Intanto Kamelia era ritornata in città e la distanza fra lei e le guardie che la perseguivano, si era notevolmente ridotta, ormai la stanchezza pervadeva nel corpo di Kamelia, sfinita e quasi impossibilitata nel mantenere quell'effimera distanza: Non c'era altro modo che giocare di strategia.
Conosceva molto bene la struttura del palazzo Reale, tante volte analizzata con l'elaborazione di numerose strategie per attaccare direttamente il Nucleo, il sovrano per l'esattezza, cercando la vendetta che tanto brama da ormai troppo tempo, covando dentro un odio atroce.
Usò il cervello, più di quanto già non facesse: Era intelligente dirigersi verso il carcere, con l'ingresso presidiato da una guardia, facilmente atterrata da un colpo possente di coda da parte di Kamelia, nuotando ancor più veloce, per cercare di trovare un ultimo distanziamento considerevole fra lei e gli inseguitori.
Kamelia: "...Il carcere è l'unico posto sicuro.. La sua struttura labirintica è fondamentale per sfuggire alla morsa di quei pesciolini corazzati.. Non sono mai entrata qui, ma ne ho potuto osservare la struttura complessa nella biblioteca del Palazzo Reale.. Nessuna guardia conosce davvero questo posto, nessuno in generale è capace di uscire da qui, non nel mio caso: Io non sono "nessuno" e non saranno quattro sbarre a frenare il mio desiderio di vendetta!" -pensò mentre nuotava a tutta forza, inoltrandosi nel labirinto roccioso, ricco di sbarre e alghe calanti, dirigendosi verso il basso, lungo una specie di scalinata ricavata dallo scavo nella roccia, ambientandosi nelle ancor più gelide acque del posto, non badando troppo a ciò che la circondava, ma solo alla visione utopica della sua libertà-.
Intanto Luana percorreva cautamente i lunghi e stretti corridoi rocciosi della prigione, ricchi di celle, sbarre di corallo separavano la libertà dalla reclusione, molte vuote, altre con criminosi soggetti che più che odio, emanavano paura, rassegnazione, desolazione. Era lì, abbandonati a loro stessi e alla loro triste fine futura, soli come dovevano stare, e pagare come dovevano pagare, senza una rassicurazione, senza aiuto, senza nessuno.
Luana li osservò tutti, voleva cercare il "criminoso soggetto" che era sua madre, ma senza concludere ancora nulla: si guadagnò solo lo sguardo vuoto dei prigionieri e l'immedesimazione in loro, cercando lontanamente di provare a pensare al loro martirio silenzioso.
Luana: "Ho paura.. Ho paura di come potrei reagire alla vista, in simili condizioni, di mamma.. Cosa le potrei dimostrare? Il coraggio che non ho? Beh però c'è da dire che la devo prima trovare, e poi posso pensare a fare questo ragionamento.. Adesso è totalmente inutile.." -continuando a guardarsi a destra e sinistra in attesa, ansiosamente, di trovare sua madre, troppo tempo stata lontana da lei, lontana dal suo affetto-.
Ogni corridoio era uguale all'altro, un labirinto, con curve che sembravano condurre chissà dove e poi, o trovavi davanti un altro corridoio perfettamente uguale al precedente, oppure vicoli ciechi dove il buio regnava, e non solo lì, ma anche nelle singole celle, ostacolando la vista dei prigionieri, rappresentando teatralmente la loro condizione.
Era stanca; stanca di quel continuo tramazzo; stanca della ricerca; stanca dei pessimi risultati raggiunti. Si appoggiò ad una parete, proprio di fianco ad una delle numerose ed identiche celle, evitando di abbandonarsi a terra, limitando il suo sguardo alla vista del prigioniero che abitava nel piccolo angolo sbarrato affianco a lei.. eccola!
Luana: "..Mi sento così sola che non riesco più a trovare dei motivi per andare avanti.. Vorrei abbandonare me stessa, ma chi potrebbe pensare a mia mamma? Nessuno pensa a voi perchè siete prigionieri, figuriamoci una libera sirena, sparita chissà dove.. Non mi sembra affatto giusto.." -volgendo lo sguardo al prigioniero accanto a lei, in cella, senza però guardarlo in faccia-
???: "Lamentarsi di ciò.. che si ha davanti agli occhi.. ecco...
