Tragedia al Giro, giornata di lutto dopo la morte di Weylandt
GENOVA - Al Giro d'Italia è stato il giorno del dolore e del ricordo. Gara annullata per ricordare Wouter Weylandt, il giovane ciclista belga morto ieri pomeriggio a 20 chilometri dal traguardo. La quarta tappa, 216 chilometri da Quarto dei Mille a Livorno, è stata trasformata così in una sorta di corteo funebre. Il 'silenzio' in avvio e in conclusione, le 23 squadre che hanno iniziato seguendo la classifica per poi darsi cambi ordinati e puntuali. Sulle strade, solo striscioni e scritte in memoria del 26enne fiammingo. I ciclisti della squadra di Weylandt hanno tagliato il traguardo per primi tutti abbracciati.
FARRAR LASCIA LA GARA. Il suo miglior amico, Tyler Farrar, statunitense della Garmin, è pronto stasera a tornare a casa. Farrar nel finale si è schierato con la Leopard-Trek, abbracciando i compagni di squadra di Weylandt.
LA CAUSA DELL'INCIDENTE. A causare l'incidente mortale di Weylandt potrebbe essere stata una lieve distrazione. Secondo una prima ricostruzione effettuata anche grazie alle testimonianze raccolte tra i colleghi del velocista di Gand, in quel tratto della discesa, sulla strada del Bocco, i ciclisti stavano sfrecciando a circa 70-80 km/h. Weylandt si sarebbe voltato per vedere se qualcuno poteva dargli una mano a tirare il gruppo, perdendo così l'assetto della bici che ha toccato il muretto con la ruota anteriore. Il ciclista è caduto a una velocità superiore ai 70 km/h sbattendo la testa prima sul muretto e poi sull'asfalto. La morte è stata fulminea, come ha accertato l'autopsia durata due ore e mezza: fratture esposte e multiple al viso, morte subitanea. Per effettuare una ricostruzione completa dell'accaduto, la Polstrada di Chiavari, incaricata dal sostituto procuratore Francesco Brancaccio della procura di Chiavari, ha sequestrato tutti i filmati della corsa.
PADRE IN CAMERA MORTUARIA PER RICONOSCIMENTO. Il papà dello sprinter morto ad appena 26 anni è entrato nella camera mortuaria dell'ospedale di Lavagna per il riconoscimento del corpo del figlio. Il papà di Weylandt era arrivato ieri sera all'aeroporto di Milano Malpensa assieme alla moglie del ciclista, Anne Sophie. La donna è voluta andare sul luogo della tragedia, lasciando fiori e lacrime: la salma del belga potrebbe tornare in patria già domani per le esequie a Gand, la sua città natale. Tutti i premi della tappa di oggi, annullata ai fini della classifica, andranno alla famiglia di Weylandt, che a settembre sarebbe diventato papà.
BUGNO: "IMPOSSIBILE PROTEGGERE TUTTO IL PERCORSO". "Weylandt indossava il casco, che una protezione la dà. Ma quando si batte la testa a quelle velocità c'è poco da fare. E' come un motociclista che va a duecento all'ora, contro certi rischi non si può fare nulla". Lo ha detto in un'intervista al quotidiano La Stampa Gianni Bugno, ex ciclista e presidente del sindacato mondiale dei corridori. Le protezioni sul punto di caduta erano sufficienti, sottolinea Bugno, "se dovessimo proteggere diversamente un punto così, dovremmo proteggere tutto il tracciato, non è immaginabile". "Weylandt non ha sbagliato - ha proseguito - . Il ciclista è un atleta che rischia, che soffre, che sa quello che può capitare quando affronta discese del genere. Non c'è un colpevole in casi come questi, ma solo una serie di coincidenze, che hanno portato a un esito tragico".
VALENTINO ROSSI: "TRISTISSIMO". "E' stata una cosa tristissima, mi dispiace molto". Così il nove volte campione del mondo di motociclismo, Valentino Rossi, ha commentato l'incidente costato la vita a Weylandt.
