A pochi giorni dalla supersfida di Champions tra Milan e Barcellona, Javier Zanetti presenta un libro in cui viene rievocata la magica notte del 20 aprile 2010, in cui i nerazzurri sconfissero 3-1 gli uomini di Guardiola. Tra i quali c’era anche Zlatan
“Quella notte” Ibra c’era, ma giocava con la maglia sbagliata.
È il 20 aprile 2010, data che tutti i tifosi interisti hanno ben stampata nella mente, e a San Siro si gioca l’andata della semifinale di Champions tra Inter e Barcellona. Il Barça stellare di Messi e Ibra, appunto, passato in blaugrana proprio per coronare il suo sogno con le grandi orecchie.
Vinse l’Inter, giocando da Barça, e quella serata mitica (per tutti gli interisti la vera finale; quella con il Bayern fu quasi una formalità) è stata narrata in un libro ("Inter, quella notte", scritto dal trio Mantica-Repice-Scibetta) che la rivive minuto per minuto, dal riscaldamento alla postfazione firmata Javier Zanetti.
Una sorta di risposta a Zlatan, che arriva subito dopo l’uscita della sua autobiografia in cui denuncia la presenza di fastidiosi clan all’interno dello spogliatoio nerazzurro. Una specie di manuale, se volete, con cui il capitano nerazzurro “spiega” a Ibra come si faccia a battere il Barcellona, a pochi giorni dalla supersfida tra il Milan e i blaugrana di Guardiola.
Punto uno, tattico: occhio alle fasce. Quella notte l’Inter fece un solo errore, e venne immediatamente punita dal gol di Pedro, servito da Maxwell sgattaiolato via sulla sinistra e arrivato sul fondo. Errore di Maicon? Mah. Racconta uno degli autori di averlo intervistato e di avergli ricordato quel buco difensivo. Il brasiliano l’ha incenerito con lo sguardo e ha replicato: “Non ho sbagliato io: mi sono fidato di Cambiasso e ha sbagliato lui”.
Punto due, motivazionale: battere il Barcellona fa bene allo spirito, rende consapevoli della propria forza, ed è proprio quello che successe il 20 aprile 2010 all’Inter, che uscì da San Siro gasata e convinta di poter veramente arrivare in fondo. Anche se, va detto, Zanetti individua l’inizio di quel percorso di crescita a Kiev. “Quella Champions abbiamo iniziato a vincerla nello spogliatoio, all’intervallo della partita contro la Dinamo” – racconta il capitano.
Quarta gara del girone, all’intervallo l’Inter è sotto 1-0; ha segnato Shevchenko, pensa te. “Mourinho è entrato nello spogliatoio e ci ha detto: ‘In questo momento siamo fuori dalla Champions, quindi è ora di rischiare. Nel secondo tempo ci lanciamo tutti all’attacco, io vado addirittura a fare il centrale di difesa”.
Il gol-vittoria arriverà allo scadere, con Sneijder, e vuole la leggenda che Mourinho si sia scaricato la radiocronaca di quella rete come suoneria del cellulare.
Punto tre, tecnico: “Contro il Barcellona io mi sono trovato a marcare un ragazzino chiamato Messi”, continua Zanetti. Non aggiunge, per modestia, che quella sera il fenomeno argentino verrà limitato al punto da sembrare uno come tanti. Annullata qualsiasi differenza tecnica, persino Ibra appare come uno spilungone impacciato.
Consigli da “amico”, perché Zanetti non ha mai vissuto quella partita come una rivincita personale sullo svedese. “Prima della gara ci siamo salutati normalmente. C’era grande tensione, ovvio. Sia per lui che per me era una tappa fondamentale della carriera. Di quelle che possono dare la svolta”. Non conclude il discorso, ma lascia che tutti pensino la stessa cosa.
