Interdetto per 5 anni come comandante di nave. In mattinata la dichiarazione spontanea dell’ex capitano: «Quella notte sono morto anche io». Ma poi non torna in aula a causa di una febbre
L’ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino è stato condannato a 16 anni e un mese di carcere per il naufragio della nave, avvenuto il 13 gennaio del 2012, sulle coste dell’Isola del Giglio, che causò la morte di 32 persone. Schettino è stato anche interdetto per 5 anni come comandante di nave e condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il tribunale però ha escluso l’aggravante della colpa cosciente. La Procura di Grosseto aveva chiesto 26 anni e 3 mesi per l’uomo di Meta di Sorrento. Non è presente l’imputato che, secondo quanto riferito dai suoi legali, aveva un po’ di febbre e ha seguito la lettura del dispositivo dalla sua camera di albergo. Francesco Schettino e Crosta crociere sono stati condannati in solido a risarcire le parti civili, tra cui la Presidenza del Consiglio, alcuni ministeri, la Protezione civile, la Regione Toscana e il comune di Isola del Giglio.
«Quella notte sono morto anche io»
I giudici si sono chiusi in camera di consiglio mercoledì mattina subito dopo l’intervento e le lacrime di Francesco Schettino, che ha rilasciato una dichiarazione spontanea. «Quel 13 gennaio sono morto anch’io» ha detto. In tre pagine di appunti, visti e rivisti nelle ultime udienze, ha cercato di raccogliere l’oceano di emozioni e pensieri che lo hanno accompagnato in questi tre anni. Poi ha parlato della Costa Concordia e delle trentadue vittime, di un «intero sistema da processare» insieme a lui, di sicurezza in mare, dell’arcinota telefonata (ASCOLTA) con il comandante Gregorio De Falco. «Non si può chiamare vita quella che sto facendo – ha detto - Sono stato accusato di mancanza di sensibilità per le vittime: cospargersi il capo di cenere è un modo per esibire i propri sentimenti. Una scelta che non ho fatto. Il dolore non va esibito per strumentalizzarlo». Ha tirato fuori degli incontri con dei naufraghi fatti a casa sua e lì è scoppiato a piangere. «Non si dovevano permettere» tuona con voce roca verso i banchi della Procura. «Basta così» e ha tirato i fogli sul tavolo. (Corriere della Sera)
L’ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino è stato condannato a 16 anni e un mese di carcere per il naufragio della nave, avvenuto il 13 gennaio del 2012, sulle coste dell’Isola del Giglio, che causò la morte di 32 persone. Schettino è stato anche interdetto per 5 anni come comandante di nave e condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il tribunale però ha escluso l’aggravante della colpa cosciente. La Procura di Grosseto aveva chiesto 26 anni e 3 mesi per l’uomo di Meta di Sorrento. Non è presente l’imputato che, secondo quanto riferito dai suoi legali, aveva un po’ di febbre e ha seguito la lettura del dispositivo dalla sua camera di albergo. Francesco Schettino e Crosta crociere sono stati condannati in solido a risarcire le parti civili, tra cui la Presidenza del Consiglio, alcuni ministeri, la Protezione civile, la Regione Toscana e il comune di Isola del Giglio.
«Quella notte sono morto anche io»
I giudici si sono chiusi in camera di consiglio mercoledì mattina subito dopo l’intervento e le lacrime di Francesco Schettino, che ha rilasciato una dichiarazione spontanea. «Quel 13 gennaio sono morto anch’io» ha detto. In tre pagine di appunti, visti e rivisti nelle ultime udienze, ha cercato di raccogliere l’oceano di emozioni e pensieri che lo hanno accompagnato in questi tre anni. Poi ha parlato della Costa Concordia e delle trentadue vittime, di un «intero sistema da processare» insieme a lui, di sicurezza in mare, dell’arcinota telefonata (ASCOLTA) con il comandante Gregorio De Falco. «Non si può chiamare vita quella che sto facendo – ha detto - Sono stato accusato di mancanza di sensibilità per le vittime: cospargersi il capo di cenere è un modo per esibire i propri sentimenti. Una scelta che non ho fatto. Il dolore non va esibito per strumentalizzarlo». Ha tirato fuori degli incontri con dei naufraghi fatti a casa sua e lì è scoppiato a piangere. «Non si dovevano permettere» tuona con voce roca verso i banchi della Procura. «Basta così» e ha tirato i fogli sul tavolo. (Corriere della Sera)