La ricetta è precisa e poi c’è l’ordine, assolutamente essenziale nel determinare l’equilibrio tra tutti gli ingredienti: prima la parte bianca (aglio e pinoli), poi basilico e olio e infine i formaggi. È il pesto, la salsa verde della Liguria, fatta con le foglioline di basilico del ponente, quelle piccole e gustose, che ora è diventata la seconda salsa al mondo. A Genova si svolge addirittura un campionato per decidere chi lo fa meglio, ma attenzione: ci vuole il mortaio e il pestello, come le nostre nonne o addirittura bisnonne, che se avessero mai visto un frullino sostituire il loro bel mortaio sarebbero inorridite.
I trenta giudici (ogni tre avevano in carico dieci concorrenti da «degustare») hanno premiato la tradizione e, a dispetto della corposa presenza internazionale, nel 2014 ha vinto la Liguria. Tra i finalisti ci sono tecnici informatici, ingegneri, fisici nucleari, artigiani, medici e farmacisti. Ma la verità è che negli anni questo curioso campionato ha dimostrato che può vincere la classica casalinga genovese, come accadde nel 2007 a Laura Parodi, come il già citato californiano-coreano, oppure un farmacista di Sestri Levante, come Federico Ferro che conquistò lo scettro nel 2010 o ancora un signore di Cosenza che vive in Germania da quasi quarant’anni, come nel caso di Sergio Muto (nel 2012).
Per fare un buon pesto con il mortaio si intuisce che ci vuole innanzitutto la materia prima, poi un’abilità a maneggiare pestello e mortaio e infine l’intuito. Il sale per esempio: ne va poco e bisogna ricordarsi che non si può tornare indietro. E poi l’olio. Per esempio Alfonsina lo versa tutto d’un fiato, con occhio esperto, senza farlo a più riprese e senza correzioni. Quante volte lo avrà fatto Alfonsina nella sua vita? (Corriere della Sera)