A 10 giorni dalle elezioni è venuto fuori un nuovo scandalo email che ha colpito Hillary Clinton. Il pubblico è confuso, i mercati hanno subito perdite, Hillary è sulla difensiva e Donald Trump è improvvisamente rinvigorito e la corsa elettorale americana appare chiaramente deragliata dalla notizia della riapertura dell'inchiesta FBI sulle email del candidato democratico per la Casa Bianca del 2016.
Hillary, disturbata, ha cercato di contrattaccare chiedendo subito chiarezza e ha indirettamente criticato la decisione del direttore dell'FBI Comey per aver scatenato un putiferio politico senza dare risposte certe: "Siamo a 11 giorni dalle elezioni chiave per il futuro della nostra nazione. Il direttore stesso, nella sua lettera al Congresso che ho finalmente visto, dice di non sapere se le email siano significative o no. Ebbene gli americani hanno il diritto di sapere. Io ho fiducia, qualunque cosa dicano le email, che non cambieranno la decisione di chiudere il fascicolo. E' dunque imperativo che l'FBI spieghi senza ritardi la questione. E mi aspetto di poter tornare ad occuparmi delle sfide che riguardano gli americani, di poter vincere le elezioni dell'8 novembre e di poter pensare al futuro della Nazione".
Ma l'FBI non potrà dare risposte presto. A Washington lo escludono tutti: certamente, si dice, non potrà dare risposte prima delle elezioni. E Carl Bernstein, il giornalista che con Bob Woodward denunciò lo scandalo Watergate, ieri sera ha dichiarato: "Non posso credere che il direttore dell'FBI abbia preso una decisione così difficile senza avere in mano delle email che possono cambiare il corso dell'inchiesta archiviata lo scorso luglio".
In questa situazione caotica Donald Trump è partito all'attacco contro Hillary "l'imbrogliona", "crooked Hillary" come l'ha definita ad ogni comizio. Ha anche elogiato l'FBI per aver fatto il proprio dovere dopo aver criticato aspramente l'agenzia nei giorni scorsi per essere stata complice dei poteri forti.
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Hillary, disturbata, ha cercato di contrattaccare chiedendo subito chiarezza e ha indirettamente criticato la decisione del direttore dell'FBI Comey per aver scatenato un putiferio politico senza dare risposte certe: "Siamo a 11 giorni dalle elezioni chiave per il futuro della nostra nazione. Il direttore stesso, nella sua lettera al Congresso che ho finalmente visto, dice di non sapere se le email siano significative o no. Ebbene gli americani hanno il diritto di sapere. Io ho fiducia, qualunque cosa dicano le email, che non cambieranno la decisione di chiudere il fascicolo. E' dunque imperativo che l'FBI spieghi senza ritardi la questione. E mi aspetto di poter tornare ad occuparmi delle sfide che riguardano gli americani, di poter vincere le elezioni dell'8 novembre e di poter pensare al futuro della Nazione".
Ma l'FBI non potrà dare risposte presto. A Washington lo escludono tutti: certamente, si dice, non potrà dare risposte prima delle elezioni. E Carl Bernstein, il giornalista che con Bob Woodward denunciò lo scandalo Watergate, ieri sera ha dichiarato: "Non posso credere che il direttore dell'FBI abbia preso una decisione così difficile senza avere in mano delle email che possono cambiare il corso dell'inchiesta archiviata lo scorso luglio".
In questa situazione caotica Donald Trump è partito all'attacco contro Hillary "l'imbrogliona", "crooked Hillary" come l'ha definita ad ogni comizio. Ha anche elogiato l'FBI per aver fatto il proprio dovere dopo aver criticato aspramente l'agenzia nei giorni scorsi per essere stata complice dei poteri forti.
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