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Testo: Ricky continuava a passeggiare incessantemente, nervosissimo osservava l'orologio che aveva al polso domandando a Tom “quanto ci mettono? E quando si muovono? Ma perché non arrivano?” quasi fosse convinto che le ragazze li avrebbero abbandonati rinunciando al viaggio.
Finalmente, giunta quasi la mezzanotte del 29 ottobre 1999, il campanello della villa in cui Ricky e Tom attendevano suonò: erano Jane e Sarah.
I due ragazzi, da veri cavalieri, dopo aver salutato le ragazze, presero tutti i bagagli e si incamminarono insieme a loro verso la stazione: era l'inizio della loro indimenticabile avventura. Il treno viaggiava, a velocità più o meno normale, ed i pensieri scorrevano nelle menti dei giovani ragazzi: Jane e Sarah ascoltavano la musica dallo stesso lettore mp3 canticchiando le canzoni dei Beatles, Tom leggeva le ultime pagine di un libro cercando di immaginare il finale mentre Ricky sembrava abbastanza perplesso con quella testa appoggiata sul sedile; effettivamente, quest'ultimo, era il più perplesso: l'idea di trascorrere una settimana in una casa sperduta in campagna sembrava eccitante da un lato, ma lo spaventava dall'altro, di tanto in tanto si rassicurava.. Insomma, si domandava il ragazzo, cosa potrà mai succedere in una semplice casa? E poi – si ripeteva ancora – mica sono da solo, sicuramente non accadrà nulla di strano.
Tutti e quattro crollarono improvvisamente in un sonno profondo: Sarah si svegliò ancora con le cuffiette alle orecchie giusto qualche minuto prima che arrivassero alla stazione più vicina alla città di Norwich, si preoccupò dunque di svegliare anche gli altri in modo che iniziassero a prendere i bagagli e si prepassero a scendere dal treno. Non appena il treno si fermò i ragazzi aprirono la portiera con entusiasmo, scesero e, proprio quando stavano per avviarsi verso la fatidica casa, videro una bussola a terra: l'oggetto sembrava piuttosto strano, a differenza delle normali bussole, infatti, questa non indicava il nord.. bensì l'est! Tom, molto incuriosito, prese la bussola e promise ai ragazzi di analizzarla una volta arrivati a casa, la conservò nella tasca di quei pantaloni stracciati che indossava e si mise in cammino insieme agli altri: la casa non era poi troppo distante, solo un kilometro e mezzo da percorrere a piedi. Durante il percorso i quattro scherzavano facendo molto rumore, ben sicuri di non disturbare nessuno dal momento che da quelle parti non vi erano anime vive, almeno dal 1987, anno in cui i genitori di Jane si erano recati per l'ultima volta da quelle parti per un weekend romantico.
Arrivati a casa, il primo a notare una disgustosa dentiera sul tavolo fu proprio Ricky: il ragazzo, che già era abbastanza nervoso dall'inizio del viaggio, domandò cosa ci facesse una dentiera sudicia sul tavolo; si preoccupò di rispondergli Jane la quale esclamò: “Ricky, smettila di fare il coniglio! E' solo una dentiera che ha lasciato mio padre l'ultima volta, per la miseria rilassati. Ho capito che può sembrarti un film dell'orrore ma no, non lo è, siamo nella realtà. Non c'è nessun fantasma, nessuno scheletro, nessun mostro, sei abbastanza grande per capire che ci siamo solo noi quattro e questa settimana dobbiamo divertirci lontani dalla nostra quotidiana monotonia. Rilassati.” Ricky, quasi arrabbiato dopo la reazione esagerata di Jane, andò nella stanza da letto per riporre i vestiti nell'armadio e per mettersi qualcosa di comodo addosso. Indossava soltanto un paio di boxer, ma si sentiva talmente osservato, eppure non c'era nessuno nella stanza con lui: gli altri si preoccupavano di preparare la cena e di far funzionare il lampadario della sala da pranzo. Ma a lui sembrava che qualcuno lo osservasse.
