassia soltanto possano coesistere almeno quattro civiltà aliene. Ma visto le enormi distanze, è improbabile che potranno mai comunicare. «La navicella Voyager 1, che porta con sè messaggi di pace in diversi linguaggi, sta viaggiando nel sistema solare fin dagli anni Settanta e solo adesso è approdata nello spazio profondo. Per raggiungere la stella più vicina a noi, Proxima Centauri, impiegherà 76mila anni»,