Il candidato principe per la presidenza della Figc non è certo nuovo a figuracce epiche come quella ormai celebre di Optì Pobà e le banane. Nel maggio scorso, in un’intervista a Report, Tavecchio era scivolato in un’altra gaffe parlando delle donne calciatrici
In un’intervista rilasciata a Report il 5 maggio scoro, Tavecchio era scivolato in un’altra gaffe linguistica parlando di calcio femminile. "Siamo da sempre protesi a voler dare una dignità estetica alla donna del calcio. Prima si pensava che fosse handicappata rispetto al maschio per resistenza ed altri fattori, adesso invece abbiamo riscontrato che sono molto simili. Adesso abbiamo creato uno slogan che parla della donna come l'altra metà del calcio”. L’allora presidente della Lega Dilettanti si era poi giustificato spiegando che il giornalista aveva estrapolato 30 secondi di intervista, con quella frase, in un contesto molto più ampio.
QUAL E’ IL VERO PROBLEMA – Ma forse Tavecchio, e chi lo sostiene, non ha ancora capito perché sia nato un così forte ostruzionismo nei suoi confronti. Questi scivoloni a livello di comunicazione sono solamente la punta dell’iceberg: l’Italia può farsi rappresentare nel mondo da una persona che si esprime così? No. Che poi, in sostanza, il nocciolo dei suoi discorsi possano anche essere utili e costruttivi (troppi stranieri in Italia, ad esempio, ndr) è ben altro discorso. Il numero uno della Lega Dilettanti, oltre a un curriculum non certo immacolato e una carta d’identità non più giovanissima, rappresenta il ‘vecchio’ calcio, la solita ‘politica’ all’interno del mondo del pallone. Un marasma di intrallazzi e accordi da ‘vecchia Repubblica’, che in molti (tifosi in primis) chiedono di spazzare via con un colpo di spugna. Serve questo, e forse a ora servirebbe anche l’intervento del numero uno dello sport italiano, Malagò, l’unico che potrebbe chiedere (ma non imporre) a Tavecchio di fare un passo indietro. Altrimenti sarà poi inutile lamentarsi in futuro ancora una volta per morti o feriti in stadi vecchi e fatiscenti, squadre che falliscono, debiti e ancora debiti, ranking disastrosi e squadre che non vincono più nulla a livello Europeo, o campioni che rifiutano di venire a giocare in Serie A. Senza dimenticare che arriviamo da due Mondiali consecutivi disastrosi. Serve cambiare, altrimenti dovremo accontentarci della solita Repubblica. Quella
delle banane.
Fonte: Eurosport
In un’intervista rilasciata a Report il 5 maggio scoro, Tavecchio era scivolato in un’altra gaffe linguistica parlando di calcio femminile. "Siamo da sempre protesi a voler dare una dignità estetica alla donna del calcio. Prima si pensava che fosse handicappata rispetto al maschio per resistenza ed altri fattori, adesso invece abbiamo riscontrato che sono molto simili. Adesso abbiamo creato uno slogan che parla della donna come l'altra metà del calcio”. L’allora presidente della Lega Dilettanti si era poi giustificato spiegando che il giornalista aveva estrapolato 30 secondi di intervista, con quella frase, in un contesto molto più ampio.
QUAL E’ IL VERO PROBLEMA – Ma forse Tavecchio, e chi lo sostiene, non ha ancora capito perché sia nato un così forte ostruzionismo nei suoi confronti. Questi scivoloni a livello di comunicazione sono solamente la punta dell’iceberg: l’Italia può farsi rappresentare nel mondo da una persona che si esprime così? No. Che poi, in sostanza, il nocciolo dei suoi discorsi possano anche essere utili e costruttivi (troppi stranieri in Italia, ad esempio, ndr) è ben altro discorso. Il numero uno della Lega Dilettanti, oltre a un curriculum non certo immacolato e una carta d’identità non più giovanissima, rappresenta il ‘vecchio’ calcio, la solita ‘politica’ all’interno del mondo del pallone. Un marasma di intrallazzi e accordi da ‘vecchia Repubblica’, che in molti (tifosi in primis) chiedono di spazzare via con un colpo di spugna. Serve questo, e forse a ora servirebbe anche l’intervento del numero uno dello sport italiano, Malagò, l’unico che potrebbe chiedere (ma non imporre) a Tavecchio di fare un passo indietro. Altrimenti sarà poi inutile lamentarsi in futuro ancora una volta per morti o feriti in stadi vecchi e fatiscenti, squadre che falliscono, debiti e ancora debiti, ranking disastrosi e squadre che non vincono più nulla a livello Europeo, o campioni che rifiutano di venire a giocare in Serie A. Senza dimenticare che arriviamo da due Mondiali consecutivi disastrosi. Serve cambiare, altrimenti dovremo accontentarci della solita Repubblica. Quella
delle banane.
Fonte: Eurosport