Recupero a 800 metri profondità. Franceschini, investire di più
Anfore e brocche ma anche un gran quantità di coppe da vino in ceramica fine destinate alla tavola delle élites, ancora impilate e "imballate" all'interno di grandi vasi usati per proteggerle dal rischio di incidenti durante il lungo viaggio in mare. Oltre a resti di alimenti, come le olive.
Recuperato negli abissi del Canale di Otranto all'incredibile profondità di 780 metri, il carico di una nave corinzia del VII sec a.C. appena studiato nei laboratori della Soprintendenza nazionale per il patrimonio subacqueo, getta nuova luce sugli albori del commercio tra Corinto e la Magna Grecia.
Di fatto retrodatandone l'inizio proprio ai primi anni del VII sec. a. C. "Una grande scoperta che dimostra la necessità di tornare a investire sull'archeologia subacquea", applaude il ministro della cultura Franceschini, che anticipa l'intenzione del ministero di avviare un progetto per riportare in superficie anche tutti altri reperti rimasti in fondo al mare.
Individuato nel 2018 nell'ambito delle operazioni per la realizzazione della Tap, il metanodotto che porta in Italia il gas dell'Azerbaijan, il relitto dell'antichissima imbarcazione racconta in anteprima all'ANSA la soprintendente Barbara Davidde, è stato studiato grazie alla legge sull'archeologia preventiva, tanto che lo stesso recupero delle stoviglie oggetto dello studio, in tutto 22 oggetti, è stato finanziato dai lavori per il gasdotto.
La sorpresa più grande è arrivata però in laboratorio, quando gli esperti della soprintendenza hanno ripulito e studiato il campionario di vasi e coppe constatando che si trattava di un materiale così antico. Perché fino ad oggi, spiega Davidde, "non si pensava che tra la Magna Grecia e la madre patria ci potesse essere un commercio organizzato già in questa epoca".
Anche la fase del recupero è stata straordinaria. Gli archeologi sono tornati a bordo di una nave oceanografica nel punto del Canale di Otranto in cui era stato individuato il relitto, a 22 miglia dalla costa, e lì hanno documentato il tesoro sommerso con video subacquei e fotografie.
Poi servendosi di una sorta di sottomarino guidato via cavo e di una speciale pompa aspirante sono riusciti a riportare in superficie 22 degli oltre 220 oggetti.
Recuperato negli abissi del Canale di Otranto all'incredibile profondità di 780 metri, il carico di una nave corinzia del VII sec a.C. appena studiato nei laboratori della Soprintendenza nazionale per il patrimonio subacqueo, getta nuova luce sugli albori del commercio tra Corinto e la Magna Grecia.
Di fatto retrodatandone l'inizio proprio ai primi anni del VII sec. a. C. "Una grande scoperta che dimostra la necessità di tornare a investire sull'archeologia subacquea", applaude il ministro della cultura Franceschini, che anticipa l'intenzione del ministero di avviare un progetto per riportare in superficie anche tutti altri reperti rimasti in fondo al mare.
Individuato nel 2018 nell'ambito delle operazioni per la realizzazione della Tap, il metanodotto che porta in Italia il gas dell'Azerbaijan, il relitto dell'antichissima imbarcazione racconta in anteprima all'ANSA la soprintendente Barbara Davidde, è stato studiato grazie alla legge sull'archeologia preventiva, tanto che lo stesso recupero delle stoviglie oggetto dello studio, in tutto 22 oggetti, è stato finanziato dai lavori per il gasdotto.
La sorpresa più grande è arrivata però in laboratorio, quando gli esperti della soprintendenza hanno ripulito e studiato il campionario di vasi e coppe constatando che si trattava di un materiale così antico. Perché fino ad oggi, spiega Davidde, "non si pensava che tra la Magna Grecia e la madre patria ci potesse essere un commercio organizzato già in questa epoca".
Anche la fase del recupero è stata straordinaria. Gli archeologi sono tornati a bordo di una nave oceanografica nel punto del Canale di Otranto in cui era stato individuato il relitto, a 22 miglia dalla costa, e lì hanno documentato il tesoro sommerso con video subacquei e fotografie.
Poi servendosi di una sorta di sottomarino guidato via cavo e di una speciale pompa aspirante sono riusciti a riportare in superficie 22 degli oltre 220 oggetti.