La pressione internazionale sull’Iran si fa sempre più forte. Da quando l’Agenzia internazionale sul nucleare (Aiea) ha diffuso l’allarme che il regime di Ahmadinejad sta lavorando a una bomba atomica, si è aperta la crisi. Le diplomazie di mezzo mondo sono in campo per cercare di attutire gli attriti, ma – tra giochi di specchi, affari e intrighi – seguire i fili e soprattutto chi li tira è un’impresa ardua. Banisadr, primo presidente iraniano, ora in esilio in Francia, spiega la sua visione.
L'INTERVISTA
Presidente Banisadr, cosa pensa del rapporto Aiea sullo sviluppo del nucleare iraniano a scopi militari?
«Quando le agenzie possono lavorare liberamente nel prevenire la diffusione delle armi nucleari va tutto bene, ma questa non è un’agenzia indipendente. Perde la sua efficacia perché troppo dipendente da America e Occidente».
Ahmadinejad conferma il piano di armi nucleare.
«Ahmadinejad cambia spesso opinione, non è mai trasparente, rappresenta l’interesse di una piccola minoranza e non ha l’appoggio del popolo iraniano. Non può far vedere quale sia la realtà e quale siano i loro veri affari. Di certo questa situazione di continua crisi gli fa comodo».
Perché?
«Cerca di compattare il popolo contro la minaccia americana e occidentale».
Si avvicina una guerra contro l’Iran?
«Credo di sì».
Il ruolo degli Usa?
«A loro interessa il petrolio e il gas, senza contare che un’altra guerra sarebbe una manna dal cielo per una parte della loro economia. Il loro scopo resta quello di avere sotto controllo le fonti di energia, fare accordi con i Paesi ricchi di petrolio e gas perché accettino le loro volontà e continuino a riconoscere il dollaro come moneta di riferimento internazionale ».
Che tipo di rapporto esiste con Israele?
«Molto stretto. Esistono rapporti, come l’Irangate, che parlano di uno scambio di armi tra questi paesi. La rivalità è solo di facciata: Iran, Israele e Stati Uniti stringono affari e rapporti molti fitti».
Qual è l’obiettivo del regime iraniano?
«Solo quello di tenere il potere e fare affari. Usa ed Europa in realtà lo appoggiano, non sono affatto interessati alla questione dei diritti umani».
Che fine ha fatto la Rivoluzione Verde?
«Il Movimento Verde non era omogeneo e compatto a favore del popolo perché era stato fondato da un gruppo riformista che faceva parte del regime. I riformisti vogliono solo cambiare alcune cose e puntare al potere, il popolo invece vuole una rivoluzione radicale per poi ripartire da zero. Per questo la rivoluzione verde è fallita».
E adesso?
«Il popolo ha capito che la strada dei riformisti non porta da nessuna parte. Non siamo più in strada, ma si sta facendo un gran lavoro di resistenza».
C’è un filo che vi unisce alle altre rivoluzioni arabe?
«Ci unisce il bisogno di libertà e di giustizia. Noi però abbiamo un passato rivoluzionario più lungo e abbiamo già capito alcune cose come l’importanza del ruolo delle donne e il fatto che il governo deve essere assolutamente laico. Potere e religione non possono mai andare d’accordo».
SI MUOVE LA FARNESINA di Sabino Minelli
La repressione in Siria, le vittime di piazza in Egitto alla vigilia delle elezioni, la questione del nucleare in Iran e la stabilizzazione in Afghanistan. Entra nel vivo, con questi dossier, l’attività diplomatica di Giulio Terzi di Sant’Agata, atteso in Kuwait per la prima missione all’estero come responsabile della Farnesina del governo Monti. Il capo della diplomazia italiana è volato a Kuwait City dove oggi prenderà parte all’ 8ª riunione ministeriale G8/BMena- Forum for the Future, un partenariato non strutturato fra i Paesi del G8 e i membri della Lega Araba, più Pakistan, Afghanistan e Turchia, per sostenere le riforme e il progresso socio- economico della regione. La riunione non potrà che focalizzarsi sui fremiti che attraversano il mondo arabo, costati finora il potere al tunisino Ben Ali e all’egiziano Mubarak e la vita all’ex dittatore libico Gheddafi. Nei primi contatti telefonici, Terzi ha già espresso «profonda preoccupazione» per il sangue quotidianamente versato in Siria e condanna per «la repressione» del regime di Assad. Sul tema dei progetti nucleari dell’Iran, denunciati dall’Aiea, il ministro ha fatto sapere che l’Italia ritiene sia giunto il momento di «intensificare la pressione» su Tehran anche con nuove sanzioni, che Roma è pronta a sostenere in sede europea.
