Cambia lo scenario dell'epidemia da coronavirus SarsCoV2 in Italia: la decisione di notificare soltanto i casi più gravi permetterà di concentrare l'attenzione su chi ha più bisogno di cure, ma inevitabilmente si perderà qualcosa in termini di cifre reali. Cambia anche l'informazione, in quanto si è deciso di dare notizia solo dei casi gravi della Covid-19, la malattie causata dal nuovo coronavirus. Prosegue intanto la caccia all'inafferrabile paziente zero che avrebbe innescato la catena dei casi italiani e che sancirebbe l'esistenza di un unico focolaio in Italia.
Avere fatto tanti tamponi in meno di una settimana significa "avere fatto una foto epidemiologica dell'Italia che ha permesso di capire che il tasso di incidenza dell'infezione è del 4,8%", ha rilevato il virologo Francesco Broccolo, dell'Università Bicocca di Milano. "Questo - ha aggiunto - ci permette di stabilire un valore soglia che in futuro potrà essere un parametro di riferimento". Dopo questa prima fase si è deciso di stringere il cerchio e di fare il test solo a chi ha sintomi o è stato a contatto con una persona, o ancora proviene da zone in cui c'è l'infezione. "Il vantaggio è di tipo pragmatico, in quanto si evita di affollare strutture di pronto soccorso e ospedali", ha spiegato l'esperto.
È dello stesso avviso il fisico esperto di sistemi complessi Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston: con i nuovi criteri di notifica "il numero di casi che abbiamo visto crescere in questi giorni diventerà più piccolo perché non si individua più chi ha il virus ma non mostra sintomi e ci si concentra su chi può avere bisogno di cure mediche e che va tenuto sotto controllo, anche per non ingolfare i laboratori di analisi". Bisognerà comunque fare i conti con il fatto che "si perde qualcosa sull'entità dell'epidemia".
Nel frattempo si cerca di capire se in Italia esistono uno o più focolai dell'epidemia. La differenza è sostanziale perché, ha rilevato Vespignani, "la presenza di più focolai indica che l'epidemia è partita in posti diversi ed è quindi più difficile da controllare e isolare". Per questo si sta cercando di individuare il legame tra i casi in Lombardia e quelli in Veneto: significherebbe avere un unico focolaio.
Prosegue anche la ricerca del paziente zero: secondo Broccolo "potrebbero esserci stati più pazienti zero e ognuno potrebbe aver fatto partire una catena di contagio che sembra si stia fermando. Per questo potrebbe non essere utile investire energie nella caccia al paziente zero". Molto probabilmente, ha aggiunto, "erano persone con il virus da almeno due settimane prima del caso lodigiano e potrebbero essere già guariti".
Guardando al futuro, un elemento positivo è che "come altri coronavirus, anche il sarsCoV2 sembra mutare meno rispetto a quello dell'influenza e l'infezione non dura a lungo: questo ci fa sperare che non persisterà a lungo"
(fonte ANSA S&T)io Telescope (Gmrt) in India.
Avere fatto tanti tamponi in meno di una settimana significa "avere fatto una foto epidemiologica dell'Italia che ha permesso di capire che il tasso di incidenza dell'infezione è del 4,8%", ha rilevato il virologo Francesco Broccolo, dell'Università Bicocca di Milano. "Questo - ha aggiunto - ci permette di stabilire un valore soglia che in futuro potrà essere un parametro di riferimento". Dopo questa prima fase si è deciso di stringere il cerchio e di fare il test solo a chi ha sintomi o è stato a contatto con una persona, o ancora proviene da zone in cui c'è l'infezione. "Il vantaggio è di tipo pragmatico, in quanto si evita di affollare strutture di pronto soccorso e ospedali", ha spiegato l'esperto.
È dello stesso avviso il fisico esperto di sistemi complessi Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston: con i nuovi criteri di notifica "il numero di casi che abbiamo visto crescere in questi giorni diventerà più piccolo perché non si individua più chi ha il virus ma non mostra sintomi e ci si concentra su chi può avere bisogno di cure mediche e che va tenuto sotto controllo, anche per non ingolfare i laboratori di analisi". Bisognerà comunque fare i conti con il fatto che "si perde qualcosa sull'entità dell'epidemia".
Nel frattempo si cerca di capire se in Italia esistono uno o più focolai dell'epidemia. La differenza è sostanziale perché, ha rilevato Vespignani, "la presenza di più focolai indica che l'epidemia è partita in posti diversi ed è quindi più difficile da controllare e isolare". Per questo si sta cercando di individuare il legame tra i casi in Lombardia e quelli in Veneto: significherebbe avere un unico focolaio.
Prosegue anche la ricerca del paziente zero: secondo Broccolo "potrebbero esserci stati più pazienti zero e ognuno potrebbe aver fatto partire una catena di contagio che sembra si stia fermando. Per questo potrebbe non essere utile investire energie nella caccia al paziente zero". Molto probabilmente, ha aggiunto, "erano persone con il virus da almeno due settimane prima del caso lodigiano e potrebbero essere già guariti".
Guardando al futuro, un elemento positivo è che "come altri coronavirus, anche il sarsCoV2 sembra mutare meno rispetto a quello dell'influenza e l'infezione non dura a lungo: questo ci fa sperare che non persisterà a lungo"
(fonte ANSA S&T)io Telescope (Gmrt) in India.