Silvio Berlusconi morto, con lui se ne va un pezzo d’Italia: nessun erede all’orizzonte. Alla fine ha dovuto arrendersi. Ha imposto un cambiamento radicale nel rapporto con la politica
Poche parole per un leader di cui molti (me compresa) non condividevano la visione ma indubbiamente un uomo dalle notevoli qualità.
Silvio Berlusconi è stato un politico e imprenditore italiano, quattro volte Presidente del Consiglio. Era conosciuto anche come il Cavaliere, avendo ricevuto nel 1977 l'ordine al merito del lavoro, al quale ha rinunciato a seguito di una condanna penale nel 2014.
L’ultima soddisfazione politica Silvio Berlusconi se l’è presa il 13 ottobre scorso, giorno del suo ritorno nell’Aula del Senato da cui era stato espulso 10 anni prima. Un rientro che paradossalmente, a posteriori, è destinato a rappresentare anche la conclusione dell’epopea politica berlusconiana cominciata il 26 gennaio 1994, con il famoso discorso in cui annunciava la sua “discesa in campo”.
L’appendice di questi 8 mesi, gli scontri per la formazione del governo prima, le guerre intestine dentro Forza Italia restano per ora sullo sfondo, sfocati. La morte di Berlusconi travalica infatti la cronaca politica di parte assumendo una dimensione nazionale. In questi 30 anni il protagonismo del Cavaliere ha segnato profondamente non solo la politica e il rapporto tra gli italiani e chi li rappresenta ma la società, la cultura.
C’è un prima e un dopo Berlusconi per tutti. Per questo più di qualcuno ha parlato di una vera e propria rivoluzione. Prima di Berlusconi a contare erano stati i partiti: la Dc, il Pci, il Psi ma anche repubblicani, liberali eccetera. Il concetto di leadership, la stessa definizione di leader raramente veniva utilizzata anche nelle cronache giornalistiche. Con Berlusconi invece il leader diventa assoluto protagonista e il partito da lui stesso fondato - Forza Italia - ne diviene una sua diretta espressione, governato come un’azienda. Non a caso tra i parlamentari azzurri massiccia è stata la presenza di dirigenti Mediaset.
Poche parole per un leader di cui molti (me compresa) non condividevano la visione ma indubbiamente un uomo dalle notevoli qualità.
Silvio Berlusconi è stato un politico e imprenditore italiano, quattro volte Presidente del Consiglio. Era conosciuto anche come il Cavaliere, avendo ricevuto nel 1977 l'ordine al merito del lavoro, al quale ha rinunciato a seguito di una condanna penale nel 2014.
L’ultima soddisfazione politica Silvio Berlusconi se l’è presa il 13 ottobre scorso, giorno del suo ritorno nell’Aula del Senato da cui era stato espulso 10 anni prima. Un rientro che paradossalmente, a posteriori, è destinato a rappresentare anche la conclusione dell’epopea politica berlusconiana cominciata il 26 gennaio 1994, con il famoso discorso in cui annunciava la sua “discesa in campo”.
L’appendice di questi 8 mesi, gli scontri per la formazione del governo prima, le guerre intestine dentro Forza Italia restano per ora sullo sfondo, sfocati. La morte di Berlusconi travalica infatti la cronaca politica di parte assumendo una dimensione nazionale. In questi 30 anni il protagonismo del Cavaliere ha segnato profondamente non solo la politica e il rapporto tra gli italiani e chi li rappresenta ma la società, la cultura.
C’è un prima e un dopo Berlusconi per tutti. Per questo più di qualcuno ha parlato di una vera e propria rivoluzione. Prima di Berlusconi a contare erano stati i partiti: la Dc, il Pci, il Psi ma anche repubblicani, liberali eccetera. Il concetto di leadership, la stessa definizione di leader raramente veniva utilizzata anche nelle cronache giornalistiche. Con Berlusconi invece il leader diventa assoluto protagonista e il partito da lui stesso fondato - Forza Italia - ne diviene una sua diretta espressione, governato come un’azienda. Non a caso tra i parlamentari azzurri massiccia è stata la presenza di dirigenti Mediaset.