Alla vigilia del derby con il Torino il tecnico bianconero mette in guardia i suoi: ''Ci attende una battaglia, i valori sulla carta non contano. Vogliamo la supremazia cittadina''. Messaggio alla società sul futuro: ''Dobbiamo crescere, ci aspettiamo miglioramenti,. E' inevitabile però che i campioni vadano dove vengono strapagati''.
TORINO - "Se sarà scudetto, sarà lo scudetto della ferocia e della continuità". Alla vigilia di quello che, Napoli permettendo, potrebbe essere il matchball del tricolore, Antonio Conte mette in guardia i suoi. I 41 punti che separano la Juve dal Toro, avversario di domani all'Olimpico, verranno praticamente azzerati dall'effetto derby: "Teniamo le antenne dritte, i valori sulla carta non contano. Al di là di quello che farà il Napoli all'Adriatico di Pescara, domani ci attende una battaglia. Il Toro avrà grandi motivazioni e cattiveria agonistica. Si affrontano due ottime squadre che giocano un calcio propositivo, fatto di possesso e di idee. La stracittadina, poi, è sempre una partita particolare".
La prima volta non si scorda mai. Dopo l'esordio da calciatore in Serie A proprio contro quel Torino che sarebbe poi diventato il suo bersaglio preferito (3 gol sui 29 totali segnati in campionato), colpito con l'unica doppietta della sua carriera (Juve-Toro 2-1, 10 aprile 1993), Conte è ora al debutto da allenatore nel derby della Mole, visto che all'andata era ancora squalificato per il calcioscommesse: "E' bello ritrovare il Toro in Serie A, anche se la sua classifica non parla di un campionato eccezionale. Il derby è sempre il derby, a maggior ragione per un torinese d'adozione come me. Rispetto il popolo granata per quello che il Toro è stato e mi auguro che tornerà ad essere. La speranza è che alla fine entrambe le squadre centrino i rispettivi obiettivi. Detto questo, è inevitabile che domani la Juve voglia ottenere la supremazia cittadina".
C'è un'ansia giustificata legata alle questioni di ordine pubblico, visto che l'Olimpico granata sarà fortemente connotato di bianconero. La curva Primavera sarà in condominio, con 1500 supporter bianconeri (altrettanti occuperanno il settore ospiti) separati da due file di steward dai dirimpettai granata. Conte non ci gira intorno: "Ovunque andiamo prendiamo pietrate e bastonate. Ma ditemi voi se una squadra che vince lo scudetto deve preoccuparsi degli eventuali scontri. Già il fatto stesso che ci poniamo il problema è una sconfitta, una vergogna".
La Signora è orientata a riproporre l'ultimo vestito entrato nel suo guardaroba, taglia 3-5-1-1, con Pogba a centrocampo, Lichtsteiner e Asamoah in corsia e Marchisio alle spalle di Vucinic: "Siamo pronti a giocarcela - prosegue il tecnico bianconero -. Ma l'aspetto tattico è quello che mi preoccupa meno di tutti".
Ma si è parlato anche della Juve che guarda all'Europa e rivaluta il doppio ko subìto dal Bayern: "La loro larga vittoria con il Barcellona non ci deve consolare. Noi dobbiamo guardare in alto, perché siamo la Juve". Poi, il mister spedisce un messaggio neanche troppo cifrato alla società: "Abbiamo capito qual è la nostra dimensione, ma dobbiamo crescere. Ci aspettiamo dei miglioramenti. Agnelli sostiene che la Serie A non sia più meta dei grandi campioni? E' vero, ma resta comunque uno dei campionati più difficili da vincere, ci tengo a sottolinearlo. Detto questo, è inevitabile che i campioni vadano dove vengono strapagati. In questo momento nessuna squadra può permettersi di pagare 8-10 milioni di stipendio a un giocatore". Una cifra non a caso: è lo stipendio che vorrebbe Ibrahimovic per rientrare alla base bianconera: "Ibra dice che la Juve è un top club? E' un complimento che fa piacere, perché arriva da un grande calciatore. Ma penso che anche uno come Suarez potrebbe dire la stessa cosa. Solo un cieco non vedrebbe il grande lavoro che abbiamo fatto".
