Il giorno dopo gli attentati che hanno duramente colpito Parigi, il ministro degli interni belga, Jan Jambon, si è detto preoccupato dalla possibilità che avrebbero i terroristi di comunicare indisturbati (e non intercettati) attraverso le console di ultima generazione come Play Station 4 e Xbox One.
In effetti i sistemi di gioco più recenti (ma questo è possibile anche con quelli più datati) offrono l’opportunità di creare delle squadre di amici connessi alla rete con i quali è possibile parlare in tempo reale, scambiarsi foto e discutere anche di “piani terroristici” senza destare sospetti.
Le ragioni sono molteplici. La prima è che rispetto ai sistemi di messaggistica più popolari (sms, mail e WhatsApp), le chiacchiere attraverso le console per giocare non sono monitorate (almeno pare che ancora non lo siano) e la seconda è che esistono molti videogiochi che hanno come scenario le guerre che si stanno combattendo nel mondo, e di conseguenza conversazioni fra “giocatori” che abbiano gli “attentati” come tema non desterebbero sospetti.
Va detto che l’esternazione del ministro belga è solo un’ipotesi che ancora non trova precise conferme, e io vorrei aggiungere che questo non ha niente a che vedere con il mondo dei videogiochi in sé. Voglio dire che i terroristi non sono necessariamente videogiocatori e che le console sarebbero sfruttate solo per la tecnologia che offrono.
Seguiremo l’evolversi della faccenda ma ho l’impressione che i videogiocatori di tutto il mondo dovranno adattarsi all’idea di mettere in conto che le loro conversazioni in futuro possano essere intercettate anche durante un’innocente partite a Call Of Duty.
In effetti i sistemi di gioco più recenti (ma questo è possibile anche con quelli più datati) offrono l’opportunità di creare delle squadre di amici connessi alla rete con i quali è possibile parlare in tempo reale, scambiarsi foto e discutere anche di “piani terroristici” senza destare sospetti.
Le ragioni sono molteplici. La prima è che rispetto ai sistemi di messaggistica più popolari (sms, mail e WhatsApp), le chiacchiere attraverso le console per giocare non sono monitorate (almeno pare che ancora non lo siano) e la seconda è che esistono molti videogiochi che hanno come scenario le guerre che si stanno combattendo nel mondo, e di conseguenza conversazioni fra “giocatori” che abbiano gli “attentati” come tema non desterebbero sospetti.
Va detto che l’esternazione del ministro belga è solo un’ipotesi che ancora non trova precise conferme, e io vorrei aggiungere che questo non ha niente a che vedere con il mondo dei videogiochi in sé. Voglio dire che i terroristi non sono necessariamente videogiocatori e che le console sarebbero sfruttate solo per la tecnologia che offrono.
Seguiremo l’evolversi della faccenda ma ho l’impressione che i videogiocatori di tutto il mondo dovranno adattarsi all’idea di mettere in conto che le loro conversazioni in futuro possano essere intercettate anche durante un’innocente partite a Call Of Duty.