L'INTERVISTA
Presidente Banisadr, cosa pensa del rapporto Aiea sullo sviluppo del nucleare iraniano a scopi militari?
«Quando le agenzie possono lavorare liberamente nel prevenire la diffusione delle armi nucleari va tutto bene, ma questa non è un’agenzia indipendente. Perde la sua efficacia perché troppo dipendente da America e Occidente».
Ahmadinejad conferma il piano di armi nucleare.
«Ahmadinejad cambia spesso opinione, non è mai trasparente, rappresenta l’interesse di una piccola minoranza e non ha l’appoggio del popolo iraniano. Non può far vedere quale sia la realtà e quale siano i loro veri affari. Di certo questa situazione di continua crisi gli fa comodo».
Perché?
«Cerca di compattare il popolo contro la minaccia americana e occidentale».
Si avvicina una guerra contro l’Iran?
«Credo di sì».
Il ruolo degli Usa?
«A loro interessa il petrolio e il gas, senza contare che un’altra guerra sarebbe una manna dal cielo per una parte della loro economia. Il loro scopo resta quello di avere sotto controllo le fonti di energia, fare accordi con i Paesi ricchi di petrolio e gas perché accettino le loro volontà e continuino a riconoscere il dollaro come moneta di riferimento internazionale ».
Che tipo di rapporto esiste con Israele?
«Molto stretto. Esistono rapporti, come l’Irangate, che parlano di uno scambio di armi tra questi paesi. La rivalità è solo di facciata: Iran, Israele e Stati Uniti stringono affari e rapporti molti fitti».
Qual è l’obiettivo del regime iraniano?
«Solo quello di tenere il potere e fare affari. Usa ed Europa in realtà lo appoggiano, non sono affatto interessati alla questione dei diritti umani».
Che fine ha fatto la Rivoluzione Verde?
«Il Movimento Verde non era omogeneo e compatto a favore del popolo perché era stato fondato da un gruppo riformista che faceva parte del regime. I riformisti vogliono solo cambiare alcune cose e puntare al potere, il popolo invece vuole una rivoluzione radicale per poi ripartire da zero. Per questo la rivoluzione verde è fallita».
E adesso?
«Il popolo ha capito che la strada dei riformisti non porta da nessuna parte. Non siamo più in strada, ma si sta facendo un gran lavoro di resistenza».
C’è un filo che vi unisce alle altre rivoluzioni arabe?
«Ci unisce il bisogno di libertà e di giustizia. Noi però abbiamo un passato rivoluzionario più lungo e abbiamo già capito alcune cose come l’importanza del ruolo delle donne e il fatto che il governo deve essere assolutamente laico. Potere e religione non possono mai andare d’accordo».
SI MUOVE LA FARNESINA di Sabino Minelli
La repressione in Siria, le vittime di piazza in Egitto alla vigilia delle elezioni, la questione del nucleare in Iran e la stabilizzazione in Afghanistan. Entra nel vivo, con questi dossier, l’attività diplomatica di Giulio Terzi di Sant’Agata, atteso in Kuwait per la prima missione all’estero come responsabile della Farnesina del governo Monti. Il capo della diplomazia italiana è volato a Kuwait City dove oggi prenderà parte all’ 8ª riunione ministeriale G8/BMena- Forum for the Future, un partenariato non strutturato fra i Paesi del G8 e i membri della Lega Araba, più Pakistan, Afghanistan e Turchia, per sostenere le riforme e il progresso socio- economico della regione. La riunione non potrà che focalizzarsi sui fremiti che attraversano il mondo arabo, costati finora il potere al tunisino Ben Ali e all’egiziano Mubarak e la vita all’ex dittatore libico Gheddafi. Nei primi contatti telefonici, Terzi ha già espresso «profonda preoccupazione» per il sangue quotidianamente versato in Siria e condanna per «la repressione» del regime di Assad. Sul tema dei progetti nucleari dell’Iran, denunciati dall’Aiea, il ministro ha fatto sapere che l’Italia ritiene sia giunto il momento di «intensificare la pressione» su Tehran anche con nuove sanzioni, che Roma è pronta a sostenere in sede europea.