Un colpo di pistola alla testa. Così è terminata la breve esistenza di Marius, un cucciolo di giraffa nato 18 mesi fa nello zoo di Copenhagen. Il suo corpo è stato fatto a pezzi, di fronte a visitatori incuriositi, per essere destinato per studi scientifici e come pasto per gli animali carnivori della struttura. Anche per questo motivo la giovane giraffa non è stata soppressa con un’iniezione letale che avrebbe “contaminato” le sue carni.
La sua vita è finita non per la legge della natura, ma per quella dell’uomo. Lo stesso che l’ha visto nascere in cattività. La sua colpa? Essere stato frutto di un rapporto endogamico (tra parenti). Principio vietato dalle regole degli zoo europei: anche per questo sono state inutili le proposte fatte da altre strutture del Vecchio Continente che si erano offerte di “adottarlo”. A nessuno è importato che l’animale godesse di ottima salute. Neanche per “meritarsi” la castrazione, altra opzione prevista per impedirgli di riprodursi. A nulla soprattutto sono valse le migliaia di firme raccolte in un petizione online con la quale si chiedeva di non uccidere il cucciolo. Bengt Holst, direttore scientifico dello zoo, ha spiegato che i geni di Marius sono già ben rappresentati tra le giraffe dello zoo. Eliminarlo è necessario, ha detto alla Bbc, per evitare la consanguineità nel gruppo e mantenere bene la popolazione delle giraffe. «Se tutte le specie si riproducono bene, poi si deve accettare che ci sia un surplus di animali che non possono essere inclusi nella catena genetica senza causare problemi di consanguineità». Migliaia di firme e proteste che non hanno smosso neanche la coscienza e comprensione del direttore dello zoo che, quasi sorpreso dall’attenzione mediatica sul caso, ha sottolineato come, ad esempio, in un parco a nord di Copenhagen, vengono abbattuti ogni anno 700-800 cervi per controllare il loro numero. (Fulvio Cerutti, AGB, La Stampa / La Zampa)