Le lettere diedero vita al romanzo epistolare, un testo che costruisce il proprio intreccio grazie ad un susseguirsi di missive. Il primo grande esempio furono le Ultime lettere di Jacopo Ortis, scritte da Foscolo, il quale presenta delle tematiche che apparentemente non hanno alcun nesso tra di loro, ma son unite grazie all’utilizzo dell’epistola. Le fonti principali risultano essere la Nouvelle Heloise di Rousseau e I dolori del giovane Werther di Goethe: la prima opera viene emulata per lo stile, la seconda per l’organizzazione interna, che prevedeva un unico protagonista, ed anche un unico mittente, che scrive ad un destinatario silenzioso, Lorenzo Alderani, il quale in questo caso è coinvolto emotivamente.
Jacopo Ortis è un ragazzo veneziano, seguace di Napoleone durante le spedizioni militari italiane. A seguito del trattato di Campoformio, è costretto a lasciare la propria patria. Scappa nei colli Euganei, dove trova pace solamente studiando i classici. Un giorno incontra il signor T., padre di due figlie: Teresa ed Isabellina. Il giovane s’innamora follemente della prima, che però deve sposare Odoardo, il quale, essendo ricco, riuscirà a ristabilire la situazione economica della famiglia della ragazza. Ella però non è innamorata di lui: lo fa per compensare tutti i sacrifici che il padre fece per lei, nonostante la madre si fosse opposta, è per questo che ha abbandonato la famiglia. Con questa famiglia stringe un forte legame, vanno a visitare la casa-sepolcro di Petrarca, dove scatta il primo bacio con l’amata. Il 7 dicembre Jacopo ritorna a Padova per riprendere gli studi, ma, annoiato dalla gente falsa e dai professori vanitosi, decide, negli ultimi giorni dello stesso mese, di ritornare da Teresa. In seguito il protagonista visita diverse città, come Ventimiglia, Firenze, Nizza e Milano, dove incontra Parini, che gli dirà di non compiere atti inutili ed azzardati per la sua patria. Nel momento in cui scopre che Teresa e Odoardo si sono uniti in matrimonio decide di suicidarsi. Aveva promesso, però, a Lorenzo di andarlo a ringraziare di tutto prima di morire, quindi torna in patria e saluta sia lui che la madre. Prima di morire brucia i suoi libri, poi torna nei colli Euganei e scrive una lettera a Teresa ed un’altra a Lorenzo, per poi pugnalarsi nel petto.
Il romanzo presenta due filoni principali: quello politico e quello amoroso. Il primo fa capire come sia dispiaciuto per il fallimento delle imprese napoleoniche in Italia, che avrebbe potuto unirsi, compensata però da un amore patriottico; il secondo invece sottolinea che la forza non è nel sentimento, ma nella posizione sociale. Si evince che questo libro fosse fondamentalmente un’autobiografia, perché sono molti i richiami alla realtà, infatti Ortis vaga per tutte le città visitate da Foscolo e incontra Parini come lo stesso poeta aveva fatto; anche i nomi richiamano alla sua vita, ad esempio il nome di Teresa è il nome di una delle amanti di Foscolo. Il suicidio viene visto come l’azione di una persona che non sa più che fare se non suicidarsi, dall’altro un gesto eroico, di qualcuno che immola la sua vita per una società che ormai è priva di valori e non ti permetti di andare a consolidare le tue virtù, perché, ormai dice Foscolo, «non c’è più spazio per gli eroi». Se Jacopo rinuncia, Foscolo continua a combattere, trovando nella letteratura un impegno sociale, che compensi tutte le sue delusioni. Il tema della terra natia è molto importante, riflettendo quindi quell’ideale patriottico che tanto caratterizzava il Romanticismo. Dall’inizio, nella prima lettera, alla fine, nella lettera a Teresa, è noto l’attaccamento alla madre, citata anche in In morte del fratello Giovanni, quando Ortis chiede ad entrambi di consolarla in sua assenza. Forse la cosa che il mittente cerca di sottolineare più volte è che il destino è avverso a tutti gli esseri viventi: riporta l’esempio di Lauretta, a cui morì l’amato tra le mani e a cui scapparono i genitori, ma anche quello di Jacopo stesso, che incontrò solo persone disoneste e quando ne incontrò di buone le dovette compiangere. Tuttavia la figura più importante resta quella di Teresa, la quale fa convergere attorno a sé tutto il sentimento del protagonista, da subito attratto; infatti viene definita “divina fanciulla”, richiamando la tradizione dantesca e petrarchesca della donna angelicata. Il fatto che ella sposi un uomo che non ama fa capire quanto il matrimonio fosse diventato un semplice evento di convenienza, come comunque aveva fatto capire Parini nella critica al cicisbeismo ne Il Giorno; richiama anche all’emancipazione della donna, non ancora libera di scegliere da sé. Un’attenzione particolare è riservata ai paesaggi che rispecchiano lo stato d’animo dell’autore: locus amoenus quand’è con Teresa e nelle scene d’amore, un ambiente macabro quando vi è travaglio interiore. Un argomento di spicco è quello dell’amicizia, in particolar modo quella per Lorenzo. Anticipa i temi che verranno trattati nei Sonetti: la speranza di essere sepolto in patria, la morte ed il sepolcro. Come modello stilistico utilizza Boccaccio, come aveva chiesto Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua. La forma è curata ed elegante, vi sono diversi latinismi e la presenza di labor limae attesta l’aderenza al Neoclassicismo.
