Nuoro, ex insegnante scambiata per la moglie di un imprenditore
Il giorno prima era andata dall’estetista e aveva prenotato la ricotta, le uova fresche e il pane carasau. Di buon mattino, prima della solita passeggiata, aveva fatto il bucato, steso i panni e preparato il sugo per le polpette. Irene Cristinzio non era una donna stanca di vivere. E in famiglia non si sentiva in trappola.
I giorni prima della scomparsa sembrava più felice del solito: Salvatore, il figlio grande che vive a Milano, era a Orosei per le vacanze e proprio quel pomeriggio sarebbe arrivata in paese anche Nicoletta, la secondogenita che ha messo su famiglia a Olbia e che avrebbe portato dai nonni anche il nipotino. Tra le 8,20 e le 8,30 di quel giovedì 11 luglio succede qualcosa di misterioso: Irene Cristinzio, sessantacinquenne ex insegnante di lettere alle medie, svanisce nel nulla. Da 353 giorni il silenzio è assoluto.
Si pensa subito a un malore, ma nelle campagne non si trova né una donna in agonia né un cadavere. La fuga volontaria la esclude subito il marito Tonino Nanni e ci credono poco i carabinieri. Poi spunta un testimone: un uomo che segnala agli investigatori una storia su cui si concentrano le indagini. Il sospetto è quello di uno scambio di persona. Accanto alla villetta della famiglia Nanni-Cristinzio ha la casa anche la moglie di un ricco imprenditore di Verona: a Irene assomiglia moltissimo e anche lei ha l’abitudine delle passeggiate all’alba. Segue lo stesso percorso, spesso in senso contrario. Il sospetto diventa martellante: l’ex professoressa di lettere (originaria del Molise, arrivata nel Nuorese nel 1976) potrebbe essere finita per errore nelle mani di un commando che aveva organizzato un sequestro lampo.
Per i tre figli e il marito di Irene, quella dello scambio di persona, è l’unica ipotesi plausibile: «La nostra è sì una famiglia benestante, ma non al punto da attirare i rapitori – dice Salvatore – Se fosse, comunque, ci avrebbero almeno fatto arrivare una richiesta di riscatto. Invece niente. Neanche minacce precedenti. Mamma non era depressa e di certo non voleva andar via di casa, nel caso l’avrebbe fatto a giugno quando era da nonna in Molise». Il comandante della compagnia dei carabinieri, il capitano Andrea Senes, si mantiene sul vago: «Il testimone è stato interrogato e l’ipotesi dello scambio di persona non è esclusa. Ma allo stesso modo seguiamo le altre».
L’ultimo compaesano che ha visto Irene Cristinzio si chiama Sebastiano Dessena: l’ha incontrata all’incrocio tra via Europa e via Porru, a un centinaio di metri dalla villa di via Nurache, tra le 8,15 e le 8,20. Quando stava già rientrando. «Quel giorno era uscita mezz’ora prima perché sapeva che sarei arrivata io con mio figlio – racconta la figlia Nicoletta – A babbo aveva detto che sarebbe rientrata alle 8,30 per fare colazione con lui. Faceva sempre la stessa strada e tutto è successo non lontano da casa, in una zona di campagna ma non disabitata. Ci sono aziende agricole e c’è sempre qualcuno che passa. Possibile che nessuno abbia visto niente di strano, neanche nei giorni precedenti?».
In attesa di una segnalazione, «anche anonima, magari al prete», a Orosei si parla di Irene Cristinzio sempre al presente. «Noi confidiamo sul suo entusiasmo, sulla sua forza, sul suo amore viscerale per noi e per babbo – dice il terzo figlio Gabriele, venticinquenne, agente commerciale a Torino – Ogni giorno che passa un pezzettino di speranza si sgretola».
Il giorno prima era andata dall’estetista e aveva prenotato la ricotta, le uova fresche e il pane carasau. Di buon mattino, prima della solita passeggiata, aveva fatto il bucato, steso i panni e preparato il sugo per le polpette. Irene Cristinzio non era una donna stanca di vivere. E in famiglia non si sentiva in trappola.
I giorni prima della scomparsa sembrava più felice del solito: Salvatore, il figlio grande che vive a Milano, era a Orosei per le vacanze e proprio quel pomeriggio sarebbe arrivata in paese anche Nicoletta, la secondogenita che ha messo su famiglia a Olbia e che avrebbe portato dai nonni anche il nipotino. Tra le 8,20 e le 8,30 di quel giovedì 11 luglio succede qualcosa di misterioso: Irene Cristinzio, sessantacinquenne ex insegnante di lettere alle medie, svanisce nel nulla. Da 353 giorni il silenzio è assoluto.
Si pensa subito a un malore, ma nelle campagne non si trova né una donna in agonia né un cadavere. La fuga volontaria la esclude subito il marito Tonino Nanni e ci credono poco i carabinieri. Poi spunta un testimone: un uomo che segnala agli investigatori una storia su cui si concentrano le indagini. Il sospetto è quello di uno scambio di persona. Accanto alla villetta della famiglia Nanni-Cristinzio ha la casa anche la moglie di un ricco imprenditore di Verona: a Irene assomiglia moltissimo e anche lei ha l’abitudine delle passeggiate all’alba. Segue lo stesso percorso, spesso in senso contrario. Il sospetto diventa martellante: l’ex professoressa di lettere (originaria del Molise, arrivata nel Nuorese nel 1976) potrebbe essere finita per errore nelle mani di un commando che aveva organizzato un sequestro lampo.
Per i tre figli e il marito di Irene, quella dello scambio di persona, è l’unica ipotesi plausibile: «La nostra è sì una famiglia benestante, ma non al punto da attirare i rapitori – dice Salvatore – Se fosse, comunque, ci avrebbero almeno fatto arrivare una richiesta di riscatto. Invece niente. Neanche minacce precedenti. Mamma non era depressa e di certo non voleva andar via di casa, nel caso l’avrebbe fatto a giugno quando era da nonna in Molise». Il comandante della compagnia dei carabinieri, il capitano Andrea Senes, si mantiene sul vago: «Il testimone è stato interrogato e l’ipotesi dello scambio di persona non è esclusa. Ma allo stesso modo seguiamo le altre».
L’ultimo compaesano che ha visto Irene Cristinzio si chiama Sebastiano Dessena: l’ha incontrata all’incrocio tra via Europa e via Porru, a un centinaio di metri dalla villa di via Nurache, tra le 8,15 e le 8,20. Quando stava già rientrando. «Quel giorno era uscita mezz’ora prima perché sapeva che sarei arrivata io con mio figlio – racconta la figlia Nicoletta – A babbo aveva detto che sarebbe rientrata alle 8,30 per fare colazione con lui. Faceva sempre la stessa strada e tutto è successo non lontano da casa, in una zona di campagna ma non disabitata. Ci sono aziende agricole e c’è sempre qualcuno che passa. Possibile che nessuno abbia visto niente di strano, neanche nei giorni precedenti?».
In attesa di una segnalazione, «anche anonima, magari al prete», a Orosei si parla di Irene Cristinzio sempre al presente. «Noi confidiamo sul suo entusiasmo, sulla sua forza, sul suo amore viscerale per noi e per babbo – dice il terzo figlio Gabriele, venticinquenne, agente commerciale a Torino – Ogni giorno che passa un pezzettino di speranza si sgretola».