TORINO - "Se sarà scudetto, sarà lo scudetto della ferocia e della continuità". Alla vigilia di quello che, Napoli permettendo, potrebbe essere il matchball del tricolore, Antonio Conte mette in guardia i suoi. I 41 punti che separano la Juve dal Toro, avversario di domani all'Olimpico, verranno praticamente azzerati dall'effetto derby: "Teniamo le antenne dritte, i valori sulla carta non contano. Al di là di quello che farà il Napoli all'Adriatico di Pescara, domani ci attende una battaglia. Il Toro avrà grandi motivazioni e cattiveria agonistica. Si affrontano due ottime squadre che giocano un calcio propositivo, fatto di possesso e di idee. La stracittadina, poi, è sempre una partita particolare".
La prima volta non si scorda mai. Dopo l'esordio da calciatore in Serie A proprio contro quel Torino che sarebbe poi diventato il suo bersaglio preferito (3 gol sui 29 totali segnati in campionato), colpito con l'unica doppietta della sua carriera (Juve-Toro 2-1, 10 aprile 1993), Conte è ora al debutto da allenatore nel derby della Mole, visto che all'andata era ancora squalificato per il calcioscommesse: "E' bello ritrovare il Toro in Serie A, anche se la sua classifica non parla di un campionato eccezionale. Il derby è sempre il derby, a maggior ragione per un torinese d'adozione come me. Rispetto il popolo granata per quello che il Toro è stato e mi auguro che tornerà ad essere. La speranza è che alla fine entrambe le squadre centrino i rispettivi obiettivi. Detto questo, è inevitabile che domani la Juve voglia ottenere la supremazia cittadina".
C'è un'ansia giustificata legata alle questioni di ordine pubblico, visto che l'Olimpico granata sarà fortemente connotato di bianconero. La curva Primavera sarà in condominio, con 1500 supporter bianconeri (altrettanti occuperanno il settore ospiti) separati da due file di steward dai dirimpettai granata. Conte non ci gira intorno: "Ovunque andiamo prendiamo pietrate e bastonate. Ma ditemi voi se una squadra che vince lo scudetto deve preoccuparsi degli eventuali scontri. Già il fatto stesso che ci poniamo il problema è una sconfitta, una vergogna".
La Signora è orientata a riproporre l'ultimo vestito entrato nel suo guardaroba, taglia 3-5-1-1, con Pogba a centrocampo, Lichtsteiner e Asamoah in corsia e Marchisio alle spalle di Vucinic: "Siamo pronti a giocarcela - prosegue il tecnico bianconero -. Ma l'aspetto tattico è quello che mi preoccupa meno di tutti".
Ma si è parlato anche della Juve che guarda all'Europa e rivaluta il doppio ko subìto dal Bayern: "La loro larga vittoria con il Barcellona non ci deve consolare. Noi dobbiamo guardare in alto, perché siamo la Juve". Poi, il mister spedisce un messaggio neanche troppo cifrato alla società: "Abbiamo capito qual è la nostra dimensione, ma dobbiamo crescere. Ci aspettiamo dei miglioramenti. Agnelli sostiene che la Serie A non sia più meta dei grandi campioni? E' vero, ma resta comunque uno dei campionati più difficili da vincere, ci tengo a sottolinearlo. Detto questo, è inevitabile che i campioni vadano dove vengono strapagati. In questo momento nessuna squadra può permettersi di pagare 8-10 milioni di stipendio a un giocatore". Una cifra non a caso: è lo stipendio che vorrebbe Ibrahimovic per rientrare alla base bianconera: "Ibra dice che la Juve è un top club? E' un complimento che fa piacere, perché arriva da un grande calciatore. Ma penso che anche uno come Suarez potrebbe dire la stessa cosa. Solo un cieco non vedrebbe il grande lavoro che abbiamo fatto".