Per qualche minuto, domenica sera, a San Siro si è temuto di rivivere la folle notte di Genova del 13 ottobre 2010 quando Italia-Serbia non si giocò per la furia degli ultrà di Belgrado. Stavolta sono stati gli hooligan di Zagabria a provare a diventare protagonisti in un match di qualificazione europea, Italia-Croazia.
Il lancio di petardi e fumogeni - alcuni addirittura con pistole lanciarazzi entrate chissà come nello stadio, a quanto raccontano le traiettorie - è riuscito solo a far scappare molte famiglie. A margine della partita, diciassette persone sono state arrestate dalle forze dell’ordine in seguito ai disordini scoppiati fuori dallo stadio e per il lancio di oggetti nei confronti delle forze dell’ordine. «Ho già chiesto scusa all’Italia, ora la chiedo a tutti», dice amaro il ct Kovac. Inevitabili le sanzioni Uefa, anche perché la tifoseria croata è recidiva («è successo già in Svizzera», ha ricordato Kovac). La sconfitta a tavolino sembra esclusa dal fatto che il sangue freddo dell’arbitro Kuipers e l’ingresso della polizia nel settore caldo hanno fermato la tempesta di razzi che ha costretto allo stop di una decina di minuti, dopo quello breve nel primo tempo dopo il gol di Perisic e per un altro paio di minuti poco prima del lungo stop. «Ci saranno sanzioni, ma il risultato rimarrà 1-1», dice Kovac. Non è da escludere una squalifica del campo croato, ma anche l’Italia potrebbe subire una sostanziosa multa per i problemi organizzativi: l’ingresso allo stadio di petardi ed eventuali lanciarazzi ricade nella responsabilità del paese ospitante. «Quei tifosi non rappresentano la Croazia», dicono in coro l’interista Kovacic e il madridista Modric. In effetti, il responsabile della sicurezza al seguito della Croazia, Zoran Cvrk, sostiene che i 300 Bad blu boys Zagreb non facevano parte del contingente di circa 10.000 tifosi che avevano comprato il biglietto attraverso la federazione croata. «L’hanno fatto attraverso prestanome italiani», la dura accusa. Dietro la protesta, raccontano i media di Zagabria, ci sarebbe la protesta contro il presidente della locale federazione e quello della Dinamo. «In campo - racconta il team manager azzurro Oriali - ho detto ai croati: peccato, avete una gran bella squadra ma rischiate di vanificare tutto, con uno 0-3 a tavolino. «Non sono nostri tifosi», mi hanno detto, e io ho risposto «di certo non sono italiani...». «Questo non è calcio - la presa di posizione di Kovac, che al momento dello stop è andato sotto il settore caldo a cercare di calmare con i gesti i tifosi, mentre la polizia in assetto anti-sommossa entrava e sgomberava il settore - c’erano famiglie, c’erano bambini. Quelle persone hanno già fatto cose del genere, ma ora basta. Non rappresentano il popolo croato, che è pacifico e amichevole». «Ho avuto davvero paura che non si giocasse più - chiude Conte - L’arbitro era molto determinato, quando siamo rientrati nello spogliatoio: se non avessero smesso, la partita non sarebbe ripresa». (Corriere della Sera)
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