“Andrei all’inaugurazione di qualsiasi cosa, anche di una toilette”. La frase paradossale di Andy Warhol in Giappone diventa un’affermazione come un’altra. Qualunque occidentale abbia soggiornato seppur brevemente nel paese del Sol Levante non può che essere rimasto affascinato dall’attenzione che questo paese ripone verso i suoi bagni.
La cura va in un duplice senso: sia dal punto di vista della pulizia – anche nella stazione della metro più remota, in cui ci si aspetterebbero fetide toilette, i sanitari scintillano di fresco e pulito – sia dal punto di vista della tecnologia degli stessi gabinetti.
Che il modo in cui trattiamo i nostri escrementi fosse una grande metafora delle diverse civilizzazioni lo aveva del resto già teorizzato la giornalista Rose George con il suo libro Il grande bisogno. L’uomo è sì ciò che mangia, ma anche ciò che espelle (e come lo espelle) – si potrebbe dire parafrasando Feuerbach. Troppo semplice allora etichettare la mania dei giapponesi per i bagni come l’ennesima delle bizzarrie nipponiche.
Quello del bagno è un business serio, fatto di competizione serrata tra le aziende che lascia feriti sul campo: non a caso uno dei più grandi produttori di water al mondo è giapponese. Al punto che non apparirà nemmeno troppo strano sfogliare la Tokyo Toilet Map, una guida ai 20 bagni pubblici più eleganti della capitale pubblicata nel 2010 dalla casa editrice P-Vine.
Perché i gabinetti sono qualcosa di più di un semplice posto dove espletare un bisogno fisiologico. Sono dotati di gadget: misurano la pressione del sangue, hanno un bidet integrato, la seduta che si autoriscalda o, per le donne, una dolce suoneria da attivare manualmente tramite un bottone – certi rumori è bene che non si sentano!
In questo contesto non stupirà allora la notizia che viene da Ichihara – una cittadina altrimenti ignota della prefettura di Chiba (non lontano da Tokyo): qui lo scorso aprile hanno inaugurato quella che con sottile boria è stata chiamata “la toilette più grande del mondo”.
La definizione, benché leggermente fuorviante, rimanda a un’opera senz’altro curiosa: si tratta di un cubicolo interamente di vetro, ovvero una toilette, circondato da 200 metri quadri di giardino. Protetto da una recinzione che tenga alla larga sguardi indiscreti e collocato vicino alla stazione di Itabu, il bagno pubblico è costato all’amministrazione cittadina 10 milioni di Yen (circa centomila euro).
Ma ne è valsa la pena, almeno a sentire un responsabile dell’ufficio locale di promozione turistica: le toilette della zona erano poco invitanti, spiega, e ci si augura che l’idea serva ad attrarre turisti anche in vista del Festival della città in programma per il prossimo anno (che ha al centro proprio la nozione di migliorare le aree pubbliche attraverso l’arte).
L’insolita e amena toilette è stata progettata da un architetto famoso, Sou Fujimoto, celebre per la Casa NA di Tokyo e soprattutto per aver vinto di recente il concorso per la Taiwan Tower (con un progetto che vuole conciliare un’ardita struttura architettonica con un enorme giardino verde posto sulla sommità dell’edificio).
Al momento dell'inaugurazione l’area circostante la toilette non aveva ancora assunto del tutto le sembianze immaginate dall’architetto, ovvero quelle di un immenso e verdeggiante giardino – ma l’amministrazione assicura che, nel tempo, l’effetto sarà garantito.
Da parte sua, Fujimoto si è mostrato stimolato dall’idea di lavorare su un bagno pubblico: “Ho pensato fosse piuttosto interessante. I servizi igienici rappresentano qualcosa che è sia privato che pubblico un simile progetto rappresenta un’interessante sfida per un architetto”, ha dichiarato al Japan Times.
Unica restrizione: il bagno di Fujimoto è destinato solo all’utenza femminile. Ma – si è detto che il bagno è una cosa seria in Giappone – gli uomini possono sempre consolarsi. È tutta per loro l’ultima delle invenzioni dell’azienda s**a in fatto di videogiochi.
Il nome, già evocativo, è Toylet, e si tratta di un dispositivo video collegato a un sensore all’interno dell’orinatoio. I giocatori interagiscono direzionando il loro, ehm, “flusso” proprio sul sensore. Possono scegliere tra vari giochi: in alcuni l’obiettivo è semplicemente riempire quante più possibili lattine di caffè, in altri lo scopo è più articolato – o perverso: come nel caso del gioco “Io, il vento del Nord e il Sole” in cui il getto di pipì tanto più è forte tanto più solleva la gonna della ragazza sullo schermo.
Le prime macchine sono state collocate come test in alcune stazioni della metropolitana di Tokyo. Ogni gioco dura meno di un minuto e può essere seguito da un messaggio promozionale. Secondo Wired i primi commenti sono positivi perché, oltre all’effetto di intrattenimento, il videogioco svolge una funzione sociale garantendo una minore quantità di schizzi intorno agli orinatoi.
Tanta fantasia applicata alla stanza da bagno ancora non sembra aver avuto successo fuori dal Giappone: in Europa e in America ci si accontenta di modesti sanitari non parlanti e poco eclettici (e infatti gli sforzi di penetrazione in nuovi mercati per le aziende giapponesi hanno avuto, a oggi, scarsi risultati).
