José Mourinho esulta e lancia baci ai tifosi interisti, senza trattenere le lacrime: al termine della vittoria in finale di Champions col Bayern, abbracci in campo al Bernabeu tra tutti i giocatori, con il capitano Zanetti in lacrime. E, appunto, non ha saputo trattenerle neanche Mourinho.
"Voglio essere l'unico allenatore che vince Champions con tre squadre diverse. E' più possibile che vada via piuttosto che io rimanga". Con queste parole ha dato praticamente l'addio all'Inter al termine della partita. "La squadra nerazzurra mi piacerà per sempre", ha aggiunto.
"Solo il Real si è interessato a me, ma io non ho parlato con nessuno e non ho firmato nulla: ho promesso che avrei parlato dopo la finale".
"Io quando vinco non mi fermo, e qui ho vinto tutto: ho vinto la Champions con due club, posso farlo con tre". Poi il rapporto con l'Italia: "Tante cose non mi sono piaciute: da 3-4 mesi penso di andare via".
Il portoghese, che ha stretto la mano al rivale Van Gaal un minuto prima del fischio finale, ha abbracciato il presidente Moratti sceso anche lui sul terreno di gioco, ha pianto, e poi ha portato in giro per il campo il figlio, a cavalcioni sulle sue spalle.
L'abbraccio forte con Diego Milito, poi la stretta di mano alla panchina del Bayern, poi i pugni alzati verso la curva: la notte di Mourinho finisce insomma con la sua seconda Champions alzata nel cielo di una città che potrebbe presto essere la sua casa. Da 'special' a 'ganador', cambia la lingua ma il concetto è sempre lo stesso: Mourinho è un vincente con lo stile da vincente che non ha eguali nel calcio. Fa fatica a trattenere le lacrime mentre Javier Zanetti gli ripete "sei un grande, sei un grande". E' un invito a restare ancora perché di Champions con l'Inter ne può vincere ancora. Il figlio José junior gli sale sulle spalle e anche lui si gode lo spettacolo di un'altra partita gestita da suo padre con la solita capacità di avere il meglio dai suoi uomini.
Perché lui è sempre in piedi, a un metro dal campo, il più vicino possibile alla sua squadra che osserva, incita, applaude e striglia. Ci impiega meno di tre minuti per uscire dall'area tecnica ed esibire una delle sue smorfie che fanno tanto cinema e tanto piacciono alle telecamere. Sarà anche stato il suo "capo", ma con Van Gaal proprio non c'entra nulla: il tecnico olandese resta sempre seduto in panchina, con quella faccia mono-espressione inutilizzabile anche per una pubblicità di formaggini.
Quando segna Milito, Mourinho fa l'opposto degli altri: i giocatori della panchina corrono esultando verso il campo, lui se ne va verso la panchina a bere. Ovvio. Ma la tensione è tanta e rimane fino alla fine, non è come nel 2004 quando vinse con il Porto passando l'ultima mezz'ora seduto a parlare con i suoi collaboratori perché tanto vinceva 3-0. Il Bayern ci prova ma c'è il Principe in campo e il Principe non sbaglia praticamente mai. Dopo il secondo gol di Milito, non può sfuggire all'abbraccio di Materazzi ma è un attimo, un attimo solo di esultanza, perché poi invita tutti alla calma. Ma è la serata dell'Inter, non c'è Robben che tenga a rovinarla e la lunga notte di Mourinho è un'altra notte di trionfi che lo rende, a soli 47 anni, uno dei tecnici più vincenti in attività. "Dove c'è un campo, un pallone e dei giocatori io sarò felice', ha detto ieri. Non male essere felici al Bernabeu con una Champions in mano.
"Solo il Real si è interessato a me, ma io non ho parlato con nessuno e non ho firmato nulla: ho promesso che avrei parlato dopo la finale".
"Io quando vinco non mi fermo, e qui ho vinto tutto: ho vinto la Champions con due club, posso farlo con tre". Poi il rapporto con l'Italia: "Tante cose non mi sono piaciute: da 3-4 mesi penso di andare via".
Il portoghese, che ha stretto la mano al rivale Van Gaal un minuto prima del fischio finale, ha abbracciato il presidente Moratti sceso anche lui sul terreno di gioco, ha pianto, e poi ha portato in giro per il campo il figlio, a cavalcioni sulle sue spalle.
L'abbraccio forte con Diego Milito, poi la stretta di mano alla panchina del Bayern, poi i pugni alzati verso la curva: la notte di Mourinho finisce insomma con la sua seconda Champions alzata nel cielo di una città che potrebbe presto essere la sua casa. Da 'special' a 'ganador', cambia la lingua ma il concetto è sempre lo stesso: Mourinho è un vincente con lo stile da vincente che non ha eguali nel calcio. Fa fatica a trattenere le lacrime mentre Javier Zanetti gli ripete "sei un grande, sei un grande". E' un invito a restare ancora perché di Champions con l'Inter ne può vincere ancora. Il figlio José junior gli sale sulle spalle e anche lui si gode lo spettacolo di un'altra partita gestita da suo padre con la solita capacità di avere il meglio dai suoi uomini.
Perché lui è sempre in piedi, a un metro dal campo, il più vicino possibile alla sua squadra che osserva, incita, applaude e striglia. Ci impiega meno di tre minuti per uscire dall'area tecnica ed esibire una delle sue smorfie che fanno tanto cinema e tanto piacciono alle telecamere. Sarà anche stato il suo "capo", ma con Van Gaal proprio non c'entra nulla: il tecnico olandese resta sempre seduto in panchina, con quella faccia mono-espressione inutilizzabile anche per una pubblicità di formaggini.
Quando segna Milito, Mourinho fa l'opposto degli altri: i giocatori della panchina corrono esultando verso il campo, lui se ne va verso la panchina a bere. Ovvio. Ma la tensione è tanta e rimane fino alla fine, non è come nel 2004 quando vinse con il Porto passando l'ultima mezz'ora seduto a parlare con i suoi collaboratori perché tanto vinceva 3-0. Il Bayern ci prova ma c'è il Principe in campo e il Principe non sbaglia praticamente mai. Dopo il secondo gol di Milito, non può sfuggire all'abbraccio di Materazzi ma è un attimo, un attimo solo di esultanza, perché poi invita tutti alla calma. Ma è la serata dell'Inter, non c'è Robben che tenga a rovinarla e la lunga notte di Mourinho è un'altra notte di trionfi che lo rende, a soli 47 anni, uno dei tecnici più vincenti in attività. "Dove c'è un campo, un pallone e dei giocatori io sarò felice', ha detto ieri. Non male essere felici al Bernabeu con una Champions in mano.