Drake è di nuovo in pista. E stavolta c'è in ballo qualcosa di grosso. Ancora una volta i miraggi archeologici che Nathan insegue con risoluta convinzione sono gli stessi avvistati dal suo antenato, quel Sir Francis Drake che l'aveva già condotto ad El Dorado nel primo capitolo. Ma ne “L'Inganno di Drake” la posta sembra essere più alta: si parla della città di Ubar, inghiottita dalla sabbia, sepolta nel deserto per volontà divina. Cresciuta in ricchezze e in corruzione, e cancellata dalla faccia della terra da una tempesta ancestrale, questa “Atlantide delle Sabbie” è una vera e propria chimera dell'archeologia moderna, un abbaglio seducente per il quale molti hanno perso la vita. Eppure la traccia di Drake sembra essere solida, nitida, ben definita. Ma c'è qualcuno che è pronto a mettersi fra Nathan e la gloria: si tratta, stavolta, di un'insidia più subdola che in precedenza, una mano strisciante ed invisibile la cui ombra emerge dal passato. In Uncharted 3 il team riesce finalmente ad opporre al giocatore un nemico iconico e -a suo modo- terribile. Dopo i traviati archeologi desiderosi di potere e i mercenari senza scrupoli, arriva d'un tratto una donna risoluta, spietata, a capo di una società segreta che opera nell'oscurità da oltre quattro secoli, tirando i fili di una lunga cospirazione globale. Katherine Marlowe, lo scoprirà il giocatore già nelle prime fasi dell'avventura, è un avversario spietato e cinico. Manipolatrice di mestiere, sa leggere le persone, per sfruttare i loro desideri e le loro paure. Non mancano ovviamente uomini d'azione più adatti a contenere l'irruenza di Drake, mostrando una cieca dedizione alla causa ed una snervante compostezza, ma la “minaccia” di quest'avventura mostrerà più generalmente uno stampo del tutto particolare. E particolarissimo è anche lo svolgersi della trama, che segue in fondo un canovaccio ben definito, ma riesce a risultare vivacissima, corale, colma di colpi di scena e momenti sinceramente memorabili. Sulle prime sembra di partecipare ad un lungo e movimentato viaggio, che di tappa in tappa ci conduce per il mondo ad inseguire indizi ed intuizioni. Ma poco a poco si capisce che nell'ostinazione di Drake c'è qualcosa in più: c'è sempre stato, forse, nella sua risolutezza, in quell'ansia per l'avventura e la scoperta, come il bisogno di riappropriasi del suo passato, inseguendo i sogni di un antenato che sente irrimediabilmente vicino. Come Indiana Jones ne “L'Ultima Crociata” (un film a cui Uncharted 3 deve moltissimo), è un piccolo libretto in cui Nathan raccoglie le annotazioni e gli indizi dell'esploratore che ci guida per l'Europa, a Londra e nelle Francia del sud, e poi in medio oriente, fra gli altipiani della Siria e dello Yemen.
Nelle Cut-Scene che intervallano la progressione, sempre ritmata e ben diretta, si riscopre -grazie all'eccellenza della recitazione digitale- una inaspettata profondità psicologica dei personaggi, caratterizzati in maniera semplicemente impeccabile. Sono i gesti, i giochi di sguardi, e l'eccellenza doppiaggio italiano (ancora inferiore, per qualità recitativa, a quello originale, ma sempre espressivo e con voci non troppo stereotipate), che veicolano una estesa gamma di emozioni, delineando meglio che in passato l'intreccio di rapporti ed il trasporto dei protagonisti. L'entusiasmo di Nathan è smorzato stavolta da un rapporto affettivo tutto particolare, consumato e logoro, ma sempre pronto a riscoprirsi, con una donna che è sempre più stanca delle rinunce e delle incertezze di una vita al limite. Dall'altra parte c'è Sullivan, che ancora riesce a farsi trascinare da Drake nelle imprese più assurde, mentre dietro alla sua figura in qualche modo paterna si nasconde l'interesse disincantato per il proprio tornaconto. Uno dei sicuri meriti di Uncharted 3, dunque, è quello di saper approfondire e far evolvere la caratterizzazione dei propri personaggi. Appena abbozzato nel primo episodio, molto più evidente in “Among Thieves”, il “peso caratteriale” di eroi che abbiamo imparato a