Così come è immediato il confronto tra i due tomi, quello scritto dallo svedese e il racconto della più bella notte nerazzurra degli ultimi anni. Il libro di Ibra è spesso almeno il triplo, ma su “quella notte” state certi che non troverete neanche una riga.
“Quella notte” Ibra c’era, ma giocava con la maglia sbagliata.
È il 20 aprile 2010, data che tutti i tifosi interisti hanno ben stampata nella mente, e a San Siro si gioca l’andata della semifinale di Champions tra Inter e Barcellona. Il Barça stellare di Messi e Ibra, appunto, passato in blaugrana proprio per coronare il suo sogno con le grandi orecchie.
Vinse l’Inter, giocando da Barça, e quella serata mitica (per tutti gli interisti la vera finale; quella con il Bayern fu quasi una formalità) è stata narrata in un libro ("Inter, quella notte", scritto dal trio Mantica-Repice-Scibetta) che la rivive minuto per minuto, dal riscaldamento alla postfazione firmata Javier Zanetti.
Una sorta di risposta a Zlatan, che arriva subito dopo l’uscita della sua autobiografia in cui denuncia la presenza di fastidiosi clan all’interno dello spogliatoio nerazzurro. Una specie di manuale, se volete, con cui il capitano nerazzurro “spiega” a Ibra come si faccia a battere il Barcellona, a pochi giorni dalla supersfida tra il Milan e i blaugrana di Guardiola.
Punto uno, tattico: occhio alle fasce. Quella notte l’Inter fece un solo errore, e venne immediatamente punita dal gol di Pedro, servito da Maxwell sgattaiolato via sulla sinistra e arrivato sul fondo. Errore di Maicon? Mah. Racconta uno degli autori di averlo intervistato e di avergli ricordato quel buco difensivo. Il brasiliano l’ha incenerito con lo sguardo e ha replicato: “Non ho sbagliato io: mi sono fidato di Cambiasso e ha sbagliato lui”.
Punto due, motivazionale: battere il Barcellona fa bene allo spirito, rende consapevoli della propria forza, ed è proprio quello che successe il 20 aprile 2010 all’Inter, che uscì da San Siro gasata e convinta di poter veramente arrivare in fondo. Anche se, va detto, Zanetti individua l’inizio di quel percorso di crescita a Kiev. “Quella Champions abbiamo iniziato a vincerla nello spogliatoio, all’intervallo della partita contro la Dinamo” – racconta il capitano.
Quarta gara del girone, all’intervallo l’Inter è sotto 1-0; ha segnato Shevchenko, pensa te. “Mourinho è entrato nello spogliatoio e ci ha detto: ‘In questo momento siamo fuori dalla Champions, quindi è ora di rischiare. Nel secondo tempo ci lanciamo tutti all’attacco, io vado addirittura a fare il centrale di difesa”.
Il gol-vittoria arriverà allo scadere, con Sneijder, e vuole la leggenda che Mourinho si sia scaricato la radiocronaca di quella rete come suoneria del cellulare.
Punto tre, tecnico: “Contro il Barcellona io mi sono trovato a marcare un ragazzino chiamato Messi”, continua Zanetti. Non aggiunge, per modestia, che quella sera il fenomeno argentino verrà limitato al punto da sembrare uno come tanti. Annullata qualsiasi differenza tecnica, persino Ibra appare come uno spilungone impacciato.
Consigli da “amico”, perché Zanetti non ha mai vissuto quella partita come una rivincita personale sullo svedese. “Prima della gara ci siamo salutati normalmente. C’era grande tensione, ovvio. Sia per lui che per me era una tappa fondamentale della carriera. Di quelle che possono dare la svolta”. Non conclude il discorso, ma lascia che tutti pensino la stessa cosa.
Così come è immediato il confronto tra i due tomi, quello scritto dallo svedese e il racconto della più bella notte nerazzurra degli ultimi anni. Il libro di Ibra è spesso almeno il triplo, ma su “quella notte” state certi che non troverete neanche una riga.