Previste due missioni sul Pianeta Rosso nel 2016 e nel 2018 Un miliardo di euro per colmare il divario con la Nasa
Tra fine Ottocento e inizio Novecento gli occhi dell’astronomo piemontese Giovanni Schiaparelli mostrarono al mondo la superficie di Marte, un secolo dopo la tecnologia italiana porterà l’Europa sul Pianeta Rosso. Per trovare le prove dell’esistenza della vita (passata o presente) e colmare la distanza con gli Usa.
Tutto questo è il programma ExoMars dell’Agenzia spaziale Europea (con i russi di Roscosmos). Sarà composto da due missioni, la prima nel 2016 e la seconda nel 2018. A capo c’è l’ingegnere Walter Cugno, dell’italofrancese Thales Alenia Space. L’obiettivo è portare su Marte un «lander», battezzato Schiaparelli, per dimostrare di essere in grado di posare strumentazione sul Pianeta Rosso.
La Thales Alenia sta terminando di costruire l’«orbiter» nei laboratori di Cannes (Francia) e il «lander» a Torino. A luglio saranno assemblati a Cannes per essere sottoposti ai test, quindi smontati e spediti al cosmodromo di Baikonur. Arriveranno entro il 26 ottobre 2015 e lì troveranno un razzo russo Proton M/Breeze M.
Saranno rimontati, sottoposti ai test funzionali e lì comincerà la «campagna» di lancio. Il 7 gennaio si aprirà la finestra per poterli inviare nello spazio. Dalla Terra in nove mesi raggiungeranno Marte. Il Tgo si posizionerà su un’orbita ellittica, quindi sgancerà Schiaparelli. Il lander si avvicinerà per 72 ore all’atmosfera marziana poi ci si tufferà.
Uno scudo termico proteggerà le strumentazioni e rallenterà la prima parte della discesa, a mach 1,95 si aprirà il paracadute, poi i sistemi automatici lo sganceranno e azioneranno i retrorazzi. A due metri dal suolo si spegneranno e Schiaparelli si poserà, magari un po’ bruscamente. Dallo strato più esterno dell’atmosfera all’impatto passeranno tra 319 e 369 secondi: quelli che gli americani, ai tempi di Curiosity, chiamarono «i 5 minuti di terrore». La strumentazione del lander invierà i dati alla Terra - facendo ponte con un orbiter Nasa - per quattro giorni. Il Tgo intanto comincerà, utilizzando i pannelli solari come ali per frenare, una fase lunga un anno per posizionarsi su un’orbita circolare a 400 chilometri d’altezza.
Sarà la prova generale per la missione 2018, quando su Marte arriverà un rover da 350 chilogrammi: diciamo se gli americani con Curiosity ne hanno spedito uno grande come un Suv, l’Europa manderà un’utilitaria. Più piccolo ma più funzionale. Avrà la possibilità di trivellare fino a due metri di profondità, quando Curiosity si limita a grattare pochi centimetri: si analizzeranno così strati dove le eventuali tracce di vita sono al riparo delle radiazioni.
L’Italia guida l’impresa contribuendo con il 32,8% del miliardo di euro previsto. Al momento, però, servono altri 195 milioni. «Stiamo chiedendo il supporto del governo - dice Delfina Bertolotto, capo della divisione «Volo umano» dell’Asi - perché è fondamentale per l’Italia. Francia e Germania devono fare la loro parte, visto che i ritorni industriali gli sono stati già assegnati».
All’inizio partner dell’Esa era la Nasa che, nel 2011, si è sfilata. A marzo 2013 è così stato trovato un accordo con i russi. Ora la speranza è che regga a lungo: se per il 2016 tutto è finanziato, l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche legate alla crisi ucraina potrebbe mettere a rischio la vera grande sfida. E rallentare la corsa europea al Pianeta Rosso.
Fonte: La Stampa
Tra fine Ottocento e inizio Novecento gli occhi dell’astronomo piemontese Giovanni Schiaparelli mostrarono al mondo la superficie di Marte, un secolo dopo la tecnologia italiana porterà l’Europa sul Pianeta Rosso. Per trovare le prove dell’esistenza della vita (passata o presente) e colmare la distanza con gli Usa.
Tutto questo è il programma ExoMars dell’Agenzia spaziale Europea (con i russi di Roscosmos). Sarà composto da due missioni, la prima nel 2016 e la seconda nel 2018. A capo c’è l’ingegnere Walter Cugno, dell’italofrancese Thales Alenia Space. L’obiettivo è portare su Marte un «lander», battezzato Schiaparelli, per dimostrare di essere in grado di posare strumentazione sul Pianeta Rosso.
La Thales Alenia sta terminando di costruire l’«orbiter» nei laboratori di Cannes (Francia) e il «lander» a Torino. A luglio saranno assemblati a Cannes per essere sottoposti ai test, quindi smontati e spediti al cosmodromo di Baikonur. Arriveranno entro il 26 ottobre 2015 e lì troveranno un razzo russo Proton M/Breeze M.
Saranno rimontati, sottoposti ai test funzionali e lì comincerà la «campagna» di lancio. Il 7 gennaio si aprirà la finestra per poterli inviare nello spazio. Dalla Terra in nove mesi raggiungeranno Marte. Il Tgo si posizionerà su un’orbita ellittica, quindi sgancerà Schiaparelli. Il lander si avvicinerà per 72 ore all’atmosfera marziana poi ci si tufferà.
Uno scudo termico proteggerà le strumentazioni e rallenterà la prima parte della discesa, a mach 1,95 si aprirà il paracadute, poi i sistemi automatici lo sganceranno e azioneranno i retrorazzi. A due metri dal suolo si spegneranno e Schiaparelli si poserà, magari un po’ bruscamente. Dallo strato più esterno dell’atmosfera all’impatto passeranno tra 319 e 369 secondi: quelli che gli americani, ai tempi di Curiosity, chiamarono «i 5 minuti di terrore». La strumentazione del lander invierà i dati alla Terra - facendo ponte con un orbiter Nasa - per quattro giorni. Il Tgo intanto comincerà, utilizzando i pannelli solari come ali per frenare, una fase lunga un anno per posizionarsi su un’orbita circolare a 400 chilometri d’altezza.
Sarà la prova generale per la missione 2018, quando su Marte arriverà un rover da 350 chilogrammi: diciamo se gli americani con Curiosity ne hanno spedito uno grande come un Suv, l’Europa manderà un’utilitaria. Più piccolo ma più funzionale. Avrà la possibilità di trivellare fino a due metri di profondità, quando Curiosity si limita a grattare pochi centimetri: si analizzeranno così strati dove le eventuali tracce di vita sono al riparo delle radiazioni.
L’Italia guida l’impresa contribuendo con il 32,8% del miliardo di euro previsto. Al momento, però, servono altri 195 milioni. «Stiamo chiedendo il supporto del governo - dice Delfina Bertolotto, capo della divisione «Volo umano» dell’Asi - perché è fondamentale per l’Italia. Francia e Germania devono fare la loro parte, visto che i ritorni industriali gli sono stati già assegnati».
All’inizio partner dell’Esa era la Nasa che, nel 2011, si è sfilata. A marzo 2013 è così stato trovato un accordo con i russi. Ora la speranza è che regga a lungo: se per il 2016 tutto è finanziato, l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche legate alla crisi ucraina potrebbe mettere a rischio la vera grande sfida. E rallentare la corsa europea al Pianeta Rosso.
Fonte: La Stampa