Mettiamola così: in un mercato dei videogiochi perfetto, Trasformers: La Caduta di Cybertron dovrebbe vendere meglio di una buona metà dei maggiori blockbuster presenti all’E3. Questo non perché nel gioco ci sia un tirannosauro robot sputafuoco (anche se la cosa blocca automaticamente il giudizio in una scala da quattro stelle in su), e neanche perchè Matt Tieger, il Game Director del gioco, sia uno in grado di di discutere le differenze nella caratterizzazione di Jazz tra la versione G1 e le successive rimanendo serio (cosa che lo candida a eroe redazionale, oltre che al Nobel per la Geekitudine), ma per il semplice fatto che il gioco, come evidenziato dalla presentazione a porte chiuse cui abbiamo assistito e dalla nostra chiacchierata con i ragazzi di High Moon Studios, è frutto di cura e competenza, di perizia tecnica e dell’umiltà di tornare su scelte improvvide, di passione per i personaggi e sano pragmatismo.
LIBERO ROBOT IN LIBERA CYBERTRON
La libertà in questione è basata su tre pilastri: la complessità dei livelli, la varietà delle armi, e le trasformazioni dei protagonisti, con le abilità collegate. Ciascuna di queste caratteristiche è integrata alle altre, con il risultato che la giocabilità appare solida, ben progettata, ricca eppure asciutta. Un gioco di altri tempi, per certi versi. E nel senso migliore possibile. Ogni situazione di gioco, ogni assalto nemico, può essere risolto in più modi: gli scenari, pur non essendo il gioco open world in senso stretto, sono così ampi, nella maggior parte dei casi, da incoraggiare sia il frequente passaggio dalla modalità di battaglia a quella veicolo, che il ricorso alle abilità più dinamiche dei personaggi, primo fra tutti il già citato gancio retrattile di Jazz. La ricerca dell’approccio migliore è ovviamente legata alla scelta degli strumenti di distruzione più adatti per ogni occasione, che possono essere acquistati e potenziati da stazioni chiamate Teletraans. L’arsenale include il campionario abituale del genere, rielaborato ovviamente in versione robotica, ma anche armi vicine allo stile Ratchet & Clank, con tanto di funzioni secondarie come risucchiare l’energia dei nemici o creare torrette automatiche. Acquistare ogni potenziamento, assicura Tieger, sarà molto difficile in una singola partita, il che aggiunge un ulteriore livello di spessore all’azione.
Oltre a essere pensati per “funzionare” sotto il profilo puramente ludico, gli scenari appagano anche l’occhio: l’ampiezza, varietà e ricchezza grafica degli scenari, soprattutto se valutata alla luce della sovrabbondanza di corridoi e strutture anguste di La Battaglia per Cybertron, ci ha dato modo di apprezzare la solidità delle competenze degli High Moon Studios: difficilmente lo leggerai altrove, ma per solidità del frame rate, stile e imponenza degli scenari, Transformers LCdC è uno dei titoli graficamente più piacevoli visti nel corso dell’E3. Pensare che giri sul vetusto Unreal Engine 3 dovrebbe far riflettere quanti ritengono che semplicemente adottare un nuovo motore grafico sia in sé un pregio, senza soffermarsi a riflettere che se lo strumento tecnico è usato a dovere ed è funzionale al gioco, il lavoro extra richiesto per domare nuove librerie può essere meglio impiegato ripulendo o arricchendo il cuore del gioco.
LIBERO ROBOT IN LIBERA CYBERTRON
La libertà in questione è basata su tre pilastri: la complessità dei livelli, la varietà delle armi, e le trasformazioni dei protagonisti, con le abilità collegate. Ciascuna di queste caratteristiche è integrata alle altre, con il risultato che la giocabilità appare solida, ben progettata, ricca eppure asciutta. Un gioco di altri tempi, per certi versi. E nel senso migliore possibile. Ogni situazione di gioco, ogni assalto nemico, può essere risolto in più modi: gli scenari, pur non essendo il gioco open world in senso stretto, sono così ampi, nella maggior parte dei casi, da incoraggiare sia il frequente passaggio dalla modalità di battaglia a quella veicolo, che il ricorso alle abilità più dinamiche dei personaggi, primo fra tutti il già citato gancio retrattile di Jazz. La ricerca dell’approccio migliore è ovviamente legata alla scelta degli strumenti di distruzione più adatti per ogni occasione, che possono essere acquistati e potenziati da stazioni chiamate Teletraans. L’arsenale include il campionario abituale del genere, rielaborato ovviamente in versione robotica, ma anche armi vicine allo stile Ratchet & Clank, con tanto di funzioni secondarie come risucchiare l’energia dei nemici o creare torrette automatiche. Acquistare ogni potenziamento, assicura Tieger, sarà molto difficile in una singola partita, il che aggiunge un ulteriore livello di spessore all’azione.
Oltre a essere pensati per “funzionare” sotto il profilo puramente ludico, gli scenari appagano anche l’occhio: l’ampiezza, varietà e ricchezza grafica degli scenari, soprattutto se valutata alla luce della sovrabbondanza di corridoi e strutture anguste di La Battaglia per Cybertron, ci ha dato modo di apprezzare la solidità delle competenze degli High Moon Studios: difficilmente lo leggerai altrove, ma per solidità del frame rate, stile e imponenza degli scenari, Transformers LCdC è uno dei titoli graficamente più piacevoli visti nel corso dell’E3. Pensare che giri sul vetusto Unreal Engine 3 dovrebbe far riflettere quanti ritengono che semplicemente adottare un nuovo motore grafico sia in sé un pregio, senza soffermarsi a riflettere che se lo strumento tecnico è usato a dovere ed è funzionale al gioco, il lavoro extra richiesto per domare nuove librerie può essere meglio impiegato ripulendo o arricchendo il cuore del gioco.