Nell’aula della Camera, è appena arrivato il decreto che vuole essere il Patrioct Act italiano: quello che, in nome dell'anti-terrorismo, è disposto a setacciare le nostre vite digitali, impadronirsi dei nostri dati sensibili e poi farne un po’ quel che gli pare.
Lo hanno scritto negli uffici del Viminale. E guai a provare a dare qualche consiglio: Angelino Alfano non ne ha voluto sapere. Dritto per la sua strada, ha aggiunto all’articolo 266-bis comma 1 del codice di procedura penale, che consente le intercettazioni informatiche, le seguenti parole: “anche attraverso l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico”. In pratica, lo Stato potrà, attraverso dei trojan – software denominati “captatori occulti” - inserirsi in un computer, in un tablet, in uno smartphone e acquisire, senza alcun controllo, tutti i dati contenuti in quel dispositivo. Attenzione, non sarà legittimato a farlo solo nelle indagini per terrorismo, ma per tutte le ipotesi di reato “commesse mediante l'impiego di tecnologie informatiche o telematiche”. Diciamo che è difficile immaginare, oggi, una qualsiasi attività che non sia veicolata, almeno in qualche suo passaggio, attraverso la tecnologia.
Elenca Quintarelli, informatico momentaneamente prestato a Scelta Civica: “Dalla diffamazione alla violazione del copyright, dai reati di opinione o all’ingiuria”, tutto transita per una tastiera. E il “Patriot Angelino Act” consentirà in oguno di questi casi l'intrusione mascherata nel patrimonio di immagini, testi, messaggi di posta, sms che chiunque si porta in tasca. Forse Alfano, non esattamente un fanatico delle intercettazioni, non si è ancora reso conto che, in confronto a quello che ha scritto, le telefonate registrate sono un capriccio da voyeur. Glielo spiega Quintarelli: “Una intercettazione riguarda comunicazioni, non documenti. L’acquisizione in questione riguarda tutto ciò che un utente ha fatto nella sua vita. Nel mio caso, ad esempio, prenderebbe le mail ed i miei documenti dal 1995 in poi. Stiamo parlando non di un momento nella vita, non di una comunicazione, ma dell’intera vita di una persona”. Ma adesso che si è messo a far la guerra all’Isis, evidentemente, per Alfano tutto è lecito, tutto è consentito. È che una decisione di tale portata meriterebbe una riflessione un po’ più approfondita di un emendamento scritto sull’onda di Tunisi e Charlie Hebdo. (da Il Fatto Quotidiano del 26/03/2015)
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