Arriva al cinema Cake. Claire (Jennifer Aniston), la protagonista del film, è una donna schiava degli antidolorifici, indispensabili per sopportare il male che la tormenta e che le ha lasciato segni indelebili sul corpo.
Il suicidio di Nina (Anna Kendrick), sua compagna in un gruppo di sostegno, è solamente l'ultimo di una serie di avvenimenti che la scuotono nel profondo, e a cui lei reagisce con un cinismo che, ben presto, le fa terra bruciata attorno. Solo la domestica Silvana (Adriana Barraza) rimane al suo fianco, mentre Claire riflette sulla propria vita e sulla possibilità, così allettante a tratti, di porre fine alle proprie sofferenze. Già dalla trama si evince come il film ruoti attorno alla protagonista e al suo trauma fisico e psicologico.
Lungi dall'essere - secondo una formula fin troppo abusata - "da Oscar", la Aniston riesce a stabilire un forte contatto empatico con il proprio personaggio, e, di conseguenza, con il pubblico. Claire è sì burbera, scostante, ma dietro una facciata che allontana i più si intravede una donna che cerca a tutti i costi di trovare un senso alla propria vita. L'alternanza di tono, all'interno di un film sostanzialmente e unicamente drammatico, è però garantita dai personaggi che, per un motivo o per l'altro, finiscono a gravitare nella vita di Claire. Oltre all'onnipresente e iperprotettiva Silvana, infatti, è grazie all'incontro con il marito di Nina che la protagonista inizierà a cercare la voglia di vivere. Più in generale, rendendo il personaggio di Claire così sgradevole a un primo impatto, il regista si può permettere di prenderne le distanze e dare ragione anche ai comprimari. Il che, se in un'ottica da "dramma hollywoodiano" classico è controproducente, in quanto spezza l'immedesimazione totale con la protagonista, d'altro canto la pellicola ne guadagna in termini di verosimiglianza. (IlSussidiario.net)
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Il suicidio di Nina (Anna Kendrick), sua compagna in un gruppo di sostegno, è solamente l'ultimo di una serie di avvenimenti che la scuotono nel profondo, e a cui lei reagisce con un cinismo che, ben presto, le fa terra bruciata attorno. Solo la domestica Silvana (Adriana Barraza) rimane al suo fianco, mentre Claire riflette sulla propria vita e sulla possibilità, così allettante a tratti, di porre fine alle proprie sofferenze. Già dalla trama si evince come il film ruoti attorno alla protagonista e al suo trauma fisico e psicologico.
Lungi dall'essere - secondo una formula fin troppo abusata - "da Oscar", la Aniston riesce a stabilire un forte contatto empatico con il proprio personaggio, e, di conseguenza, con il pubblico. Claire è sì burbera, scostante, ma dietro una facciata che allontana i più si intravede una donna che cerca a tutti i costi di trovare un senso alla propria vita. L'alternanza di tono, all'interno di un film sostanzialmente e unicamente drammatico, è però garantita dai personaggi che, per un motivo o per l'altro, finiscono a gravitare nella vita di Claire. Oltre all'onnipresente e iperprotettiva Silvana, infatti, è grazie all'incontro con il marito di Nina che la protagonista inizierà a cercare la voglia di vivere. Più in generale, rendendo il personaggio di Claire così sgradevole a un primo impatto, il regista si può permettere di prenderne le distanze e dare ragione anche ai comprimari. Il che, se in un'ottica da "dramma hollywoodiano" classico è controproducente, in quanto spezza l'immedesimazione totale con la protagonista, d'altro canto la pellicola ne guadagna in termini di verosimiglianza. (IlSussidiario.net)
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