Spregiudicato non meno che generoso, risoluto quanto pragmatico, Bernie Ecclestone ha ammesso di aver mantenuto il controllo sul circus della Formula Uno a suon di bustarelle milionarie. Una elargizione di tangenti di cui hanno beneficiato anche alcuni dei protagonisti più in vista del mondo delle corse, come Alain Prost ed Eddie Jordan, il cui consenso Ecclestone ha letteralmente comprato con una regalia da dieci milioni di dollari. "Pagata direttamente sul loro conto corrente privato, non su quello delle scuderie che rappresentavano", ha tenuto a specificare Ecclestone.
Ammissione fuori tempo massimo
Ma più che un pentimento, quella del patron della Formula 1 assomiglia molto a un'ammissione di colpevolezza fuori tempo massimo. E oggi forse anche superflua, dal momento che la sua integrità nel paddock è sempre stata considerata inversamente proporzionale al talento di businessman. Ciononostante le sua dichiarazioni, raccolte dall'Alta Corte di Londra, sono destinate a far rumore. E non poco, considerato il peso specifico dei personaggi tirati in ballo: Prost, Jordan e Tom Walkinshaw. L'episodio risale al 1998 quando si discuteva il rinnovo del "Patto della Concordia" fra la società di marketing di Ecclestone, la Federazione automobilistica internazionale e le scuderie partecipanti al mondiale.
I piloti "comprati"
Per convincere alcuni team ad accettare la sua proposta economica, Ecclestone non ha dunque esitato ad aprire la sua cassaforte personale, comprandosi così il voto dei rispettivi team principal. Secondo la testimonianza di Ecclestone, sia Jordan che Prost, quattro volte campione del mondo, hanno accettato i versamenti provenienti dalla Valper Holdings, una sussidiaria della Bambino Holdings, il trust della famiglia Ecclestone. "Ma non bisogna considerarla una tangente perché nessuno dei tre era un dirigente né ricopriva cariche pubbliche. E non so che fine abbiano fatto quei soldi. Io li ho pagati perché accettassero la mia proposta", si è giustificato Ecclestone. Il patron della F1 ha raccontato l'episodio nell'ambito del processo che lo vede imputato di corruzione nei confronti del banchiere Gerhard Gribkowsky al fine di indirizzare a proprio favore la vendita dei diritti commerciali della Formula 1.
Ammissione fuori tempo massimo
Ma più che un pentimento, quella del patron della Formula 1 assomiglia molto a un'ammissione di colpevolezza fuori tempo massimo. E oggi forse anche superflua, dal momento che la sua integrità nel paddock è sempre stata considerata inversamente proporzionale al talento di businessman. Ciononostante le sua dichiarazioni, raccolte dall'Alta Corte di Londra, sono destinate a far rumore. E non poco, considerato il peso specifico dei personaggi tirati in ballo: Prost, Jordan e Tom Walkinshaw. L'episodio risale al 1998 quando si discuteva il rinnovo del "Patto della Concordia" fra la società di marketing di Ecclestone, la Federazione automobilistica internazionale e le scuderie partecipanti al mondiale.
I piloti "comprati"
Per convincere alcuni team ad accettare la sua proposta economica, Ecclestone non ha dunque esitato ad aprire la sua cassaforte personale, comprandosi così il voto dei rispettivi team principal. Secondo la testimonianza di Ecclestone, sia Jordan che Prost, quattro volte campione del mondo, hanno accettato i versamenti provenienti dalla Valper Holdings, una sussidiaria della Bambino Holdings, il trust della famiglia Ecclestone. "Ma non bisogna considerarla una tangente perché nessuno dei tre era un dirigente né ricopriva cariche pubbliche. E non so che fine abbiano fatto quei soldi. Io li ho pagati perché accettassero la mia proposta", si è giustificato Ecclestone. Il patron della F1 ha raccontato l'episodio nell'ambito del processo che lo vede imputato di corruzione nei confronti del banchiere Gerhard Gribkowsky al fine di indirizzare a proprio favore la vendita dei diritti commerciali della Formula 1.