UNA SCARPA può parlare? Sì, ora sì. Ma non in una comunità hippie, dove il fatto potrebbe essere un'eventualità banale. Piuttosto, al quartier generale dell'evento South by Southwest, a Austin, dove Google ha mostrato il prototipo, funzionante, della sua smart shoe. Una scarpa intelligente che prosegue il cammino di Mountain View verso la tecnologia indossabile, dopo Google Glass. Ma che cosa fa esattamente una smart shoe?
Nel caso specifico dell'esperimento di Google, la scarpa dotata di sensori traduce i movimenti di chi la indossa in messaggi. Naturalmente, prima di esprimere la sua opinione sul comportamento fisico che registra, la scarpa analizza i dati per definire dei profili. Attraverso il collegamento con un dispositivo mobile, Android in questo caso, la scarpa computa il suo giudizio e lo trasmette al mondo esterno, come ad esempio al display di uno smartphone. E può capitarsi di sentirsi dire di essere dei "campioni dello stare seduti in poltrona", più facilmente che farsi elogiare come grandi maratoneti.
Il progetto della scarpa parlante fa parte di un più ampio scenario di Big G, "Art, copy, code", un excursus artistico con forti radici tecnologiche. Più un focus sulla comunicazione possibile al tempo dell'hi-tech che altro, con le scarpe parlanti come protagoniste sì, ma non tanto come innovazione tecnologica, tanto quanto nel contesto comunicativo.
La parola d'ordine è inserire un aspetto sociale e condivisibile negli oggetti di uso comune. Così ad esempio, se le scarpe possono dire quanto è pigro chi le indossa, una lavatrice può lamentarsi della scarsa qualità dei vestiti che lava. Un aspetto sociale delle macchine e degli oggetti, che porta sempre più vicino alla "internet delle cose". Per ora le scarpe parlanti non sono un progetto commerciale, non ne è prevista la realizzazione a breve, anche se pure Apple lavora a qualcosa di simile. Ma probabilmente dentro i laboratori di Google sono tante le idee che prendono forma, e poche quelle che diventano realtà. I Google Glass saranno una di queste. E le scarpe? Chissà, però l'abbinamento potrebbe essere perfetto.
Il progetto della scarpa parlante fa parte di un più ampio scenario di Big G, "Art, copy, code", un excursus artistico con forti radici tecnologiche. Più un focus sulla comunicazione possibile al tempo dell'hi-tech che altro, con le scarpe parlanti come protagoniste sì, ma non tanto come innovazione tecnologica, tanto quanto nel contesto comunicativo.
La parola d'ordine è inserire un aspetto sociale e condivisibile negli oggetti di uso comune. Così ad esempio, se le scarpe possono dire quanto è pigro chi le indossa, una lavatrice può lamentarsi della scarsa qualità dei vestiti che lava. Un aspetto sociale delle macchine e degli oggetti, che porta sempre più vicino alla "internet delle cose". Per ora le scarpe parlanti non sono un progetto commerciale, non ne è prevista la realizzazione a breve, anche se pure Apple lavora a qualcosa di simile. Ma probabilmente dentro i laboratori di Google sono tante le idee che prendono forma, e poche quelle che diventano realtà. I Google Glass saranno una di queste. E le scarpe? Chissà, però l'abbinamento potrebbe essere perfetto.