Dopo aver indossato la vecchia tuta, si recò in cucina – ancora una volta sicuro che non sarebbe successo nulla – e mangiò la deliziosa cena che gli altri avevano preparato: mentre i quattro mangiavano Sarah fece cadere una forchetta dal tavolo urtandola accidentalmente con il gomito, andò quindi in cucina per prenderne un'altra; fu proprio una volta arrivata in cucina che sentì uno strano freddo sulla sua pelle, si guardò intorno ma non c'era alcuna finestra aperta. “Che strano – disse la ragazza tra sé e sé – è come se da qualche spiraglio entrasse dell'aria gelida”. Subito arrivò la pronta risposta di qualcuno: “No, non c'è nessuna finestra aperta. Sono io. Involontariamente mi sono appoggiato a te e ti è sembrato di sentire freddo, non è così?” A Sarah sembrava di sognare. “Come scusami? Ma chi parla?” proseguì la ragazza, “Sono qui, non riesci a vedermi, certo. Nessuno ci riesce. Non preoccuparti, penso sia normale. Io sono Adam comunque, piacere di conoscerti”. “Piacere mio, io sono Sarah. Ma tu... dove sei? Perché non ti vedo.. cosa sei, un fantasma?” “Sì, credo proprio di essere un fantasma.. non so esattamente cosa sia un fantasma, ma ogni volta che parlo mi accusano di essere un fantasma quindi probabilmente sì, sono un fantasma. Ma questo non importa. Ciò che davvero importa in questo momento è quello che ho da dirti.” La ragazza era incuriosita come mai prima d'allora, “Cos'hai da dirmi?” “Quando siete arrivati avete fatto davvero troppa confusione. Martin non gradisce la confusione. E' per questo motivo che io vi inviterei a riporre i vostri vestiti nelle valigie ed a tornare da dove siete venuti. Potrebbero succedervi delle cose davvero brutte.” Sarah si mise a ridere e nel frattempo i compagni la chiamarono: “Sarah? Ma cosa fai? Che succede, non riesci nemmeno a prendere una forchetta? Dai muoviti che ti si fredda ahahah!” la ragazza salutò il fantasma assicurandogli che nulla sarebbe successo a lei ed ai suoi amici e tornò dagli altri per finire la cena. I ragazzi passarono una serata quasi noiosa: impiegarono il loro tempo giocando a monopoli e ascoltando delle canzoni di Britney Spears a tutto volume, d'altronde.. chi li avrebbe mai potuti sentire? Alle due e trentasette anche il fifone, Ricky, spense la sua luce e chiuse gli occhi cercando di prendere sonno. Proprio pochi minuti dopo degli strani rumori si iniziarono a sentire: provenivano dalla porta della casetta. Fu quello il momento in cui i ragazzi iniziarono davvero ad avere paura e a pensare che quella settimana si sarebbe trasformata nella peggiore della loro vita: così fu.
Tom e Ricky guardarono dalla finestra vicina alla porta cosa stesse succedendo e lo spettacolo non fu affatto piacevole: un uomo con una divisa nera e con un'enorme scritta gialla al centro di essa cercava di buttare giù la porta della casa, Jane chiese agli altri “ma cosa c'è scritto su quella divisa che indossa?” a rispondere fu Sarah che, con una voce tremolante, ripensava a ciò che il piccolo fantasma le aveva detto qualche ora prima “C'è scritto MARTIN, ommioddio...” I quattro cercarono prontamente un piano per fuggire dall'abitazione e quello più logico sembrò scavalcare la finestra e correre a gambe levate verso ovest. Correvano in fila indiana, probabilmente come mai avevano fatto prima d'allora nella loro vita, Tom era l'ultimo. Dopo circa due minuti di corsa, i quattro si ritrovarono accanto ad un filo spinato, proprio nel momento in cui Sarah si girò per controllare se Martin li rincorresse ancora, urtò con la spalla un filo spinato: iniziò a sanguinare e Jade si ricordò di avere un cerotto che prestò all'amica per bloccare il flusso di sangue ed alleviare il suo dolore.
Dopo circa venti minuti di corsa ininterrotta, i ragazzi si ritrovarono di fronte ad un muro: non avevano scampo. I loro cuori palpitavano a più non posso. Le loro gambe tremavano. Martin si avvicinava. Il muro sembrava impossibile da scavalcare. Fu proprio in quel momento che Ricky invitò Sarah e Jane a salire sulle sue spalle per sfuggire al terrificante Killer, nel frattempo Tom lo avrebbe tenuto impegnato. Ma proprio nel momento in cui anche Jane scavalcò il muro, Martin arrivò di fronte a Tom: aveva un machete nelle sue mani, i ragazzi tremavano. Martin si avvicinò e colpì in modo aggressivo Tom, il quale si accasciò a terra, Ricky provò a fuggire in direzione opposta a Martin, ma fu fermato dal Killer e fu colpito anche lui dal terribile machete di 44 centimetri.