Jacopo Ortis è un ragazzo veneziano, seguace di Napoleone durante le spedizioni militari italiane. A seguito del trattato di Campoformio, è costretto a lasciare la propria patria. Scappa nei colli Euganei, dove trova pace solamente studiando i classici. Un giorno incontra il signor T., padre di due figlie: Teresa ed Isabellina. Il giovane s’innamora follemente della prima, che però deve sposare Odoardo, il quale, essendo ricco, riuscirà a ristabilire la situazione economica della famiglia della ragazza. Ella però non è innamorata di lui: lo fa per compensare tutti i sacrifici che il padre fece per lei, nonostante la madre si fosse opposta, è per questo che ha abbandonato la famiglia. Con questa famiglia stringe un forte legame, vanno a visitare la casa-sepolcro di Petrarca, dove scatta il primo bacio con l’amata. Il 7 dicembre Jacopo ritorna a Padova per riprendere gli studi, ma, annoiato dalla gente falsa e dai professori vanitosi, decide, negli ultimi giorni dello stesso mese, di ritornare da Teresa. In seguito il protagonista visita diverse città, come Ventimiglia, Firenze, Nizza e Milano, dove incontra Parini, che gli dirà di non compiere atti inutili ed azzardati per la sua patria. Nel momento in cui scopre che Teresa e Odoardo si sono uniti in matrimonio decide di suicidarsi. Aveva promesso, però, a Lorenzo di andarlo a ringraziare di tutto prima di morire, quindi torna in patria e saluta sia lui che la madre. Prima di morire brucia i suoi libri, poi torna nei colli Euganei e scrive una lettera a Teresa ed un’altra a Lorenzo, per poi pugnalarsi nel petto.
Il romanzo presenta due filoni principali: quello politico e quello amoroso. Il primo fa capire come sia dispiaciuto per il fallimento delle imprese napoleoniche in Italia, che avrebbe potuto unirsi, compensata però da un amore patriottico; il secondo invece sottolinea che la forza non è nel sentimento, ma nella posizione sociale. Si evince che questo libro fosse fondamentalmente un’autobiografia, perché sono molti i richiami alla realtà, infatti Ortis vaga per tutte le città visitate da Foscolo e incontra Parini come lo stesso poeta aveva fatto; anche i nomi richiamano alla sua vita, ad esempio il nome di Teresa è il nome di una delle amanti di Foscolo. Il suicidio viene visto come l’azione di una persona che non sa più che fare se non suicidarsi, dall’altro un gesto eroico, di qualcuno che immola la sua vita per una società che ormai è priva di valori e non ti permetti di andare a consolidare le tue virtù, perché, ormai dice Foscolo, «non c’è più spazio per gli eroi». Se Jacopo rinuncia, Foscolo continua a combattere, trovando nella letteratura un impegno sociale, che compensi tutte le sue delusioni. Il tema della terra natia è molto importante, riflettendo quindi quell’ideale patriottico che tanto caratterizzava il Romanticismo. Dall’inizio, nella prima lettera, alla fine, nella lettera a Teresa, è noto l’attaccamento alla madre, citata anche in In morte del fratello Giovanni, quando Ortis chiede ad entrambi di consolarla in sua assenza. Forse la cosa che il mittente cerca di sottolineare più volte è che il destino è avverso a tutti gli esseri viventi: riporta l’esempio di Lauretta, a cui morì l’amato tra le mani e a cui scapparono i genitori, ma anche quello di Jacopo stesso, che incontrò solo persone disoneste e quando ne incontrò di buone le dovette compiangere. Tuttavia la figura più importante resta quella di Teresa, la quale fa convergere attorno a sé tutto il sentimento del protagonista, da subito attratto; infatti viene definita “divina fanciulla”, richiamando la tradizione dantesca e petrarchesca della donna angelicata. Il fatto che ella sposi un uomo che non ama fa capire quanto il matrimonio fosse diventato un semplice evento di convenienza, come comunque aveva fatto capire Parini nella critica al cicisbeismo ne Il Giorno; richiama anche all’emancipazione della donna, non ancora libera di scegliere da sé. Un’attenzione particolare è riservata ai paesaggi che rispecchiano lo stato d’animo dell’autore: locus amoenus quand’è con Teresa e nelle scene d’amore, un ambiente macabro quando vi è travaglio interiore. Un argomento di spicco è quello dell’amicizia, in particolar modo quella per Lorenzo. Anticipa i temi che verranno trattati nei Sonetti: la speranza di essere sepolto in patria, la morte ed il sepolcro. Come modello stilistico utilizza Boccaccio, come aveva chiesto Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua. La forma è curata ed elegante, vi sono diversi latinismi e la presenza di labor limae attesta l’aderenza al Neoclassicismo.