Contact tracing, tempi lunghi per l’app italiana: sì alla soluzione di Apple, dati poi distrutti
La ministra Pisano ha spiegato che «la soluzione italiana si baserà sui modelli indicati da Apple e Google»
Roma – Si tiene in serata il consiglio dei Ministri che varerà, oltre a una serie di misure sui criteri che regoleranno le scarcerazioni, il decreto sulla app di tracciamento dei contatti per contenere il rischio dei contagi da coronavirus.
Dopo settimane di lavoro, il governo ha cambiato parzialmente direzione rispetto alle indicazioni della prima ora: i dati relativi ai contatti stretti dell'app di tracciamento saranno conservati «anche (ma non solo, ndr) nei dispositivi mobili degli utenti per il periodo strettamente necessario al trattamento», e comunque non oltre il 31 dicembre 2020; l'app sarà volontaria ed è esclusa la geolocalizazione in favore del «tracciamento di prossimità» e il suo mancato uso «non comporta alcuna limitazione o conseguenza in ordine all'esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti interessati ed è assicurato il rispetto del principio di parità di trattamento».
Scelta la soluzione di Apple e Google
Intervenendo in audizione in commissione Lavori pubblici al Senato, la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, ha spiegato che il sistema di tracciamento «dovrà tenere in considerazione l'evoluzione di sistemi internazionali oggi ancora non completamente definiti, in particolare i modelli annunciati da Apple e Google, su cui la soluzione italiana si baserà»; ancora non è chiaro che cosa ne sarà del’app Immuni, iniziale scelta del governo, dopo i molti problemi evidenziati.
Nella bozza di decreto si specifica che i dati raccolti attraverso l'applicazione non possono essere utilizzati per finalità diverse da quella del tracciamento, «salva la possibilità di utilizzo in forma aggregata o comunque anonima, per soli fini statistici o di ricerca scientifica»; il ministero, inoltre, adotta «misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi elevati per i diritti e le libertà degli interessati, sentito il Garante per la Protezione dei dati» e «i diritti degli interessati possono essere esercitati anche con modalità semplificate».
La piattaforma del ministero della Salute, infine, è «realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale (questo dovrebbe rispondere alla questione dei data center per gestire le informazioni, sollevata nei giorni scorsi dal Secolo XIX, ndr) e gestite da amministrazioni o enti pubblici o in controllo pubblico».
La scelta di strutture pubbliche
Su questo, la ministra ha detto che per tutto quello che l'app comporta, da «analisi e sviluppo» a «gestione dei dati», a «diffusione negli store» sono «coinvolte società pubbliche interamente partecipate dallo Stato: PagoPa e Sogei Spa, oltre che il dipartimento». Secondo la Pisano, queste applicazioni possono funzionare anche con un'adesione sotto il 60%: «Già al 25-30% hanno una buona resa», anche se resta importante che venga adottata dal maggior numero di cittadini e per questo sarà fatta «una forte campagna di comunicazione».
Tempi prevedibilmente lunghi
Comunque, per approfondire le tematiche legate all'uso dell'app di contact tracing, il Copasir ha convocato per martedì 5 maggio la stessa ministra Pisano e il commissario straordinario all'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri: «Il Comitato - ha spiegato il suo presidente, Raffaele Volpi - apprendendo della probabile “parlamentarizzazione” della tematica legata a questa tecnologia, ha ritenuto di stilare un documento che sarà inviato alle Camere con le valutazioni e le conclusioni su questa forma di raccolta del tracciamento personale, in modo da dare un contributo al dibattito riferibile alle competenze del Copasir».
Solo dopo tutti questi passaggi, insomma, è possibile che l’app sia disponibile per le persone e possa essere utilizzata.
La ministra Pisano ha spiegato che «la soluzione italiana si baserà sui modelli indicati da Apple e Google»
Roma – Si tiene in serata il consiglio dei Ministri che varerà, oltre a una serie di misure sui criteri che regoleranno le scarcerazioni, il decreto sulla app di tracciamento dei contatti per contenere il rischio dei contagi da coronavirus.
Dopo settimane di lavoro, il governo ha cambiato parzialmente direzione rispetto alle indicazioni della prima ora: i dati relativi ai contatti stretti dell'app di tracciamento saranno conservati «anche (ma non solo, ndr) nei dispositivi mobili degli utenti per il periodo strettamente necessario al trattamento», e comunque non oltre il 31 dicembre 2020; l'app sarà volontaria ed è esclusa la geolocalizazione in favore del «tracciamento di prossimità» e il suo mancato uso «non comporta alcuna limitazione o conseguenza in ordine all'esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti interessati ed è assicurato il rispetto del principio di parità di trattamento».
Scelta la soluzione di Apple e Google
Intervenendo in audizione in commissione Lavori pubblici al Senato, la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, ha spiegato che il sistema di tracciamento «dovrà tenere in considerazione l'evoluzione di sistemi internazionali oggi ancora non completamente definiti, in particolare i modelli annunciati da Apple e Google, su cui la soluzione italiana si baserà»; ancora non è chiaro che cosa ne sarà del’app Immuni, iniziale scelta del governo, dopo i molti problemi evidenziati.
Nella bozza di decreto si specifica che i dati raccolti attraverso l'applicazione non possono essere utilizzati per finalità diverse da quella del tracciamento, «salva la possibilità di utilizzo in forma aggregata o comunque anonima, per soli fini statistici o di ricerca scientifica»; il ministero, inoltre, adotta «misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi elevati per i diritti e le libertà degli interessati, sentito il Garante per la Protezione dei dati» e «i diritti degli interessati possono essere esercitati anche con modalità semplificate».
La piattaforma del ministero della Salute, infine, è «realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale (questo dovrebbe rispondere alla questione dei data center per gestire le informazioni, sollevata nei giorni scorsi dal Secolo XIX, ndr) e gestite da amministrazioni o enti pubblici o in controllo pubblico».
La scelta di strutture pubbliche
Su questo, la ministra ha detto che per tutto quello che l'app comporta, da «analisi e sviluppo» a «gestione dei dati», a «diffusione negli store» sono «coinvolte società pubbliche interamente partecipate dallo Stato: PagoPa e Sogei Spa, oltre che il dipartimento». Secondo la Pisano, queste applicazioni possono funzionare anche con un'adesione sotto il 60%: «Già al 25-30% hanno una buona resa», anche se resta importante che venga adottata dal maggior numero di cittadini e per questo sarà fatta «una forte campagna di comunicazione».
Tempi prevedibilmente lunghi
Comunque, per approfondire le tematiche legate all'uso dell'app di contact tracing, il Copasir ha convocato per martedì 5 maggio la stessa ministra Pisano e il commissario straordinario all'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri: «Il Comitato - ha spiegato il suo presidente, Raffaele Volpi - apprendendo della probabile “parlamentarizzazione” della tematica legata a questa tecnologia, ha ritenuto di stilare un documento che sarà inviato alle Camere con le valutazioni e le conclusioni su questa forma di raccolta del tracciamento personale, in modo da dare un contributo al dibattito riferibile alle competenze del Copasir».
Solo dopo tutti questi passaggi, insomma, è possibile che l’app sia disponibile per le persone e possa essere utilizzata.