Fonte: ilcorriere.it
Buchi neri giganteschi popolavano l'universo primordiale
Presenti nel 30-100% delle galassie distanti 13 miliardi di anni luce dalla Terra
MILANO - L'universo primordiale era popolato da numerosi ed enormi buchi neri che crescevano a ritmi velocissimi nelle giovani galassie. La scoperta, pubblicata sulla rivista Naturee annunciata dalla Nasa, è frutto di una ricerca coordinata dall'università delle Hawaii e basata su immagini e dati inviati a Terra dal telescopio spaziale americano Chandra. I buchi neri nati all'alba dell'universo ora si nascondono al centro di galassie lontanissime, coperti da una spessa coltre di gas e polveri.
COMUNI - Questi «mostri cosmici», secondo gli esperti, sarebbero molto più comuni di quanto ritenuto finora: sarebbero presenti in un grande numero di galassie lontane, compreso fra il 30% e il 100% delle galassie distanti circa 13 miliardi di anni luce dalla Terra. «Finora non avevamo idea che cosa ci potessero fare buchi neri all'interno di galassie così antiche, e non pensavamo nemmeno che esistessero», ha rilevato il coordinatore della ricerca, Ezequiel Treister. Per il cosmologo Priyamvada Natarajan dell'università di Yale, «questa scoperta ci dice che già 700-800 milioni di anni dopo il Big Bang esistevano i primi buchi neri e che questi erano giganteschi».
I superbuchi neri sembrano essere in simbiosi con la loro galassia: un fenomeno che finora non si riteneva possibile per galassie così antiche. «La scoperta ci dice che la simbiosi fra i buchi neri e le galassie, osservata finora solo nelle galassie più vicine, esiste dall'alba dell'universo», ha spiegato uno degli autori dello studio, l'astronomo Kevin Schawinski, dell'università di Yale. Per scovare questi buchi neri, scoperti anche con il contributo dell'italiana Marta Volonteri, dell'università del Michigan, i ricercatori si sono concentrati sui raggi X emessi da 200 galassie molto distanti e rilevati dal telescopio Chandra. Queste emissioni ad altissime energie avvengono quando la materia attratta dal buco nero collide con le particelle di materia circostante e sono le uniche, spiegano gli autori, che riescono a passare attraverso la coltre di nubi di polveri e gas molto dense che avvolgono i buchi neri e trattengono gran parte delle altre emissioni. Segnali di questo tipo, proseguono gli esperti, sono la spia che questi oggetti sono davvero enormi, con una massa milioni di volte superiore a quella del Sole. (fonte: Ansa)
Buchi neri giganteschi popolavano l'universo primordiale
Presenti nel 30-100% delle galassie distanti 13 miliardi di anni luce dalla Terra
MILANO - L'universo primordiale era popolato da numerosi ed enormi buchi neri che crescevano a ritmi velocissimi nelle giovani galassie. La scoperta, pubblicata sulla rivista Naturee annunciata dalla Nasa, è frutto di una ricerca coordinata dall'università delle Hawaii e basata su immagini e dati inviati a Terra dal telescopio spaziale americano Chandra. I buchi neri nati all'alba dell'universo ora si nascondono al centro di galassie lontanissime, coperti da una spessa coltre di gas e polveri.
COMUNI - Questi «mostri cosmici», secondo gli esperti, sarebbero molto più comuni di quanto ritenuto finora: sarebbero presenti in un grande numero di galassie lontane, compreso fra il 30% e il 100% delle galassie distanti circa 13 miliardi di anni luce dalla Terra. «Finora non avevamo idea che cosa ci potessero fare buchi neri all'interno di galassie così antiche, e non pensavamo nemmeno che esistessero», ha rilevato il coordinatore della ricerca, Ezequiel Treister. Per il cosmologo Priyamvada Natarajan dell'università di Yale, «questa scoperta ci dice che già 700-800 milioni di anni dopo il Big Bang esistevano i primi buchi neri e che questi erano giganteschi».
I superbuchi neri sembrano essere in simbiosi con la loro galassia: un fenomeno che finora non si riteneva possibile per galassie così antiche. «La scoperta ci dice che la simbiosi fra i buchi neri e le galassie, osservata finora solo nelle galassie più vicine, esiste dall'alba dell'universo», ha spiegato uno degli autori dello studio, l'astronomo Kevin Schawinski, dell'università di Yale. Per scovare questi buchi neri, scoperti anche con il contributo dell'italiana Marta Volonteri, dell'università del Michigan, i ricercatori si sono concentrati sui raggi X emessi da 200 galassie molto distanti e rilevati dal telescopio Chandra. Queste emissioni ad altissime energie avvengono quando la materia attratta dal buco nero collide con le particelle di materia circostante e sono le uniche, spiegano gli autori, che riescono a passare attraverso la coltre di nubi di polveri e gas molto dense che avvolgono i buchi neri e trattengono gran parte delle altre emissioni. Segnali di questo tipo, proseguono gli esperti, sono la spia che questi oggetti sono davvero enormi, con una massa milioni di volte superiore a quella del Sole. (fonte: Ansa)