«Almeno così dorme». Fausta Bonino lo disse con soddisfazione quella sera d’agosto dell’anno scorso. E Marcella Ferri, la paziente, si addormentò per sempre. Quando mesi dopo i carabinieri la convocarono in caserma, l'infermiera killer svelò al telefono «uno stato d’ansia e di preoccupazione» fuori dal comune, così rivela l’ordinanza. Tanto agitata da dire a una sua collega: «Virna mi fregano, domani mi mandano in galera».
«Gliel’hai fatto tu il prelievo?»
Le intercettazioni di questa strage silenziosa raccontano di una donna spietata e calcolatrice. Di una che, quando si è sentita in trappola, ha «cercato una rete di solidarietà fra le colleghe», di una persona che agiva in modo «subdolo e insidioso» per i «propri scellerati propositi» e per provare a imbrogliare le carte in tavola. Come quando morì Bruno Carletti, una delle sue presunte vittime. Al telefono con una collega, Fausta Bonino cercò di creare una versione per autoescludersi dai fatti: «Io non me lo ricordo, Paola, gliel’ho fatto io, o te o Sandra il prelievo? Non ne sono sicura...». E la collega, tranchant: «No, Fausta. te gliel’hai fatto».
I tentativi di depistaggio
La killer della corsia aveva uno «stato d’animo altalenante», dice l’ordinanza, «a tal punto da mettere in dubbio l’estraneità ai fatti paventata fino a quel momento». E per farlo l’infermiera scelse l’attenuante, diciamo così, dell’epilessia. «Ora voglio tornare a Roma e farmi fare un elettroencefalogramma» annuncia in una conversazione. In un’altra dice: «...ieri ho detto a Paola...avrò avuto...epilessia. Dei momenti...(...) ho cominciato a dubitare di me stessa, ho cominciato a dire: avrò mica dei momenti in cui non sapevo quello che facevo? Ma ti rendi conto? Poi ho detto: no».[/font][/size]
L’ironia sulle morti continue:
Alla caposala che i carabinieri hanno sentito a verbale Fausta Bonino chiedeva: «da te hanno voluto capire...t’hanno chiesto di me? che infermiera sono?, dimmelo ti prego se ti hanno chiesto di me...». E quando comincia a diventare evidente la sua presenza a ogni decesso, lei riesce perfino a ironizzare sulla situazione: «Oh Paola, una cosa, eh... Se avete da fà morì qualcuno fatelo prima che rientri io perché se l’unico giorno che sono rientrata me ne muoiono tre...».
«Quei morti me li sogno di notte»
Diabolica la sua ipotesi sulla responsabilità di estranei. «Questa persone potrebbe anche non essere una di noi» dice in una delle chiamate registrate. «M’hanno detto loro che potrebbe essere anche una che entra dal di fuori, perché il carrello dei medicinali è lì, non ha chiavi, non ha nulla, è lì davanti...». A una coordinatrice ospedaliera l’infermiera disse, a proposito dei pazienti morti, la cosa probabilmente più vera fra tutte: «Io me li sogno di notte, non è possibile che tutte queste persone muoiano quando ci sono io».
Voi che ne pensate? Dite la vostra.
«Gliel’hai fatto tu il prelievo?»
Le intercettazioni di questa strage silenziosa raccontano di una donna spietata e calcolatrice. Di una che, quando si è sentita in trappola, ha «cercato una rete di solidarietà fra le colleghe», di una persona che agiva in modo «subdolo e insidioso» per i «propri scellerati propositi» e per provare a imbrogliare le carte in tavola. Come quando morì Bruno Carletti, una delle sue presunte vittime. Al telefono con una collega, Fausta Bonino cercò di creare una versione per autoescludersi dai fatti: «Io non me lo ricordo, Paola, gliel’ho fatto io, o te o Sandra il prelievo? Non ne sono sicura...». E la collega, tranchant: «No, Fausta. te gliel’hai fatto».
I tentativi di depistaggio
La killer della corsia aveva uno «stato d’animo altalenante», dice l’ordinanza, «a tal punto da mettere in dubbio l’estraneità ai fatti paventata fino a quel momento». E per farlo l’infermiera scelse l’attenuante, diciamo così, dell’epilessia. «Ora voglio tornare a Roma e farmi fare un elettroencefalogramma» annuncia in una conversazione. In un’altra dice: «...ieri ho detto a Paola...avrò avuto...epilessia. Dei momenti...(...) ho cominciato a dubitare di me stessa, ho cominciato a dire: avrò mica dei momenti in cui non sapevo quello che facevo? Ma ti rendi conto? Poi ho detto: no».[/font][/size]
L’ironia sulle morti continue:
Alla caposala che i carabinieri hanno sentito a verbale Fausta Bonino chiedeva: «da te hanno voluto capire...t’hanno chiesto di me? che infermiera sono?, dimmelo ti prego se ti hanno chiesto di me...». E quando comincia a diventare evidente la sua presenza a ogni decesso, lei riesce perfino a ironizzare sulla situazione: «Oh Paola, una cosa, eh... Se avete da fà morì qualcuno fatelo prima che rientri io perché se l’unico giorno che sono rientrata me ne muoiono tre...».
«Quei morti me li sogno di notte»
Diabolica la sua ipotesi sulla responsabilità di estranei. «Questa persone potrebbe anche non essere una di noi» dice in una delle chiamate registrate. «M’hanno detto loro che potrebbe essere anche una che entra dal di fuori, perché il carrello dei medicinali è lì, non ha chiavi, non ha nulla, è lì davanti...». A una coordinatrice ospedaliera l’infermiera disse, a proposito dei pazienti morti, la cosa probabilmente più vera fra tutte: «Io me li sogno di notte, non è possibile che tutte queste persone muoiano quando ci sono io».
Voi che ne pensate? Dite la vostra.