È la riprova che bisogna sfatare anche l’ultima delle credenze: globalizzazione o no, non ci si assomiglia del tutto nemmeno su quello che credevamo il “trono dell’uguaglianza”!
Che il modo in cui trattiamo i nostri escrementi fosse una grande metafora delle diverse civilizzazioni lo aveva del resto già teorizzato la giornalista Rose George con il suo libro Il grande bisogno. L’uomo è sì ciò che mangia, ma anche ciò che espelle (e come lo espelle) – si potrebbe dire parafrasando Feuerbach. Troppo semplice allora etichettare la mania dei giapponesi per i bagni come l’ennesima delle bizzarrie nipponiche.
Quello del bagno è un business serio, fatto di competizione serrata tra le aziende che lascia feriti sul campo: non a caso uno dei più grandi produttori di water al mondo è giapponese. Al punto che non apparirà nemmeno troppo strano sfogliare la Tokyo Toilet Map, una guida ai 20 bagni pubblici più eleganti della capitale pubblicata nel 2010 dalla casa editrice P-Vine.
Perché i gabinetti sono qualcosa di più di un semplice posto dove espletare un bisogno fisiologico. Sono dotati di gadget: misurano la pressione del sangue, hanno un bidet integrato, la seduta che si autoriscalda o, per le donne, una dolce suoneria da attivare manualmente tramite un bottone – certi rumori è bene che non si sentano!
In questo contesto non stupirà allora la notizia che viene da Ichihara – una cittadina altrimenti ignota della prefettura di Chiba (non lontano da Tokyo): qui lo scorso aprile hanno inaugurato quella che con sottile boria è stata chiamata “la toilette più grande del mondo”.
La definizione, benché leggermente fuorviante, rimanda a un’opera senz’altro curiosa: si tratta di un cubicolo interamente di vetro, ovvero una toilette, circondato da 200 metri quadri di giardino. Protetto da una recinzione che tenga alla larga sguardi indiscreti e collocato vicino alla stazione di Itabu, il bagno pubblico è costato all’amministrazione cittadina 10 milioni di Yen (circa centomila euro).
Ma ne è valsa la pena, almeno a sentire un responsabile dell’ufficio locale di promozione turistica: le toilette della zona erano poco invitanti, spiega, e ci si augura che l’idea serva ad attrarre turisti anche in vista del Festival della città in programma per il prossimo anno (che ha al centro proprio la nozione di migliorare le aree pubbliche attraverso l’arte).
L’insolita e amena toilette è stata progettata da un architetto famoso, Sou Fujimoto, celebre per la Casa NA di Tokyo e soprattutto per aver vinto di recente il concorso per la Taiwan Tower (con un progetto che vuole conciliare un’ardita struttura architettonica con un enorme giardino verde posto sulla sommità dell’edificio).
Al momento dell'inaugurazione l’area circostante la toilette non aveva ancora assunto del tutto le sembianze immaginate dall’architetto, ovvero quelle di un immenso e verdeggiante giardino – ma l’amministrazione assicura che, nel tempo, l’effetto sarà garantito.
Da parte sua, Fujimoto si è mostrato stimolato dall’idea di lavorare su un bagno pubblico: “Ho pensato fosse piuttosto interessante. I servizi igienici rappresentano qualcosa che è sia privato che pubblico un simile progetto rappresenta un’interessante sfida per un architetto”, ha dichiarato al Japan Times.
Unica restrizione: il bagno di Fujimoto è destinato solo all’utenza femminile. Ma – si è detto che il bagno è una cosa seria in Giappone – gli uomini possono sempre consolarsi. È tutta per loro l’ultima delle invenzioni dell’azienda s**a in fatto di videogiochi.
Il nome, già evocativo, è Toylet, e si tratta di un dispositivo video collegato a un sensore all’interno dell’orinatoio. I giocatori interagiscono direzionando il loro, ehm, “flusso” proprio sul sensore. Possono scegliere tra vari giochi: in alcuni l’obiettivo è semplicemente riempire quante più possibili lattine di caffè, in altri lo scopo è più articolato – o perverso: come nel caso del gioco “Io, il vento del Nord e il Sole” in cui il getto di pipì tanto più è forte tanto più solleva la gonna della ragazza sullo schermo.
Le prime macchine sono state collocate come test in alcune stazioni della metropolitana di Tokyo. Ogni gioco dura meno di un minuto e può essere seguito da un messaggio promozionale. Secondo Wired i primi commenti sono positivi perché, oltre all’effetto di intrattenimento, il videogioco svolge una funzione sociale garantendo una minore quantità di schizzi intorno agli orinatoi.
Tanta fantasia applicata alla stanza da bagno ancora non sembra aver avuto successo fuori dal Giappone: in Europa e in America ci si accontenta di modesti sanitari non parlanti e poco eclettici (e infatti gli sforzi di penetrazione in nuovi mercati per le aziende giapponesi hanno avuto, a oggi, scarsi risultati).
È la riprova che bisogna sfatare anche l’ultima delle credenze: globalizzazione o no, non ci si assomiglia del tutto nemmeno su quello che credevamo il “trono dell’uguaglianza”!