Le ragazze continuavano a correre, si faceva giorno, Sarah confessò a Jane di aver parlato con una specie di fantasma – così lo definì – e affermò di aver preso la presenza di Martin come uno scherzo; le lacrime, dovute al rimorso di non essere rimaste a soccorrere i ragazzi, erano sul volto di entrambe le ragazze, Sarah si sentiva tremendamente in colpa per non aver ascoltato Adam, Jane piangeva senza pronunciarsi. Videro qualcosa da lontano: era la stazione da cui erano arrivate. “Guarda” - disse Jane - “Siamo quasi lì, in quel maledetto posto dove siamo scese insieme a loro. Ma adesso loro non ci sono più. E il mio cuore si sta stringendo sempre di più. Vorrei solo che fosse un brutto incubo”. Le ragazze continuarono a camminare senza dire altre parole. Arrivate alla stazione videro qualcosa per terra: era la bussola. Era proprio la bussola caduta dai pantaloni stracciati di Tom che l'aveva raccolta. Indicava ancora est: le ragazze la fissarono per pochi secondi, dopo si scambiarono uno sguardo. Proprio in quel momento un treno arrivava, Jane prese la mano di Sarah ed esclamò “Andiamo via da questo posto. E adesso basta, non sentirti in colpa. Non è colpa tua. Non è nemmeno colpa mia. Non è colpa di nessuno Sarah, eravamo dei semplici ragazzi che avevano voglia di un'avventura. E' terribile che sia andata così, ma dobbiamo affrontarla. Dobbiamo vivere felici come avrebbero voluto Ricky e Tommy. Scappiamo.”
Le due salirono sul treno in lacrime, nessuno ebbe più notizie di loro. Alcuni ipotizzano che abbiano dimenticato tutto e conducano una meravigliosa vita in qualche grande città, altri pensano che vivano ancora piene di sensi di colpa. Ma la vera domanda è: vivono ancora?
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Testo: Ricky continuava a passeggiare incessantemente, nervosissimo osservava l'orologio che aveva al polso domandando a Tom “quanto ci mettono? E quando si muovono? Ma perché non arrivano?” quasi fosse convinto che le ragazze li avrebbero abbandonati rinunciando al viaggio.
Finalmente, giunta quasi la mezzanotte del 29 ottobre 1999, il campanello della villa in cui Ricky e Tom attendevano suonò: erano Jane e Sarah.
I due ragazzi, da veri cavalieri, dopo aver salutato le ragazze, presero tutti i bagagli e si incamminarono insieme a loro verso la stazione: era l'inizio della loro indimenticabile avventura. Il treno viaggiava, a velocità più o meno normale, ed i pensieri scorrevano nelle menti dei giovani ragazzi: Jane e Sarah ascoltavano la musica dallo stesso lettore mp3 canticchiando le canzoni dei Beatles, Tom leggeva le ultime pagine di un libro cercando di immaginare il finale mentre Ricky sembrava abbastanza perplesso con quella testa appoggiata sul sedile; effettivamente, quest'ultimo, era il più perplesso: l'idea di trascorrere una settimana in una casa sperduta in campagna sembrava eccitante da un lato, ma lo spaventava dall'altro, di tanto in tanto si rassicurava.. Insomma, si domandava il ragazzo, cosa potrà mai succedere in una semplice casa? E poi – si ripeteva ancora – mica sono da solo, sicuramente non accadrà nulla di strano.
Tutti e quattro crollarono improvvisamente in un sonno profondo: Sarah si svegliò ancora con le cuffiette alle orecchie giusto qualche minuto prima che arrivassero alla stazione più vicina alla città di Norwich, si preoccupò dunque di svegliare anche gli altri in modo che iniziassero a prendere i bagagli e si prepassero a scendere dal treno. Non appena il treno si fermò i ragazzi aprirono la portiera con entusiasmo, scesero e, proprio quando stavano per avviarsi verso la fatidica casa, videro una bussola a terra: l'oggetto sembrava piuttosto strano, a differenza delle normali bussole, infatti, questa non indicava il nord.. bensì l'est! Tom, molto incuriosito, prese la bussola e promise ai ragazzi di analizzarla una volta arrivati a casa, la conservò nella tasca di quei pantaloni stracciati che indossava e si mise in cammino insieme agli altri: la casa non era poi troppo distante, solo un kilometro e mezzo da percorrere a piedi. Durante il percorso i quattro scherzavano facendo molto rumore, ben sicuri di non disturbare nessuno dal momento che da quelle parti non vi erano anime vive, almeno dal 1987, anno in cui i genitori di Jane si erano recati per l'ultima volta da quelle parti per un weekend romantico.