Conosceva molto bene la struttura del palazzo Reale, tante volte analizzata con l'elaborazione di numerose strategie per attaccare direttamente il Nucleo, il sovrano per l'esattezza, cercando la vendetta che tanto brama da ormai troppo tempo, covando dentro un odio atroce.
Usò il cervello, più di quanto già non facesse: Era intelligente dirigersi verso il carcere, con l'ingresso presidiato da una guardia, facilmente atterrata da un colpo possente di coda da parte di Kamelia, nuotando ancor più veloce, per cercare di trovare un ultimo distanziamento considerevole fra lei e gli inseguitori.
Kamelia: "...Il carcere è l'unico posto sicuro.. La sua struttura labirintica è fondamentale per sfuggire alla morsa di quei pesciolini corazzati.. Non sono mai entrata qui, ma ne ho potuto osservare la struttura complessa nella biblioteca del Palazzo Reale.. Nessuna guardia conosce davvero questo posto, nessuno in generale è capace di uscire da qui, non nel mio caso: Io non sono "nessuno" e non saranno quattro sbarre a frenare il mio desiderio di vendetta!" -pensò mentre nuotava a tutta forza, inoltrandosi nel labirinto roccioso, ricco di sbarre e alghe calanti, dirigendosi verso il basso, lungo una specie di scalinata ricavata dallo scavo nella roccia, ambientandosi nelle ancor più gelide acque del posto, non badando troppo a ciò che la circondava, ma solo alla visione utopica della sua libertà-.
Intanto Luana percorreva cautamente i lunghi e stretti corridoi rocciosi della prigione, ricchi di celle, sbarre di corallo separavano la libertà dalla reclusione, molte vuote, altre con criminosi soggetti che più che odio, emanavano paura, rassegnazione, desolazione. Era lì, abbandonati a loro stessi e alla loro triste fine futura, soli come dovevano stare, e pagare come dovevano pagare, senza una rassicurazione, senza aiuto, senza nessuno.
Luana li osservò tutti, voleva cercare il "criminoso soggetto" che era sua madre, ma senza concludere ancora nulla: si guadagnò solo lo sguardo vuoto dei prigionieri e l'immedesimazione in loro, cercando lontanamente di provare a pensare al loro martirio silenzioso.
Luana: "Ho paura.. Ho paura di come potrei reagire alla vista, in simili condizioni, di mamma.. Cosa le potrei dimostrare? Il coraggio che non ho? Beh però c'è da dire che la devo prima trovare, e poi posso pensare a fare questo ragionamento.. Adesso è totalmente inutile.." -continuando a guardarsi a destra e sinistra in attesa, ansiosamente, di trovare sua madre, troppo tempo stata lontana da lei, lontana dal suo affetto-.
Ogni corridoio era uguale all'altro, un labirinto, con curve che sembravano condurre chissà dove e poi, o trovavi davanti un altro corridoio perfettamente uguale al precedente, oppure vicoli ciechi dove il buio regnava, e non solo lì, ma anche nelle singole celle, ostacolando la vista dei prigionieri, rappresentando teatralmente la loro condizione.
Era stanca; stanca di quel continuo tramazzo; stanca della ricerca; stanca dei pessimi risultati raggiunti. Si appoggiò ad una parete, proprio di fianco ad una delle numerose ed identiche celle, evitando di abbandonarsi a terra, limitando il suo sguardo alla vista del prigioniero che abitava nel piccolo angolo sbarrato affianco a lei.. eccola!
Luana: "..Mi sento così sola che non riesco più a trovare dei motivi per andare avanti.. Vorrei abbandonare me stessa, ma chi potrebbe pensare a mia mamma? Nessuno pensa a voi perchè siete prigionieri, figuriamoci una libera sirena, sparita chissà dove.. Non mi sembra affatto giusto.." -volgendo lo sguardo al prigioniero accanto a lei, in cella, senza però guardarlo in faccia-
???: "Lamentarsi di ciò.. che si ha davanti agli occhi.. ecco...