Roba da non credere. Lo hanno ascoltato in silenzio, per quasi due ore. Lui ha preso la parola dopo la ricostruzione del naufragio, con l’aiuto della grafica in 3D, spiegata dall’ingegner Ivan Paduano, discutendo sulla «gestione del controllo del panico». Lui è Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia, imputato di omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono di un transatlantico dopo averlo portato a schiantarsi sulle coste dell’Isola del Giglio. Teatro di questa lectio magistralis la facoltà di Medicina della Sapienza di Roma. Sì, proprio così. Il nome del comandante compare proprio alla fine dei tre giorni messi in calendario dalla cattedra di psicopatologia forense, che aveva organizzato un master in scienze criminologiche.
Ed è stato proprio il comandante Schettino il grande protagonista al circolo Aeronautica, «degna» chiusura del master dal nome che era tutto un programma: «Dalla scena del crimine al profiling». Il comandante non si è fatto pregare. Quasi per ribadire che far navigare una nave di 350 metri di lunghezza a sedici nodi a circa 30 metri da un’isola, è una cosa normale. E che quello che è successo è stato solo «e soltanto un incidente». Parole che Schettino ripete spesso, ma che per la prima volta ha pronunciato in un’aula universitaria, chiamato perché «esperto». Il panico, dicevamo. Quello che non ha mai sfiorato il comandante — a suo dire — quella notte, nonostante tutto. «Sono stato chiamato perché sono un esperto» inizia Francesco Schettino, in questi giorni a Ischia. Quasi soddisfatto per aver dato forza alle sue parole anche in un luogo dove le parole, appunto, dovrebbero essere importanti. «Dovevo illustrare la gestione del controllo del panico — prosegue —. O meglio qual è la componente umana in situazioni del genere». Tutto vero. Il comandante prosegue: «D’altronde ho viaggiato in ogni mare del mondo. So come ci si comporta in casi del genere, come bisogna reagire quando ci sono equipaggi di etnie diverse». Scelte fatte — ha ribadito agli studenti — che hanno avuto tutte una componente umana «fondamentale».
«Ci sono studi accademici comparativi — ha proseguito — che mettono a confronto il disastro della Costa Concordia rispetto ad altre tragedie simili». Esempi, quindi. Che da quell’aula della Sapienza hanno provato a risolvere. «Come mai — prosegue —, durante l’attentato alle Torri Gemelle, c’erano persone che si lanciavano dalle finestre e durante il naufragio della Concordia nessuno fece un gesto del genere?». Peccato che, questa volta, invece che un giudice ad ascoltarlo, c’erano studenti universitari. «E alla fine ho avuto anche un riconoscimento accademico per questa mia presenza». Appunto. In Italia succede anche questo. (La Nazione)
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