conoscere diventa qui una parte fondamentale dell'economia narrativa, celebrata da una sceneggiatura praticamente perfetta. Naughty Dog, consapevole di avere per le mani interpreti oramai ben conosciuti dal pubblico dei fan, gioca anche con l'orizzonte delle aspettative, regalando qualche sequenza davvero inaspettata, come un lungo flashback che ci mette nei panni di un Nathan molto più giovane, al suo primo incontro con Victor Sully, o come i momenti che svelano le correlazioni fra Marlowe e l'eredità di Drake. Così come fu per la frusta di Indiana Jones, o per lo zaino di Lara Croft, insomma, certe scene restano scolpite nella memoria dell'utente: segno che il team di sviluppo ha saputo davvero reinterpretare l'immaginario dell'archeologo avventuroso, collegandosi con le grandi produzioni cinematografiche degli anni ottanta, e superando i risultati dell'avventuriera Eidos, per consegnare a questa generazione il suo nuovo “eroe buono”.Ma al di là di questo, la capacità più esemplare della trama è quella di tenere sempre il giocatore con il fiato sospeso, ad aspettare il disvelamento dell'Inganno accennato nel sottotitolo. In Uncharted 3 non tutto è quel che sembra, e fino al culmine dell'intenso finale il plot fa scattare le sue trappole, per lasciare sinceramente stupito il giocatore.
Consiglio questo gioco a tutti i possessori della piattaforma PS3!
Nelle Cut-Scene che intervallano la progressione, sempre ritmata e ben diretta, si riscopre -grazie all'eccellenza della recitazione digitale- una inaspettata profondità psicologica dei personaggi, caratterizzati in maniera semplicemente impeccabile. Sono i gesti, i giochi di sguardi, e l'eccellenza doppiaggio italiano (ancora inferiore, per qualità recitativa, a quello originale, ma sempre espressivo e con voci non troppo stereotipate), che veicolano una estesa gamma di emozioni, delineando meglio che in passato l'intreccio di rapporti ed il trasporto dei protagonisti. L'entusiasmo di Nathan è smorzato stavolta da un rapporto affettivo tutto particolare, consumato e logoro, ma sempre pronto a riscoprirsi, con una donna che è sempre più stanca delle rinunce e delle incertezze di una vita al limite. Dall'altra parte c'è Sullivan, che ancora riesce a farsi trascinare da Drake nelle imprese più assurde, mentre dietro alla sua figura in qualche modo paterna si nasconde l'interesse disincantato per il proprio tornaconto. Uno dei sicuri meriti di Uncharted 3, dunque, è quello di saper approfondire e far evolvere la caratterizzazione dei propri personaggi. Appena abbozzato nel primo episodio, molto più evidente in “Among Thieves”, il “peso caratteriale” di eroi che abbiamo imparato a conoscere diventa qui una parte fondamentale dell'economia narrativa, celebrata da una sceneggiatura praticamente perfetta. Naughty Dog, consapevole di avere per le mani interpreti oramai ben conosciuti dal pubblico dei fan, gioca anche con l'orizzonte delle aspettative, regalando qualche sequenza davvero inaspettata, come un lungo flashback che ci mette nei panni di un Nathan molto più giovane, al suo primo incontro con Victor Sully, o come i momenti che svelano le correlazioni fra Marlowe e l'eredità di Drake. Così come fu per la frusta di Indiana Jones, o per lo zaino di Lara Croft, insomma, certe scene restano scolpite nella memoria dell'utente: segno che il team di sviluppo ha saputo davvero reinterpretare l'immaginario dell'archeologo avventuroso, collegandosi con le grandi produzioni cinematografiche degli anni ottanta, e superando i risultati dell'avventuriera Eidos, per consegnare a questa generazione il suo nuovo “eroe buono”.Ma al di là di questo, la capacità più esemplare della trama è quella di tenere sempre il giocatore con il fiato sospeso, ad aspettare il disvelamento dell'Inganno accennato nel sottotitolo. In Uncharted 3 non tutto è quel che sembra, e fino al culmine dell'intenso finale il plot fa scattare le sue trappole, per lasciare sinceramente stupito il giocatore.
Consiglio questo gioco a tutti i possessori della piattaforma PS3!