Arrivati a casa, il primo a notare una disgustosa dentiera sul tavolo fu proprio Ricky: il ragazzo, che già era abbastanza nervoso dall'inizio del viaggio, domandò cosa ci facesse una dentiera sudicia sul tavolo; si preoccupò di rispondergli Jane la quale esclamò: “Ricky, smettila di fare il coniglio! E' solo una dentiera che ha lasciato mio padre l'ultima volta, per la miseria rilassati. Ho capito che può sembrarti un film dell'orrore ma no, non lo è, siamo nella realtà. Non c'è nessun fantasma, nessuno scheletro, nessun mostro, sei abbastanza grande per capire che ci siamo solo noi quattro e questa settimana dobbiamo divertirci lontani dalla nostra quotidiana monotonia. Rilassati.” Ricky, quasi arrabbiato dopo la reazione esagerata di Jane, andò nella stanza da letto per riporre i vestiti nell'armadio e per mettersi qualcosa di comodo addosso. Indossava soltanto un paio di boxer, ma si sentiva talmente osservato, eppure non c'era nessuno nella stanza con lui: gli altri si preoccupavano di preparare la cena e di far funzionare il lampadario della sala da pranzo. Ma a lui sembrava che qualcuno lo osservasse.
Dopo aver indossato la vecchia tuta, si recò in cucina – ancora una volta sicuro che non sarebbe successo nulla – e mangiò la deliziosa cena che gli altri avevano preparato: mentre i quattro mangiavano Sarah fece cadere una forchetta dal tavolo urtandola accidentalmente con il gomito, andò quindi in cucina per prenderne un'altra; fu proprio una volta arrivata in cucina che sentì uno strano freddo sulla sua pelle, si guardò intorno ma non c'era alcuna finestra aperta. “Che strano – disse la ragazza tra sé e sé – è come se da qualche spiraglio entrasse dell'aria gelida”. Subito arrivò la pronta risposta di qualcuno: “No, non c'è nessuna finestra aperta. Sono io. Involontariamente mi sono appoggiato a te e ti è sembrato di sentire freddo, non è così?” A Sarah sembrava di sognare. “Come scusami? Ma chi parla?” proseguì la ragazza, “Sono qui, non riesci a vedermi, certo. Nessuno ci riesce. Non preoccuparti, penso sia normale. Io sono Adam comunque, piacere di conoscerti”. “Piacere mio, io sono Sarah. Ma tu... dove sei? Perché non ti vedo.. cosa sei, un fantasma?” “Sì, credo proprio di essere un fantasma.. non so esattamente cosa sia un fantasma, ma ogni volta che parlo mi accusano di essere un fantasma quindi probabilmente sì, sono un fantasma. Ma questo non importa. Ciò che davvero importa in questo momento è quello che ho da dirti.” La ragazza era incuriosita come mai prima d'allora, “Cos'hai da dirmi?” “Quando siete arrivati avete fatto davvero troppa confusione. Martin non gradisce la confusione. E' per questo motivo che io vi inviterei a riporre i vostri vestiti nelle valigie ed a tornare da dove siete venuti. Potrebbero succedervi delle cose davvero brutte.” Sarah si mise a ridere e nel frattempo i compagni la chiamarono: “Sarah? Ma cosa fai? Che succede, non riesci nemmeno a prendere una forchetta? Dai muoviti che ti si fredda ahahah!” la ragazza salutò il fantasma assicurandogli che nulla sarebbe successo a lei ed ai suoi amici e tornò dagli altri per finire la cena. I ragazzi passarono una serata quasi noiosa: impiegarono il loro tempo giocando a monopoli e ascoltando delle canzoni di Britney Spears a tutto volume, d'altronde.. chi li avrebbe mai potuti sentire? Alle due e trentasette anche il fifone, Ricky, spense la sua luce e chiuse gli occhi cercando di prendere sonno. Proprio pochi minuti dopo degli strani rumori si iniziarono a sentire: provenivano dalla porta della casetta. Fu quello il momento in cui i ragazzi iniziarono davvero ad avere paura e a pensare che quella settimana si sarebbe trasformata nella peggiore della loro vita: così fu.
