Il 25 settembre la sfida tra le due squadre. Dallo scudetto del 1982 all'Heysel, da Baggio a Jovetic fino alle dichiarazioni di Della Valle contro la Fiat e il gruppo Agnelli, cronistoria dell'odio che divide le due società
Hai voglia a dire di "abbassare i toni", formuletta ecumenica sempre di moda. Qui invece i toni lievitano come fossero un soufflé. Ma non sono altrettanto dolci. La vigilia di Fiorentina-Juventus, match del prossimo 25 settembre, è già iniziata ed è a tinte accessisime. Tra pungulate di spillo e colpi di clava, Diego Della Valle spara a zero. Contro la Juventus, contro la famiglia Agnelli, contro la Fiat. Fiat che ha "obblighi verso questo Paese, visti i grandissimi aiuti ricevuti in questi anni dallo Stato". E John Elkann, che "non ha esperienza per ricoprire questo ruolo".
Alle bordate ha risposto indirettamente l'ad della Fiat, Sergio Marchionne: "Attacchino me, ma lascino in pace la Fiat". In gioco c'è la politica industriale italiana e il futuro di migliaia di posti di lavoro. Il calcio è solo un angolo di un tavolo di conversazione - e di lite, evidentemente - molto più ampio. Però proprio su questo angolino si concentrerà l'attenzione di molti da qui alla prossima settimana. E nuova legna arde sul fuoco dell'eterna rivalità tra Fiorentina e Juventus.
Simpatia reciproca non è mai esistita, anche in virtù del fatto che la tifoseria fiorentina è gemellata dagli anni Settanta con quella del Torino. Ma la situazione precipita nel 1982: le due squadre in testa a pari punti, all'ultima giornata la Juventus vince a Catanzaro mentre a Cagliari la Fiorentina pareggia con un gol annullato a Graziani negli ultimi minuti. Lo scudetto prende la direzione di Torino, e Firenze insorge: sospetti sull'arbitro, polemiche, aperte denunce del peso politico della società bianconera. Tre anni dopo la curva viola tocca il fondo esponendo uno striscione derisorio sulle vittime dell'Heysel una settimana dopo i fatti di Bruxelles: i ponti sono stati fatti saltare, tra le due tifoserie si allarga un fossato di odio puro.
Negli anni a seguire prima la cessione di Roberto Baggio alla Juventus, poi la Coppa Uefa vinta nel 1990 dalla Juventus proprio contro la Fiorentina peggiorano la situazione. Il 6 aprile 1991 Baggio torna a Firenze, alla sua prima in bianconero: rigore per la Juventus, che il numero 10 non tira. Il diretto interessato nega qualsiasi sentimentalismo, semplicemente il portiere della Fiorentina lo conosceva troppo bene, meglio che a calciarlo fosse un altro (sul dischetto ci andò poi De Agostini e Mareggini parò, la Fiorentina vinse 1-0). Lo stadio di Firenze fischiò Baggio per tutta la partita: alla fine lui raccolse una sciarpa viola gettata in campo e la portò via con sé.
Un gesto distensivo, uno dei pochi. L'ultimo episodio risale a questa estate: la Juventus vuole Jovetic, la Fiorentina lo blinda. Qalche settimana dopo circola la voce di un accordo già trovato per la cessione del montenegrino al Manchester City la prossima estate. L'impressione è che i Della Valle non l'abbiano voluto cedere anche per ragioni di immagine: vendere il pezzo da novanta della squadra, dopo una stagione negativa, tanto più ad un club nemico come la Juve avrebbe creato nella città un malumore difficilmente gestibile.
Hai voglia a dire di "abbassare i toni", formuletta ecumenica sempre di moda. Qui invece i toni lievitano come fossero un soufflé. Ma non sono altrettanto dolci. La vigilia di Fiorentina-Juventus, match del prossimo 25 settembre, è già iniziata ed è a tinte accessisime. Tra pungulate di spillo e colpi di clava, Diego Della Valle spara a zero. Contro la Juventus, contro la famiglia Agnelli, contro la Fiat. Fiat che ha "obblighi verso questo Paese, visti i grandissimi aiuti ricevuti in questi anni dallo Stato". E John Elkann, che "non ha esperienza per ricoprire questo ruolo".
Alle bordate ha risposto indirettamente l'ad della Fiat, Sergio Marchionne: "Attacchino me, ma lascino in pace la Fiat". In gioco c'è la politica industriale italiana e il futuro di migliaia di posti di lavoro. Il calcio è solo un angolo di un tavolo di conversazione - e di lite, evidentemente - molto più ampio. Però proprio su questo angolino si concentrerà l'attenzione di molti da qui alla prossima settimana. E nuova legna arde sul fuoco dell'eterna rivalità tra Fiorentina e Juventus.
Simpatia reciproca non è mai esistita, anche in virtù del fatto che la tifoseria fiorentina è gemellata dagli anni Settanta con quella del Torino. Ma la situazione precipita nel 1982: le due squadre in testa a pari punti, all'ultima giornata la Juventus vince a Catanzaro mentre a Cagliari la Fiorentina pareggia con un gol annullato a Graziani negli ultimi minuti. Lo scudetto prende la direzione di Torino, e Firenze insorge: sospetti sull'arbitro, polemiche, aperte denunce del peso politico della società bianconera. Tre anni dopo la curva viola tocca il fondo esponendo uno striscione derisorio sulle vittime dell'Heysel una settimana dopo i fatti di Bruxelles: i ponti sono stati fatti saltare, tra le due tifoserie si allarga un fossato di odio puro.
Negli anni a seguire prima la cessione di Roberto Baggio alla Juventus, poi la Coppa Uefa vinta nel 1990 dalla Juventus proprio contro la Fiorentina peggiorano la situazione. Il 6 aprile 1991 Baggio torna a Firenze, alla sua prima in bianconero: rigore per la Juventus, che il numero 10 non tira. Il diretto interessato nega qualsiasi sentimentalismo, semplicemente il portiere della Fiorentina lo conosceva troppo bene, meglio che a calciarlo fosse un altro (sul dischetto ci andò poi De Agostini e Mareggini parò, la Fiorentina vinse 1-0). Lo stadio di Firenze fischiò Baggio per tutta la partita: alla fine lui raccolse una sciarpa viola gettata in campo e la portò via con sé.
Un gesto distensivo, uno dei pochi. L'ultimo episodio risale a questa estate: la Juventus vuole Jovetic, la Fiorentina lo blinda. Qalche settimana dopo circola la voce di un accordo già trovato per la cessione del montenegrino al Manchester City la prossima estate. L'impressione è che i Della Valle non l'abbiano voluto cedere anche per ragioni di immagine: vendere il pezzo da novanta della squadra, dopo una stagione negativa, tanto più ad un club nemico come la Juve avrebbe creato nella città un malumore difficilmente gestibile.