GENOVA - Al Giro d'Italia è stato il giorno del dolore e del ricordo. Gara annullata per ricordare Wouter Weylandt, il giovane ciclista belga morto ieri pomeriggio a 20 chilometri dal traguardo. La quarta tappa, 216 chilometri da Quarto dei Mille a Livorno, è stata trasformata così in una sorta di corteo funebre. Il 'silenzio' in avvio e in conclusione, le 23 squadre che hanno iniziato seguendo la classifica per poi darsi cambi ordinati e puntuali. Sulle strade, solo striscioni e scritte in memoria del 26enne fiammingo. I ciclisti della squadra di Weylandt hanno tagliato il traguardo per primi tutti abbracciati.
FARRAR LASCIA LA GARA. Il suo miglior amico, Tyler Farrar, statunitense della Garmin, è pronto stasera a tornare a casa. Farrar nel finale si è schierato con la Leopard-Trek, abbracciando i compagni di squadra di Weylandt.
LA CAUSA DELL'INCIDENTE. A causare l'incidente mortale di Weylandt potrebbe essere stata una lieve distrazione. Secondo una prima ricostruzione effettuata anche grazie alle testimonianze raccolte tra i colleghi del velocista di Gand, in quel tratto della discesa, sulla strada del Bocco, i ciclisti stavano sfrecciando a circa 70-80 km/h. Weylandt si sarebbe voltato per vedere se qualcuno poteva dargli una mano a tirare il gruppo, perdendo così l'assetto della bici che ha toccato il muretto con la ruota anteriore. Il ciclista è caduto a una velocità superiore ai 70 km/h sbattendo la testa prima sul muretto e poi sull'asfalto. La morte è stata fulminea, come ha accertato l'autopsia durata due ore e mezza: fratture esposte e multiple al viso, morte subitanea. Per effettuare una ricostruzione completa dell'accaduto, la Polstrada di Chiavari, incaricata dal sostituto procuratore Francesco Brancaccio della procura di Chiavari, ha sequestrato tutti i filmati della corsa.
PADRE IN CAMERA MORTUARIA PER RICONOSCIMENTO. Il papà dello sprinter morto ad appena 26 anni è entrato nella camera mortuaria dell'ospedale di Lavagna per il riconoscimento del corpo del figlio. Il papà di Weylandt era arrivato ieri sera all'aeroporto di Milano Malpensa assieme alla moglie del ciclista, Anne Sophie. La donna è voluta andare sul luogo della tragedia, lasciando fiori e lacrime: la salma del belga potrebbe tornare in patria già domani per le esequie a Gand, la sua città natale. Tutti i premi della tappa di oggi, annullata ai fini della classifica, andranno alla famiglia di Weylandt, che a settembre sarebbe diventato papà.
BUGNO: "IMPOSSIBILE PROTEGGERE TUTTO IL PERCORSO". "Weylandt indossava il casco, che una protezione la dà. Ma quando si batte la testa a quelle velocità c'è poco da fare. E' come un motociclista che va a duecento all'ora, contro certi rischi non si può fare nulla". Lo ha detto in un'intervista al quotidiano La Stampa Gianni Bugno, ex ciclista e presidente del sindacato mondiale dei corridori. Le protezioni sul punto di caduta erano sufficienti, sottolinea Bugno, "se dovessimo proteggere diversamente un punto così, dovremmo proteggere tutto il tracciato, non è immaginabile". "Weylandt non ha sbagliato - ha proseguito - . Il ciclista è un atleta che rischia, che soffre, che sa quello che può capitare quando affronta discese del genere. Non c'è un colpevole in casi come questi, ma solo una serie di coincidenze, che hanno portato a un esito tragico".
VALENTINO ROSSI: "TRISTISSIMO". "E' stata una cosa tristissima, mi dispiace molto". Così il nove volte campione del mondo di motociclismo, Valentino Rossi, ha commentato l'incidente costato la vita a Weylandt.