Milano, 03 maggio 2012
Lo stadio ha subito sostenuto il portiere per l'errore contro il Lecce. Il coro immediato, gli applausi. Il perdono è stato pure dei compagni, con Marchisio che dice: "Gigi alla Juve dà corpo e anima, un errore così capita". Ma una Juve tonica in chiave scudetto ha un timore: il contraccolpo psicologico.
Il silenzio. Era la cosa che colpiva di più ieri sera, pochi minuti dopo il fischio finale. Altro che festa scudetto. Lo Juventus Stadium era bello come sempre, ma silenzioso come mai, dopo una partita dei bianconeri. Rabbia. Preoccupazione. Sconforto. Erano le sensazioni che si respiravano, palpabili, comunicate con il linguaggio del corpo più che con le parole, dal popolo dei 40.000 che hanno lasciato stadio e Area 12 in tutta fretta, invece di soffermarsi, come sempre, a festeggiare la Juve, finora imbattibile. Ma resa vulnerabile, in chiave scudetto, dal "paperone" di Buffon. Incredibile. Almeno quanto l'1-1 interno col Lecce, soprattutto per come è maturato. Via tutti, a voce bassa e testa alta. Abbandonavano lo stadio, ma non il loro portiere. Chiamato in coro dalla Curva. Applaudito da tutto lo stadio. Consolato. Che la gratitudine i tifosi sanno cos'è. E dopo 35 giornate di parate importanti, non è che uno scivolone, letterale, può far dimenticare tutto.
BUFFON PERDONATO DA PUBBLICO E COMPAGNI — Lui, Buffon, li ha ringraziati, per il perdono in tempo reale. Ha chiesto scusa. Ha dato persino il cinque a Bertolacci. Stavolta è stato lui a perdonare il centroacampista giallorosso per avergli fatto fare una figuraccia. Ha chiesto scusa pure ai compagni, poi. Ma non ce n'era bisogno, è ovvio. Lo ha detto Marchisio. "Buffon per la Juve ha sempre dato corpo e anima - ha dichiarato ai microfoni il centrocampista -, errori così capitano". Lo ha ribadito Conte: "È successo l'imponderabile. A Buffon posso solo dire grazie per quello che ha fatto sinora". Errore già dimenticato, e ci mancherebbe altro. E però la classifica non lo dimentica. Il Milan adesso è attaccato al paraurti della fuoriserie Juve. E ora?
LE PROSPETTIVE — E ora la Juve ha un punto di vantaggio a due giornate dalla fine del campionato. Domenica la aspetta la trasferta di Trieste, contro il Cagliari, già salvo. Poi la domenica successiva l'Atalanta, allo Juventus Stadium. La Juve ha sempre in mano il pallino tricolore: se vince sempre è campione d'Italia. E ha pure in punticino di bonus rimasto, con l'arrivo a pari punti dalla sua parte. La squadra sta bene, non fatevi fuorviare dal risultato. Col Lecce ha dominato dall'inizio alla fine, non ha subìto un tiro in porta. Quello di Buffon è stato un harakiri isolato. Le gambe girano forte, 8 vittorie di fila non erano arrivate per caso. E la Juve è più forte di Cagliari e Atalanta. Se giocherà al meglio, vincerà. E allora, è tutto facile? Proprio no. Perchè bisognerà capire se accuserà il contraccolpo psicologico. Se subentrerà la paura di perdere, o magari di vincere. Insomma, quella di lasciare per strada uno scudetto che a 5' dalla fine ieri, allo Juventus Stadium, aveva già in tasca. E ora deve rivincere.
Lo stadio ha subito sostenuto il portiere per l'errore contro il Lecce. Il coro immediato, gli applausi. Il perdono è stato pure dei compagni, con Marchisio che dice: "Gigi alla Juve dà corpo e anima, un errore così capita". Ma una Juve tonica in chiave scudetto ha un timore: il contraccolpo psicologico.
Il silenzio. Era la cosa che colpiva di più ieri sera, pochi minuti dopo il fischio finale. Altro che festa scudetto. Lo Juventus Stadium era bello come sempre, ma silenzioso come mai, dopo una partita dei bianconeri. Rabbia. Preoccupazione. Sconforto. Erano le sensazioni che si respiravano, palpabili, comunicate con il linguaggio del corpo più che con le parole, dal popolo dei 40.000 che hanno lasciato stadio e Area 12 in tutta fretta, invece di soffermarsi, come sempre, a festeggiare la Juve, finora imbattibile. Ma resa vulnerabile, in chiave scudetto, dal "paperone" di Buffon. Incredibile. Almeno quanto l'1-1 interno col Lecce, soprattutto per come è maturato. Via tutti, a voce bassa e testa alta. Abbandonavano lo stadio, ma non il loro portiere. Chiamato in coro dalla Curva. Applaudito da tutto lo stadio. Consolato. Che la gratitudine i tifosi sanno cos'è. E dopo 35 giornate di parate importanti, non è che uno scivolone, letterale, può far dimenticare tutto.
BUFFON PERDONATO DA PUBBLICO E COMPAGNI — Lui, Buffon, li ha ringraziati, per il perdono in tempo reale. Ha chiesto scusa. Ha dato persino il cinque a Bertolacci. Stavolta è stato lui a perdonare il centroacampista giallorosso per avergli fatto fare una figuraccia. Ha chiesto scusa pure ai compagni, poi. Ma non ce n'era bisogno, è ovvio. Lo ha detto Marchisio. "Buffon per la Juve ha sempre dato corpo e anima - ha dichiarato ai microfoni il centrocampista -, errori così capitano". Lo ha ribadito Conte: "È successo l'imponderabile. A Buffon posso solo dire grazie per quello che ha fatto sinora". Errore già dimenticato, e ci mancherebbe altro. E però la classifica non lo dimentica. Il Milan adesso è attaccato al paraurti della fuoriserie Juve. E ora?
LE PROSPETTIVE — E ora la Juve ha un punto di vantaggio a due giornate dalla fine del campionato. Domenica la aspetta la trasferta di Trieste, contro il Cagliari, già salvo. Poi la domenica successiva l'Atalanta, allo Juventus Stadium. La Juve ha sempre in mano il pallino tricolore: se vince sempre è campione d'Italia. E ha pure in punticino di bonus rimasto, con l'arrivo a pari punti dalla sua parte. La squadra sta bene, non fatevi fuorviare dal risultato. Col Lecce ha dominato dall'inizio alla fine, non ha subìto un tiro in porta. Quello di Buffon è stato un harakiri isolato. Le gambe girano forte, 8 vittorie di fila non erano arrivate per caso. E la Juve è più forte di Cagliari e Atalanta. Se giocherà al meglio, vincerà. E allora, è tutto facile? Proprio no. Perchè bisognerà capire se accuserà il contraccolpo psicologico. Se subentrerà la paura di perdere, o magari di vincere. Insomma, quella di lasciare per strada uno scudetto che a 5' dalla fine ieri, allo Juventus Stadium, aveva già in tasca. E ora deve rivincere.