Tom e Ricky guardarono dalla finestra vicina alla porta cosa stesse succedendo e lo spettacolo non fu affatto piacevole: un uomo con una divisa nera e con un'enorme scritta gialla al centro di essa cercava di buttare giù la porta della casa, Jane chiese agli altri “ma cosa c'è scritto su quella divisa che indossa?” a rispondere fu Sarah che, con una voce tremolante, ripensava a ciò che il piccolo fantasma le aveva detto qualche ora prima “C'è scritto MARTIN, ommioddio...” I quattro cercarono prontamente un piano per fuggire dall'abitazione e quello più logico sembrò scavalcare la finestra e correre a gambe levate verso ovest. Correvano in fila indiana, probabilmente come mai avevano fatto prima d'allora nella loro vita, Tom era l'ultimo. Dopo circa due minuti di corsa, i quattro si ritrovarono accanto ad un filo spinato, proprio nel momento in cui Sarah si girò per controllare se Martin li rincorresse ancora, urtò con la spalla un filo spinato: iniziò a sanguinare e Jade si ricordò di avere un cerotto che prestò all'amica per bloccare il flusso di sangue ed alleviare il suo dolore.
Dopo circa venti minuti di corsa ininterrotta, i ragazzi si ritrovarono di fronte ad un muro: non avevano scampo. I loro cuori palpitavano a più non posso. Le loro gambe tremavano. Martin si avvicinava. Il muro sembrava impossibile da scavalcare. Fu proprio in quel momento che Ricky invitò Sarah e Jane a salire sulle sue spalle per sfuggire al terrificante Killer, nel frattempo Tom lo avrebbe tenuto impegnato. Ma proprio nel momento in cui anche Jane scavalcò il muro, Martin arrivò di fronte a Tom: aveva un machete nelle sue mani, i ragazzi tremavano. Martin si avvicinò e colpì in modo aggressivo Tom, il quale si accasciò a terra, Ricky provò a fuggire in direzione opposta a Martin, ma fu fermato dal Killer e fu colpito anche lui dal terribile machete di 44 centimetri.
Le ragazze continuavano a correre, si faceva giorno, Sarah confessò a Jane di aver parlato con una specie di fantasma – così lo definì – e affermò di aver preso la presenza di Martin come uno scherzo; le lacrime, dovute al rimorso di non essere rimaste a soccorrere i ragazzi, erano sul volto di entrambe le ragazze, Sarah si sentiva tremendamente in colpa per non aver ascoltato Adam, Jane piangeva senza pronunciarsi. Videro qualcosa da lontano: era la stazione da cui erano arrivate. “Guarda” - disse Jane - “Siamo quasi lì, in quel maledetto posto dove siamo scese insieme a loro. Ma adesso loro non ci sono più. E il mio cuore si sta stringendo sempre di più. Vorrei solo che fosse un brutto incubo”. Le ragazze continuarono a camminare senza dire altre parole. Arrivate alla stazione videro qualcosa per terra: era la bussola. Era proprio la bussola caduta dai pantaloni stracciati di Tom che l'aveva raccolta. Indicava ancora est: le ragazze la fissarono per pochi secondi, dopo si scambiarono uno sguardo. Proprio in quel momento un treno arrivava, Jane prese la mano di Sarah ed esclamò “Andiamo via da questo posto. E adesso basta, non sentirti in colpa. Non è colpa tua. Non è nemmeno colpa mia. Non è colpa di nessuno Sarah, eravamo dei semplici ragazzi che avevano voglia di un'avventura. E' terribile che sia andata così, ma dobbiamo affrontarla. Dobbiamo vivere felici come avrebbero voluto Ricky e Tommy. Scappiamo.”
Le due salirono sul treno in lacrime, nessuno ebbe più notizie di loro. Alcuni ipotizzano che abbiano dimenticato tutto e conducano una meravigliosa vita in qualche grande città, altri pensano che vivano ancora piene di sensi di colpa. Ma la vera domanda è: vivono ancora?