Hollywood ha compiuto un ulteriore passo, quello che gli ha permesso di superare l’ostacolo più difficile, la morte prematura di uno degli attori protagonisti. Il riferimento è in particolare a Fast and Furious 7, ennesimo episodio della saga dei duri delle corse da brivido, che proprio durante la sua realizzazione, nel novembre 2013, ha perso Paul Walker, uno dei suoi protagonisti della serie di grande successo, morto in un incidente stradale.
«La Universal è dovuta ricorrere a controfigure, pezzi di archivio e a far salire sul set i due fratelli di Walker, Cody e Caleb», spiega Hollywood Reporter. Ma tutto ciò evidentemente non è bastato: «Il regista James Wan - rivela il sito specializzato - è stato costretto a ricorrere all’aiuto di Peter Jackson, regista della saga del Signore degli anelli, e della sua Weta Digital». La società neozelandese è specializzata nella realizzazione di effetti speciali e creature a grandezza naturale per il grande schermo. «Alla Weta - svela Hollywood Reporter - è stato chiesto di portare a compimento l’opera più difficile, rianimare Paul Walker».
Chi ha visto la pellicola, che in quasi tutto il mondo esce all’inizio d’aprile (in Italia il 2), Walker sembra recitare dall’inizio alla fine del film. Un precedente di portata rivoluzionaria «perché consente di far rivivere un attore utilizzando esclusivamente materiale digitale». Un risultato che proietta Hollywood verso una dimensione nuova, già sperimentata solo da alcune pubblicità, come lo spot del whisky Johnny Walker in cui appare un Bruce Lee mai visto prima. Sulle tecniche utilizzate in Furious 7 vige il massimo riserbo, «si tratta di segreti industriali», dicono i diretti interessati. Ma sul risultato non ci sono dubbi, tanto che Vin Diesel, protagonista storico di Fast and Furious, sostiene che «il film merita l’Oscar». E questa volta l’Academy, tradizionalmente poco incline a premiare il cinema d’azione, potrebbe far cadere il tabù sotto la spinta di una rivoluzione tecnologica che in America hanno già definito «Hollywood 3.0». (La Stampa)
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